La Roccia della Scoperta

Il Ghiacciaio del Lys © Wikimedia Commons

La meta è obbligata, perché la valle di Gressoney è schiacciata dal Monte Rosa. C’è solo un passaggio sulla destra, il Colle del Lys, dove il ghiacciaio sale più dolce e apre una finestra in direzione del Vallese. Qualcuno si è già avventurato con gli occhi tra i seracchi e ha scoperto che non ci sono barriere invalicabili. Si può tentare ma servono scarpe buone, alpenstock e corde di canapa per i crepacci. E serve coraggio. 

I sette montanari di Gressoney sono capeggiati dal giovanissimo Jean-Joseph Beck detto Pecco, garzone di alpeggio, e da Nicolas Finzens (Vincent) che redigerà il resoconto della spedizione. Una sera d’inverno del 1778 Pecco ha intercettato dei sussurri di cospirazione in una locanda di Alagna, scoprendo che i concorrenti della valle vicina progettavano di esplorare. Con uno stratagemma ha scoperto che gli alagnesi intendevano tentare dal lato di Gressoney perché sul loro versante non c’era un passaggio praticabile. “La notizia mi fece sobbalzare di gioia. Noialtri di Gressoney faremo questo viaggio prima di voialtri di Alagna!”

Detto fatto, i fratelli mettono insieme la cordata e arruolano Nicolas Finzens, François Castel, Jean-Étienne Litschge, Jean-Joseph Zumstein e Sébastien Linthy. Vengono tutti da famiglie di contadini, mercanti e artigiani. Si accordano in gran segreto. I preparativi assumono i contorni di un complotto, mezze frasi e azioni mascherate, per evitare che gli alagnesi li battano sul tempo: “Domenica dopo pranzo venite a casa mia – disse il signor Nicolas –. Ma badate di arrivare uno alla volta, distanziati di un’oretta. Ci riuniremo in una stanza separata e lì decideremo il giorno della partenza, il tragitto da seguire e l’equipaggiamento…”.

A metà agosto 1778 il tempo si mette finalmente al bello. I sette esploratori partono scaglionati, come se andassero a caccia, preceduti da un mulo carico di provviste. Cenano nella baita al margine delle nevi e si coricano speranzosi. Ormai è deciso: ci si muove a mezzanotte del 15 agosto. Il primo tratto di strada è conosciuto, ci sono stati tante volte a caccia di camosci e pernici, ma quando finisce la traccia comincia l’avventura: nessuno si è mai spinto in alto sul ghiacciaio, dove bisogna affrontare l’insidia dei crepacci. Nemmeno i camosci.

In un’ora la carovana raggiunge il Colle di Salz, poi, obliquando a destra, affronta il pendio dell’Hohes Lischt. I gressonari seguono il filo della cresta morenica fino alla prima neve, che toccano allo spuntare del giorno: sono appena passate le quattro del mattino. Mangiano qualcosa, battono le mani per riscaldarle, si legano con la corda di canapa e mettono piede sul ghiaccio. 
Valentin Beck, il più “anziano” della comitiva, sale in testa alla cordata; secondo è Jean-Joseph Beck, terzo Sébastien Linthy, quarto Jean-Étienne Litschge, quinto Jean-Joseph Zumstein, sesto Nicolas Finzens e ultimo François Castel. Si aiutano con il bastone ferrato; ai piedi portano le grappette dei cacciatori “ed è inteso che qualora il capo-cordata avesse a fermarsi tutti dovranno arrestarsi, mantenendo sempre la corda ben tesa tra l’uno e l’altro”.

Presto cominciano a sentire la quota: “A misura che si avanzava – scrive il Vincent – l’aria si faceva sempre più rarefatta e questo oltre a darci dei dolori di testa ci rendeva il respiro affannoso e difficile per cui dovevamo fare frequenti fermate per ingerire degli alimenti atti a tonificare il nostro organismo debilitato. Ma lo stomaco rifiutava qualsiasi cibo e solo il pane e le cipolle erano in grado di darci forza”.

Affacciandosi sullo spartiacque raggiungono una roccia che battezzano Entdeckungsfels, la Roccia della Scoperta. Si trovano non lontano dal Colle del Lys, ben oltre i quattromila metri di quota, sul confine con la Svizzera e ai piedi della cresta orientale del Lyskamm. Dal promontorio roccioso i giovani non vedono i mitici prati in fiore degli antenati walser, ma le infinite distese del Gornergletscher, il fiume di ghiaccio che precipita su Zermatt.