La cascate di sangue: il mistero rosso dell'Antartide

Le Cascate di Sangue in Antartide, fenomeno geochimico e microbiologico unico, offrono spunti per la ricerca della vita in ambienti estremi su altri pianeti come Marte.
Cascata di sangue in Antartide © Wikimedia Commons

Conosciamo l'Antartide come un continente dal bianco accecante, un deserto ghiacciato dove la neve e il ghiaccio si estendono a perdita d'occhio, dove la vita sembra essere lontana e silenziosa. Ma sotto quella coltre di ghiaccio, l'Antartide è teatro di fenomeni geologici e biologici spettacolari. Tra questi, uno dei fenomeni più affascinanti e misteriosi è rappresentato dalle Cascate di Sangue. Un getto rosso che traccia il ghiaccio, perfettamente visibile a occhio nudo nel contrasto con il bianco delle nevi perenni. Succede nelle valli secche di McMurdo, nella regione nord-occidentale della Dipendenza di Ross, in Antartide. Più precisamente, il fenomeno si sviluppa nella parte terminale del ghiacciaio Taylor, da dove un getto di acqua salata ricca di ossido di ferro fuoriesce attraverso delle fessure, scorrendo sulla superficie ghiacciata del lago Bonney lasciando una traccia rossastra.

 

Cascate di Sangue: cosa sono e come si formano

Scoperte nel 1911, durante la spedizione Terra Nova, dal geologo britannico Thomas Griffith Taylor, le cascate di ghiaccio sono state oggette di numerose teorie. Oggi si sa che sono il risultato di un fenomeno geochimico e microbiologico. L'acqua che sgorga dalle Cascate di Sangue proviene da un lago situato sotto il ghiacciaio Taylor, che è “intrappolato” a circa 400 metri di profondità sotto il ghiaccio. Questo lago è rimasto isolato per milioni di anni, quindi l'acqua al suo interno non ha mai avuto contatti con l'atmosfera e non contiene ossigeno, ma è ricca di sali e di ferro in una forma chimica chiamata ione ferroso. Quando questa acqua ipersalina, che è priva di ossigeno, emerge dal ghiacciaio e raggiunge l'aria, viene a contatto con l'ossigeno atmosferico. Questo è un passaggio fondamentale: l'ossigeno reagisce con gli ioni ferrosi presenti nell'acqua. La reazione che avviene tra gli ioni ferrosi e l'ossigeno provoca un processo chiamato ossidazione. Questo processo è simile a quello che accade quando il ferro arrugginisce all'aria, ma qui avviene in un ambiente molto particolare. Quando il ferro si ossida, si forma una sostanza chiamata ossido ferrico, che è la "ruggine" del ferro. Questo ossido ferrico è responsabile del colore rosso. In pratica, l'ossido ferrico si deposita nell'acqua, creando la colorazione rossastra che dà origine al fenomeno delle Cascate di Sangue.

In sintesi, l'acqua che sgorga dalle cascate diventa rossa perché il ferro, che era presente sotto forma di ioni ferrosi nell'acqua salata, si ossida a contatto con l'ossigeno atmosferico, formando ossidi di ferro (come la ruggine) che colorano l'acqua di rosso.

L'identificazione della sorgente è stata possibile grazie a sorvoli e all’uso di sensori acustici ed elettromagnetici, è stato localizzato questo bacino subglaciale che rimane isolato dai cambiamenti esterni. Durante la stagione estiva, i movimenti del ghiacciaio Taylor e il parziale riscaldamento della sua superficie permettono all’acqua di scorrere attraverso una rete di canali subglaciali, fino a fuoriuscire sulla superficie e formare le cascate.

 

Le Cascate di Sangue e Marte

Sotto il ghiacciaio Taylor sopravvive un ecosistema microbico altamente specializzato. Qui la luce solare e l’ossigeno sono assenti, ma le analisi microbiologiche hanno rivelato che batteri autotrofi, che metabolizzano ioni solfato e ferrici, vivono in questo ambiente isolato. Questi microrganismi utilizzano i solfati come catalizzatori per respirare in condizioni anossiche, un processo mai osservato prima in natura. Le condizioni subglaciali offrono quindi un'opportunità unica per comprendere come la vita possa sopravvivere in ambienti estremi, con implicazioni per l'astrobiologia e la possibilità che esistano forme di vita simili su altri corpi celesti come Marte.

Il legame tra l'Antartide e Marte potrebbe sembrare lontano, ma è proprio la connessione con il Pianeta Rosso che ha ispirato una nuova e affascinante direzione nelle ricerche sulle Cascate di Sangue. Le recenti missioni su Marte, in particolare quelle dedicate all'analisi dei campioni di suolo e di acqua, hanno aperto la strada a una nuova riflessione. Ken Livi, esperto in materiali planetari e autore di un approfondito studio sulle Cascate di Sangue, ha riconosciuto somiglianze tra le condizioni estreme di Marte e quelle delle valli secche di McMurdo. "Con l'avvento delle missioni su Marte è sorto un interesse crescente nell'analizzare i solidi presenti nelle acque delle cascate di sangue, trattandole quasi come se fossero un sito di atterraggio marziano" spiega.

Gli scienziati hanno infatti iniziato a considerare l'Antartide come una sorta di "laboratorio naturale" per studiare ambienti estremi che potrebbero somigliare a quelli di altri pianeti, come Marte. L'idea di esplorare le forme di vita che abitano queste terre isolate e le peculiarità geologiche e chimiche del continente ghiacciato è vista come un passo fondamentale nella ricerca della vita extraterrestre. Le condizioni di isolamento, la scarsità di ossigeno, la presenza di acqua salata e la possibilità di scoprire microrganismi che prosperano in ambienti inospitali sono tutte caratteristiche che potrebbero esistere anche su altri mondi, come il Pianeta Rosso. Per esempio, Marte possiede paesaggi ghiacciati e potrebbe aver ospitato laghi subglaciali in passato, simili a quelli che oggi esistono sotto il ghiacciaio Taylor. Comprendere come la vita, sebbene microscopica, possa esistere in questi ambienti estremi aiuta a ipotizzare che forme di vita simili potrebbero esistere su Marte o su altri corpi celesti, come la luna Europa di Giove, che si ritiene possa nascondere oceani sotterranei sotto la sua crosta ghiacciata.