Jesse Huey: "Abbiamo ricevuto diverse critiche per la nostra salita"

Lo scalatore statunitense ha salito D7 sul Diamond of Longs Peak adottando uno stile misto "Ma c'è chi contesta l'utilizzo delle piccozze. Per me sono solo uno strumento, non ne faccio una questione etica".
La gioia della cordata a salita conclusa © Courtesy of Arc’teryx/Jon Glassberg

 

Pochi giorni fa avevamo riportato della salita di D7 sul Diamond of Longs Peak, da parte di Jesse Huey, Matt Segal e Quentin Roberts. La scalata, realizzata in parte a mani nude e in parte con piccozze, ha generato un certo dibattito in patria. Non tutti hanno visto di buon grado l'utilizzo delle picche e così abbiamo sentito Jesse, per capire qualcosa di più a riguardo. 

 

L'alpinista statunitense vive a Boulder, in Colorado, anche se è originario di Seattle. Da qualche anno si dedica al dry tooling, anche se scala su roccia da un quarto di secolo. “D7 è una via molto ambita e sono parecchi anni che ci sono diverse cordate che la provano in invernale. L'ambiente è terribilmente freddo, davvero inospitale. Il 21 dicembre Chris Deuto ha salito la Casual Route (VI grado) in rope-solo a mani nude, riportando alcuni congelamenti. Io su D7 ho adottato uno stile misto, utilizzando a tratti le piccozze, ma non i ramponi e a tratti invece ho scalato senza picche. Direi che il rapporto è stato di 50/50, ma a me non interessava particolarmente la libera integrale a mani nude, non era la mia sfida. C'è chi però non ha gradito: non so se il motivo è da ricercare nel fatto che la via fosse molto ambita, così mi ha detto cose del tipo: beh, perché allora non vai a Yosemite a fare il Dawn wall con le piccozze?”.

 

Le piccozze sono state usate solo su alcuni tiri © Courtesy of Arc’teryx/Jon Glassberg

 

Jesse assicura che la roccia è rimasta perfettamente integra al loro passaggio. “Certo, alcune prese sono diverse con le piccozze o a mani nude, ma davvero non vedo il punto. Io la volevo fare così, per me le piccozze sono uno strumento e comunque stiamo parlando di una via alpina su una parete di oltre 4mila metri, non è una via sportiva e tanto meno siamo in falesia. Sembra che la gente non consideri il fatto che esiste una estate e un inverno. Qua l'estate dura tre o quattro mesi, poi è freddo tutto il resto dell'anno, qui è inverno sempre e non ci vedo niente di male ad adottare lo stile che ho scelto”.

 

Il dry tooling è in crescita anche negli Stati Uniti secondo Huey, ma c'è ancora molta distanza rispetto all'Europa. “Sta prendendo molto piede, ma sostanzialmente da noi i vari ambiti sono molto separati. Chi fa dry tooling lo nei posti dove si ritiene che lo si possa fare, piccozze e ramponi sono visti forse più come qualcosa per uno sport a parte, piuttosto che uno strumento. Il mio approccio è differente. Spesso vado a Veil per allenarmi, ma per l'appunto, personalmete lo vedo solo come un modo per diventare uno scalatore più completo. Credo che da voi ci sia un livello più alto, che il dry tooling sia più diffuso”.

 

La verticalità di D7 © Courtesy of Arc’teryx/Jon Glassberg