Jordi Corominas: il Clint Eastwood dell'alpinismo

Jordi Corominas racconta, in questa intervista, il significato del Piolet d’Or alla carriera e il valore umano e intimo dell’alpinismo.
Carla Scalet, dell'hotel Regina di San Martino di Castrozza, con Jordi Corominas © Piotr Drozdz/Piolets d’Or

Quando chiedo a Jordi Corominas, seduti insieme ad uno dei tavoli del rifugio Rosetta tra le Pale di San Martino, se gli hanno mai detto che assomiglia molto a Clint Eastwood socchiude gli occhi come nei film western dell’attore americano e sfodera il tipico ghigno: “E sono anche cattivo come lui”, aggiunge. Ma poi si lascia scappare un sorriso conciliante e così non gli credo: ha accettato infatti con molta disponibilità di essere intervistato. Nemmeno la spilla da corsaro che si è appuntato sul petto appositamente in questi giorni, al posto di quella delle guide alpine, convince su un presunto atteggiamento ostile.

Accompagnato dall’amico di una vita Simón Elías, che aiuta a limare qualche difetto nella reciproca traduzione a cavallo tra inglese e spagnolo, gli chiediamo che significato ha il Piolet d’or alla carriera che gli hanno attribuito nell’edizione 2024 dei Piolets d’Or a San Martino di Castrozza. “Il premio è importante per me, ma è anche un riconoscimento per tutto l’alpinismo spagnolo, quindi per tutti i miei amici alpinisti. Il fatto che le altre nazioni alpine riconoscano la carriera di un alpinista spagnolo significa che stanno riconoscendo tutti gli alpinisti di questo paese, un alpinismo ‘del Sud’ e che non ha una lunga tradizione alpinistica rispetto agli altri paesi delle Alpi”.

 

Jordi, Sei il sedicesimo a riceverlo dopo Walter Bonatti, una figura di riferimento per te.

Sì. Bonatti per la mia generazione ma anche per gli alpinisti più giovani è stato il personaggio che ha segnato la linea di demarcazione dell’alpinismo moderno: poco materiale, solitario, senza chiodi ad espansione, cercò montagne molto lontane, dal Sud America al Karakorum e io ho avuto il piacere e la fortuna di conoscerlo nel 2009 proprio quando gli venne consegnato il piolet d’or a Courmayeur: per me è stata una figura importante e di ispirazione.

 

In quell’occasione ti sei fatto scattare una foto assieme a lui.

Sì è l’unico alpinista importante con cui mi sono fatto riprendere, perché per me rappresentava molto: i miei genitori lo avevano conosciuto incontrandolo sulle Alpi, in un rifugio.

 

Andare in montagna era dunque una tradizione di famiglia?

Sì, i miei mi hanno portato la prima volta in un bivacco in Rioja quando avevo appena due settimane… Sono sessant’anni che frequento la montagna, per me è un modo di vivere.

Durante l'intervista © Nicholas Hobley

Torniamo ai Piolet d’or.

Grazie ai Piolet d’or ho iniziato a conoscere alpinisti di tutto il mondo. Pian piano anche la comunità alpinistica spagnola si è internazionalizzata: questo ha contribuito a formare una grande comunità internazionale, quella degli alpinisti appunto.

 

Il fatto che tu senta questo premio non solo come tuo ma di tutta la comunità spagnola ti rende onore.

Gli alpinisti hanno un ego molto forte altrimenti non riuscirebbero a fare le loro imprese e io non sono da meno. Ma per me l’amicizia è molto importante e mi porta a mettere l’Ego da parte.

 

Che cosa ti hanno insegnato le montagne?

A dominare l’Ego, appunto. E prima delle montagne sono stati i miei genitori che le frequentavano a farlo. La montagna mi ha costretto a imparare questo e il valore della condivisione con gli amici. Una volta poi non parlavo con nessuno, invece adesso mi piace molto salire con le persone e trasmettere loro la mia passione.

Jordi Corominas riceve il Piolet d'Or alla carriera dalle mani di Silvo Karo © Piotr Drozdz/Piolets d’Or


Pensi che le montagne possano aiutare le persone a diventare migliori, specie in questa epoca che stiamo attraversando?

Non so se la montagna può aiutare in questo senso. Penso che noi alpinisti siamo un po’ dei ribelli e in quanto alpinisti siamo un po’ contro la società di oggi. Sicuramente la montagna può insegnare il valore dell’amicizia e la consapevolezza di essere più responsabili verso la natura. 

Oggi siamo in una società dove ognuno pensa a proiettare l’immagine di sé stesso verso gli altri. La montagna ti aiuta a fare le cose per te stesso ma non in maniera egoistica perché ti fa stare bene; in montagna ti senti in armonia con la natura e non ci vai per farlo vedere agli altri, è una dimensione più intima.

 

Come evolverà o involverà, secondo te, l’alpinismo?

C’è ancora molto da esplorare in Karakorum, in Patagonia, nelle Ande, in Himalaya. Sono stato di recente in Pakistan e ho trovato molti giovani e molte vie ancora da esplorare tra valli e pareti. Siamo qui ai Piolets e ci sono giovani che stanno facendo alpinismo di punta. Avere questi team così giovani come quello svizzero e quello americano qui al Piolets d’or è una prova che l’alpinismo è vivo e che può continuare. Sopra i 7000 la maggior parte delle vie è stata salita in maniera classica, ora servono spedizioni più piccole con equipaggio leggero e con numero di persone più ridotto.

Il vero traguardo nel futuro è fare scalate tra i 7000 e gli 8000 con arrampicata molto tecnica e sofisticata: la sfida del domani è la leggerezza.

Jordi Corominas alla cerimonia di premiazione © Piotr Drozdz/Piolets d’Or