Kugy e compagni in vetta allo Jalovec © Archivio fotografico Società Alpina Friulana“Pronti? Ecco, fermi così”. Clic. Lo scatto della Kodak a soffietto impressiona la pellicola con la foto di vetta. Sono le 14 del 25 dicembre del 1900 sullo Jalovec, significativa cima delle Giulie orientali, collocata in territorio sloveno a dominare la Koritnica a Sud Est e la Val Trenta a Sud, dove nasce l’Isonzo. I quattro alpinisti sulla cima sono, ai due estremi, le guide alpine Anton Oitzinger, di Valbruna, e Jože Komac, della Val Trenta, poi si vedono il triestino Graziadio Bolaffio, grande amico e compagno di salite di Julius Kugy e, al centro, in posizione dominante, lo stesso Kugy, qui quarantaduenne in una delle rarissime immagini esistenti di lui in attività sui monti. I quattro hanno la corda in vita, le uose (ghette), gli scarponi ramponati e pieni di neve farinosa, le lunghe piccozze ben piantate. Un capo della corda conduce verso il fotografo, la cui presenza è rivelata anche dalla sua piccozza, che si staglia luccicante in primo piano: a scattare è il triestino Antonio Krammer, giovane appassionato alpinista e vicepresidente della Società Alpina delle Giulie di Trieste, anche lui grande amico di Kugy.
La foto immortala un evento importante per il mondo alpinistico di allora: la prima salita invernale dello Jalovec, promossa dallo stesso Krammer, che con Kugy fu anche sul Tricorno, sempre in inverno, nel 1896 - “Ti ricordi, Giulio - scrisse poi Krammer - lo splendore di quella notte nella quale intraprendemmo la prima salita invernale del Tricorno? Eravamo nel plenilunio, oggi invece non si vedeva ad un passo di distanza”. Krammer ricorda nella sua colorita relazione di salita, pubblicata integralmente sul periodico Alpi Giulie di Trieste (e, in versione stringata, solo come récit d’ascension, anche sull’In Alto della Società Alpina Friulana), di aver ripreso più scatti di quella giornata. Ha tra l’altro appena il tempo, nel quarto d’ora di sosta sulla cima, dopo la firma del libro di vetta - custodito tuttora al Cai di Gorizia - di addentare una coscia di pollo che i compagni già sollecitano il rientro: le giornate cortissime impongono di cercare di evitare il buio, ma verso le 17 sono ancora nel canalone, dove accendono le lanterne. Quelle lanterne oscillanti vengono viste e seguite da valle da chi li attende.
Anche Kugy ricorda nei suoi scritti quell’impresa e soprattutto ricorda come per poco non si sfiorò, quel giorno, la famosa tragedia del Cervino del 1865, proprio nel tratto di rientro dalla vetta, a causa di una caduta di Bolaffio su un tratto ghiacciato, che tirò giù anche lui. Erano tutti legati, ovviamente, e Kugy ricorda quei pochi istanti in cui tutti avrebbero potuto essere trascinati oltre il precipizio della Koritnica, se la guida Komac, posizionatosi come ultimo di cordata in alto, non fosse riuscito a trattenere lo strappo: “
Nel momento in cui lo vidi perder l’appoggio e cominciare a scivolare - ricorda Kugy negli anni Venti - tirai la corda ridendo e fidandomi della mia sicurezza. Ma, in un baleno, tutta la lastra di ghiaccio, sulla quale stavo, s’infranse sotto il peso del mio corpo (Kugy pesava allora 114 kg, ndr), perdetti l’equilibrio, i piedi mi sfuggirono e picchiai con la schiena sul suolo. Pochi istanti e il nostro peso avrebbe trascinato nell’abisso tutta la comitiva. Ebbi la sensazione che eravamo perduti. Se non che, nel momento che decideva di tutte le nostre vite, sentii, mentre già ruzzolavo, uno strappo di corda dall’alto. Quando Jože scese vicino a me, tramava ancora in tutte le membra per lo spavento. Ci fermammo a lungo guardando il mondo inondato di sole e ci rallegrammo d’essere rinati alla vita”.
Krammer, probabilmente non si accorge di nulla, essendo posizionato all’altro capo della corda, più in basso, ed emenda il suo testo dal ricordo della tragedia sfiorata. Il 2024 è un anno “kugyano”: quest’anno ricorrono gli ottant’anni dalla morte di Kugy, che Gorizia si appresta a celebrare con una mostra e altre iniziative a Palazzo Coronini Cronberg, luogo di nascita del “Re delle Giulie”.