© L.PrataliLorenza Pratali è cardiologo, primo ricercatore presso il CNR di Pisa, all'istituto di fisiologia clinica. Seguirà come medico la spedizione al K2 del Club Alpino Italiano e raccoglierà dati su come il corpo e la mente delle donne reagiscono all'alta quota. Socia Cai «da sempre», avrà così la possibilità di lavorare in un luogo denso di significati per gli appassionati di alpinismo, una montagna particolarmente sentita da noi italiani.
Come nasce la tua passione per la montagna?
Sono iscritta al CAI dall'età di 14 anni, il fratello di mia mamma era molto più anziano di lei ed era un grande appassionato di montagna. Pur vivendo a Pisa, ha trasferito la passione a tutti noi. Si era trasferito a Viareggio per studiare in un liceo il cui preside era Giuseppe Del Freo, che aveva la passione per la montagna e organizzava attività con i ragazzi. Ho respirato quell'aria e a 17 anni ho fatto un corso arrampicata. Poi mi sono dedicata molto allo scialpinismo, attività che prediligo tuttora. È una passione che condivido con il mio compagno - Pier Francesco- originario della Val d'Aosta, che come scialpinista ha fatto anche gare impegnative come il Mezzalama. Anche i nostri tre figli amano la montagna, è qualcosa che si è trasmesso di generazione in generazione.
In cima al canale centrale del Gran Sasso © L. Pratali
Come è nata la parte di ricerca della spedizione al K2?
Dal 2008 faccio ricerca in alta quota, ho fatto studi in Bolivia, Nepal, Perù. Abbiamo promosso ricerche anche a livello locale e non appena abbiamo avuto notizia della spedizione al K2 abbiamo proposto uno studio scientifico, conoscevo Agostino da Polenza e la pneumologa Annalisa Cogo. Abbiamo pensato che avremmo potuto collaborare con l'Eurac di Bolzano per uno studio sull'adattamento ad altissime quote delle donne. Sugli uomini sappiamo molto, ma non altrettanto sul sesso femminile. E non perché non ci siano state spedizioni, ma non avevano validità scientifica, nel senso che nessuno ha mai pensato di rilevare dei dati. All'Eurac hanno costruito una mega camera che simula le condizioni di pressione e temperatura dell'alta quota: si chiama TerraX Cube. Abbiamo monitorato i dati relativi alle ragazze prima della partenza, li confronteremo con quanto andremo a rilevare sul posto.
Quale sarà il tuo ruolo in spedizione?
Innanzitutto vado a fare il medico. Ho organizzato i presidi, i farmaci e una piattaforma di telemedicina per eventuali valutazioni specialistiche. In caso di congelamenti, per esempio, potrò collegarmi con un medico in Italia che potrà guidare le decisioni da prendere. Là ci sarò io, ma questa spedizione è stata preparata da un pool di dieci medici, con un approccio moderno.
Al lavoro durante una spedizione © L. Pratali
Avete delle attese sulle risposte che le alpiniste potrebbero dare?
Sono sicuramente in buona forma fisica, sono persone allenate e fanno regolarmente attività in montagna. Solamente due hanno avuto esperienza di altissima quota, sarà interessante anche per quello. Tre delle quattro pachistane non sono mai state così in alto, ma vivono a 3500 metri e per allenarsi salgono fino ai 5000. Ci sono tutti i presupposti per fare bene, ma chiaramente la risposta a certe altitudini non è prevedibile e soprattutto non è limitata alle condizioni fisiche, ma anche all'aspetto mentale, alla resilienza associata a una forte motivazione. Bisognerà capire quale sarà la reazione alla mancanza di ossigeno.
In che modo il genere potrebbe influire sulla prestazione?
Difficile dirlo. Noi sappiamo per esempio che nei 100 metri di atletica gli uomini sono più forti delle donne per via della muscolatura, aspetti ininfluenti nell'alpinismo d'alta quota. L'aspetto ormonale comunque è differente e sarà interessante vedere se e come inciderà.
Cosa rappresenta per te il K2?
Il K2 a livello personale ha avuto un effetto forte su di me: sono una grande lettrice di libri vecchi di montagna, ho letto quello di Ardito Desio e quindi la possibilità di andare al K2 ha suscitato in me tutta una serie di emozioni. Anche perché ho 59 anni ed è una cartuccia che sono contenta di sparare. Recentemente sono stata in Pakistan per fare formazione, ma non ho visto una montagna, quindi c'è attesa sicuramente. E poi c'è una questione affettiva, legata a Stefano Zavka, una persona cara scomparsa sul K2 anni fa. Andare lì vorrà dire anche avere la possibilità di percepire quelle che erano le sue sensazioni.
Guarda la video intervista a Lorenza Pratali