La Canzone della Terra è una maestosa sinfonia per il grande schermo. Il padre della regista diventa la nostra guida attraverso le più suggestive vallate norvegesi: dove è cresciuto e dove più generazioni si sono susseguite vivendo a stretto contatto con la natura, per sopravvivere. I suoni della terra si armonizzano alla perfezione creando una sinfonia unica che accompagna questo viaggio mozzafiato nel paesaggio e nella memoria. La Canzone della Terra ha la trama più semplice possibile: Olin ritorna nella valle di Oldedalen nella parte occidentale Norvegia. Il suo obiettivo è trascorrere un po’ di tempo con suo padre, 84 anni, mentre la figura della madre rimane più sullo sfondo. Seguendo le orme dei genitori e la loro storia d’amore e di vita la regista spende un anno intero, trovando nella scansione stagionale la struttura per il suo documentario.
Un fotogramma del film © Lars Erlend Tubaas Øymo“Our first love was nature let's not forget our first love” “Il nostro primo amore è stata la natura, non dimentichiamo il nostro primo amore”.
La sceneggiatura del film è come la partitura di un’opera sinfonica in cinque movimenti: prologo (ouverture), primavera, estate, autunno e inverno. La potenza del film è nelle immagini che scaturiscono da una fotografia precisa e convincente. Immagini curate nei dettagli e nei particolari, capaci di catturare lo spettatore, abbracciandolo e facendolo sentire immerso in una natura straordinaria.
Le musiche e i suoni sottesi si alternano a silenzi evocativi. Immagini come dipinti cromaticamente assonanti che si svelano lentamente. Preziosa la cura dello studio delle inquadrature, mai lasciate al caso, e la capacità di soffermarsi sui dettagli della flora e della fauna. Dettagli dalla forza prorompente. Un film carico di simboli e simbologie, tutte da scoprire e apprezzare. Il prologo si svolge all’interno dell’abitazione dei genitori: Jørgen e Magnhild parlano, ricordano, riflettono, si guardano negli occhi con l’amore di sempre. Il tempo è passato ma non per loro. I ricordi si mescolano e si intrecciano fra sguardi e silenzi e le parole fluiscono lentamente mentre la camera li racconta con estrema delicatezza. Primavera. Il suono dell’acqua della cascata che scivola fra salti di roccia si sposa alle immagini del padre. Il suono si fa sempre più forte e impetuoso, un emblematico contrasto, presente anche nelle scene successive della partitura, con le azioni lente di Jørgen. Il ghiaccio, il dettaglio del suo viso, le rughe della pelle a formare piccole ragnatele simili alla superficie intarsiata del ghiacciaio. Dominante blu che si mixa con le variazioni cromatiche dell’aurora boreale. Una particolarità che si ripeterà: il cammino di Jørgen è ripreso inquadrando esclusivamente i piedi. Estate. Evocative le riprese aeree di Jørgen e Magnhild che camminano sull’erba tenendosi per mano e inseguendo le loro ombre come pure il ballo, lieve e commovente, sul bordo del lago accanto a un falò. Le loro voci, fuori campo, contrappuntano le immagini che scorrono sullo schermo. Squarci di una natura selvaggia. Inquietante ma meravigliosa la sequenza di un albero spoglio, quasi in controluce e in bianco e nero, che si riempie di cornacchie. E c’è spazio anche per un ricordo triste raccontato esclusivamente da una serie di foto d’epoca: la frana che si staccò nel 1936 dal Monte Ramnefjell e precipitò nel sottostante lago Lovatnet causando onde alte decine di metri e uccise molte persone. Riprese subacquee e la voce di Jørgen che ricorda i nomi degli scomparsi.
Un fotogramma del film copyright Dag Asle Mykløen Autunno. Uccelli che migrano, colori che si trasformano e degradano come su una tavolozza da pittore, alberi che piegano le loro chiome sotto la forza del vento e il cammino lento e regolare del padre che segue sentieri, spianate come a volersi dirigere verso un punto preciso. Ma questo punto non c’è. O forse sì? Dettagli della mano che raccolgono mirtilli, linee e rughe che si intersecano come i minuscoli rami dei mirtilli. Inverno. Ghiaccio, neve, vento, freddo, la forza dirompente delle valanghe. Tonalità di un blu acceso che si infrangono contro un cielo dalle sfumature rosa in una natura apparentemente addormentata. La luce che penetra fra le fessure di assi di legno e un raggio luminoso che dipinge in penombra il viso di Jørgen avvolto da un leggero pulviscolo. "Good fortune to every man and woman being, so that joy fills the home of every Nordfjording." "Buona fortuna a ogni uomo e donna, affinché la gioia riempia la casa di ogni Nordfjording" è la frase finale pronunciata da Jørgen Mykløen in chiusura del film. E il ciclo della vita riprende. Il film è una metafora sulla vita e sullo scorrere del tempo come l’alternanza delle stagioni. Un film in cui ciascun spettatore potrà trovare una parte di sé.
SONGS OF EARTH – (FEDRELANDET) Norvegia 2023, durata 90’
Regia: Margreth Olin
Interpreti: Jørgen Mykløen, Magnhild Kongsjord Mykløen
Sceneggiatura: Margreth Olin
Fotografia: Lars Erlend Tubaas Øymo; riprese con il drone: Herman Lersveen, Dag Asle Mykløen
Musiche: Rebekka Karijord; esecuzione musicale: London Contemporary Orchestra; sound design: Tormod Ringnes
Montaggio: Margreth Olin
Produzione: Lena Faye, Lund Sandvik; produttori esecutivi: Liv Ullmann, Wim Wenders
Distribuzione: Wanted