L'arrampicata di Alessandro Zeni: «Sulla placca devi diventare come l'acqua»

Lo scalatore trentino ha recentemente effettuato la libera integrale di Wu Wei (180 metri, 8a obbligatorio), via di estrema difficoltà in Val Nuvola. «Aprire dal basso su questa parete è stato qualcosa di nuovo ed entusiasmante»

Lo scorso 16 agosto Alessandro Zeni ha liberato Wu Wei, la multipitch da lui tracciata con Riccardo Scarian in Val Nuvola, nel bellunese. La via, aperta tra il 2016 e il 2021, oppone una difficoltà massima di 9a nel quarto tiro, battezzato Pibe de oro. La difficoltà obbligatoria è di 8a, lo sviluppo è di 180 metri. Zeni aveva già liberato i singoli tiri, ma ha voleva salire la via «nel modo più pulito possibile», cosa che gli è riuscita appunto poco più di un mese fa, in un unico tentativo, senza mai cadere.

La traccia di Wu Wei © Alessandro Zeni

Si tratta forse del progetto più ambizioso chiuso dallo scalatore nato e cresciuto all'ombra delle Pale di San Martino, uno specialista della placca come non ce ne sono quasi più. Ma perché? Ce lo racconta lui stesso. 

 

«Arrampicare su placca, su queste difficoltà, richiede una grande capacità di accettazione. Vuol dire che non tutto può essere sotto controllo: puoi essere allenato, puoi avere provato e riprovato, ma a volte basta una piccola differenza di temperatura, un secondo di attesa o un respiro in più e voli. Bisogna riuscire ad avere un buon dialogo con sé stessi per vivere in armonia con questa condizione.»

 

Cosa significa Wu Wei?

È un precetto del taoismo, significa azione non azione. Il che non vuole dire non fare niente, ma piuttosto aspettare il momento giusto per agire. Bisogna fare sì che le energie si esprimano nella situazione e con modalità che permettano loro di trovare riscontro. È un concetto legato all'acqua: se trova un recipiente tondo prende quella forma, sa adattarsi alla situazione che incontra. E spiega bene cosa è servito per salire la via.

 

Che stile hai scelto per scalarla?

L'ho aperta con Riccardo Scarian, la persona che mi ha introdotto a questo magico mondo un po' perduto dell'arrampicata su placca. Lui aveva individuato la linea salendo Shakti, un 8b+ liberato lì vicino. Abbiamo deciso di unire le forze: io non avevo mai aperto dal basso e lui mi ha insegnato. Non volevamo forzare la linea e abbiamo deciso di piantare gli spit solo dove era veramente necessario. Ce ne sono 32 su 180 metri, non è una via da falesia insomma. Le grosse difficoltà le ho trovate sul tiro chiave, il quarto. Perché lì non potevo nemmeno tenermi con gli skyhook, la roccia era troppo compatta, non c'era nemmeno un buchetto. Così sono salito con il trapano a tracolla e dove sono riuscito ho messo gli spit. La placca è leggermente appoggiata, il minimo che può servire. Ma devo dire che qualche volo con il trapano a tracolla l'ho ben fatto.

I microscopici buchetti di Wu Wei © Enrico Veronese

È stato un lavoro lungo, o meglio un lungo viaggio.

Iniziato nel 2016, la via è stata completata nel 2021. Già quella era stata una grande soddisfazione, quando abbiamo iniziato non sapevamo se avremmo trovato le prese nel posto giusto, ma comunque non volevamo aprire in artificiale. Il 10 agosto di quest'anno sono riuscito a liberare il tiro chiave e nella stessa giornata sono riuscito a liberarla quasi tutta, ma sono caduto sull'ultimo tiro di 8b per ben tre volte. Tant'è che Ricky ha pensato di chiamarlo Non dire gatto se non ce l'hai nel sacco...non è un tiro banale. Il 16 siamo tornati, c'era una gran caldo e pensavo giusto a provare i movimenti, senza troppe aspettative. Le sensazioni però erano buone. Ho passato bene il tiro chiave e in cima era un po' più fresco, ce l'ho fatta. Ci siamo abbracciati, è stata la chiusura di un cerchio.

Alessandro Veronese e Riccardo "Sky" Scarian © Enrico Veronese

Ora basta placca o continuerai?

Riccardo è di una generazione diversa ed è riuscito a trasmettermi moltissimo, ma ora sento di volere crescere come scalatore anche in altri ambiti, soprattutto su strapiombo. Il prossimo progetto infatti è un 9a di Adam Ondra a Gemona del Friuli, si chiama 9G. L'ha definita un 9a difficile, è un obiettivo per questo inverno. Da quando mi sono sposato passo molto tempo in Carnia, al paese di Ilenia. Diciamo che un po' come nello sci, se vuoi essere completo non puoi fare solo SuperG, devi essere capace anche in discesa libera e slalom.

Non solo placca per Alessandro Zeni © Enrico Veronese

Hai assaggiato anche l'alpinismo, con che riscontri?

L'alpinismo himalayano non mi interessa, ma sono attratto invece da qualcosa che contempli difficoltà alte su roccia. L'anno scorso sono andato in spedizione sul Siula Grande con Matteo Della Bordella, Marco Majori, Filip Babicz e Stefano Cordaro. L'idea era di salire l'inviolata parete est, purtroppo scaricava molto e l'idea è sfumata. Matteo e Marco hanno aperto una via che evitava la parete nel punto dove sarebbe stata problematica: una via di stampo classico, la seconda parte su un pendio nevoso che non è proprio il mio terreno. Sopra i 5400 metri tra l'altro soffrivo un po' la quota e così ho fatto da supporto. Io e Stefano abbiamo trasportato il materiale che serviva. È stato comunque bello, perché impari lo spirito di squadra, a non essere la prima donna a tutti i costi.

 

Ti è rimasta la voglia?

Voglio continuare a fare salite di questo tipo, mi piacerebbe andare in Groenlandia...posti dove non hai il problema della quota ma puoi fare alpinismo scalando su grandi difficoltà. Per ora non ho fissato niente, vediamo se si riuscirà in futuro.