K2-70. Cristina Piolini: «Lo scialpinismo mi ha permesso di andare in posti che mai avrei immaginato»

L'alpinista piemontese farà parte della spedizione del Club Alpino Italiano al K2. «Non sarà una passeggiata, ma prometto il massimo impegno»
Un momento di riposo durante la spedizione in Nepal © C.Piolini

Cristina Piolini è una delle quattro alpiniste italiane che parteciperanno alla spedizione del Club Alpino Italiano al K2. Piemontese, classe 1972, ha legato la propria storia inizialmente allo sci, e successivamente all'arrampicata, fino a combinare le due attività in un alpinismo di personalità. Cristina è stata la prima donna a scendere per il Canalone Tyndall, sulla est del Monte Rosa, e negli anni ha portato la propria esperienza di scialpinista anche sulle vette del Karakorum e dell'Himalaya. Attualmente si trova in Nepal, dove si sta preparando per la spedizione al K2.


Cosa stai facendo in Nepal?

In Nepal ho cercato un allenamento più mirato e impostato a valutare la preparazione fatta in Italia, con il programma di salire tre dei 6mila più importanti: innanzitutto il Mera Peak nella Valle del Mera, all'interno del parco del Makalu e poi sono stata nella Valle del Khumbu o più conosciuta come la “valle dell’Everest o Sagarmatha”. Ho salito il Peak Lobuche e avevo in programma l'Island Peak. Quest’ultimo non l'ho salito, causa maltempo che ci ha accompagnati buona parte dei giorni nel Khumbu.


Come nasce la tua passione per lo sci? Quali sono state le tue discese più importanti?

La passione dello sci è nata quando avevo solo tre anni, poi ho fatto le prime garette e ho continuato con l’agonismo puro. Alternavo in inverno gare di sci e in estate corsa in montagna. Poi la passione si è sviluppata con lo sci alpinismo, un'attività che mi permetteva di raggiungere dei luoghi dove gli impianti non arrivavano. Le discese più belle le ho fatte sul massiccio del Monte Rosa, per poi allargare i miei orizzonti al mondo intero. Dall’Antartide alle Americhe, in Cina sul confine con il Pakistan. Nel 2005 c'è stato il mio primo Ottomila, lo Shisha Pangma in Tibet, che poi ho sceso con gli sci ai piedi. Quella spedizione contava nomi importanti, tra cui il Gnaro, Silvio Mondinelli. L'ultima “follia” è stata il Manaslu, nel 2019.

 

Sul Denali © C.Piolini


Che parte avrà lo sci nella spedizione al K2, se lo avrà in qualche modo?

Purtroppo non porterò gli sci, mi sarebbe piaciuto molto anche solo per due curvette. In realtà scherzo, non essendo “la mia spedizione” alcune scelte personali e relativi sogni bisogna lasciarli nel cassetto. Ci sono altre montagne che aspettano.


Quando e come hai iniziato ad arrampicare? Quali sono le salite che ricordi con maggiore soddisfazione?

Ho iniziato da bambina sui sassi all’alpeggio dei nonni, poi a 14 anni sul muro della chiesa di Premosello Chiovenda, praticamente era il mio boulder. Mi allenavo per arrampicare nelle falesie qui vicino in Ossola e poi è scattata nella testa la voglia di salire più in alto. Mio papà mi ha portato sul Monte Rosa ed è stato amore a prima vista. È dal 1991 che “zingaro nel mondo”. L’altra mia passione è la bici, che mi ha portato ovunque con traversate spettacolari: tra queste il deserto dell'Atacama e la salita all’Ojos de Salado, in Cile, dove avevo iniziato le seconde 7 Summits. È stato un viaggio nel viaggio: vivere il mondo in orizzontale per poi portarlo in verticale e raggiungere l’obiettivo finale, cioè la montagna .


Cosa ti ha convinto a prendere parte alla spedizione?

Devo dire che al primo impatto, alla domanda se avrei voluto partecipare, ho esitato. Del K2 conosciamo la sua fama, mettermi di nuovo a 51 anni in gioco non sapevo se sarebbe stata una buona idea. Poi la spedizione si è sviluppata con questo connubio Italia-Pakistan e mi sono detta “perché no?”. Non sarà una passeggiata, ma ci sarà il massimo impegno di tutti per una buona riuscita. L’obiettivo si conosce, ma essendo la prima volta in quei luoghi, anche il trek avrà su di me un fascino e spero con il K2 di ottenere un buon feeling, da buona ospite lo ascolterò attentamente. Come del resto ho sempre fatto con tutti i luoghi che ho visitato. Da buona ospite attenderò.

 

Al campo 3 sul Manaslu © C.Piolini


Cosa rappresenta per te il K2? Hai una buona esperienza di Ottomila, ci racconti qualcosa a riguardo?

Il K2 è il sogno. Da piccoli si disegnano le montagne con la sua forma, da piccola disegnavo le montagne e questo disegno finalmente diventerà realtà.


Cosa ha rappresentato per te il laboratorio scientifico della Piramide EV-K2?

Il Nepal per me è la mia seconda casa. Negli anni ho vissuto molto il laboratorio: esperienze uniche, nell’ambito scientifico ho imparato molte cose (il laboratorio ha portato a termine dal 1990 più di 500 ricerche in svariati ambiti scientifici che spaziano dalla meteorologia alla medicina, fino alla botanica e alla zoologia, ndr). È tutt'ora attivo. Le stazioni posizionate nella valletta dove è collocata la Piramide sono attive e autonome con il fotovoltaico: ci si può anche lavorare da remoto, ricordiamo che si può anche vedere comodamente da casa l’Everest attraverso la webcam che abbiamo posto sul Kalapattar, sotto il Pumori. Bisogna collegarsi al sito mountaingenius…Per me era anche una sorta di campo base, quando potevo scappavo sulle montagne ad allenarmi, ho raggiunto dei vertici indimenticabili, emozioni inspiegabili.


Che tipo di salita volete effettuare? Come si sviluppa il progetto?

La salita da parte mia sarà svolta nella maniera più pura possibile, almeno spero. Non ho usato sherpa d’alta quota in Himalaya e nemmeno l’ossigeno, ho sempre portato su e giù il mio personale materiale. Anche l’immondizia e non solo la mia. Spero di potere raccontare la mia esperienza durante la permanenza in Pakistan: la montagna cambia e pianificare a tavolino non è proprio facile. I campi sicuramente si possono stabilire, lo spazio è ridotto e le quote sono quelle, ma per il resto non saprei. Ognuno si acclimata diversamente: chi prima chi dopo, quindi le rotazioni up&down le vedremo là.

 

Guarda la videointervista a Cristina Piolini realizzata durante lo stage al Monte Bianco delle alpiniste che prenderanno parte alla spedizione K2-70