Jabłonski e Bielicki © FB JabłonskiTra il 7 e il 12 febbraio, Wadim Jabłonski e Adam Bielecki hanno tentato la traversata invernale della catena principale dei Tatra. Si tratta di una vera e proprio impresa, con soli due precedenti nella storia dell'alpinismo polacco. I primi a riuscirci sono stati Jerzy Krajski, Czeslaw Mrowiec, Kazimierz W. Olech, Andrew Sobolewski, Simon Widowiak e Andrzej Zawada, tra il 27 marzo e il 14 aprile 1959. Zawada è poi stato l'ideatore di diverse altre spedizioni, una su tutte quella all'Everest del 1980, quando i polacchi riuscirono per primi a salire la montagna più alta del pianeta in invernale. La seconda traversata polacca fu effettuata invece dalla squadra di Piotr Malinowski, Józef Olszewski e Krzysztof Onaurka tra il 14 e il 23 gennaio 1978. Dopo di loro, solo altre tre cordate si sono aggiunte alla lista.
Per dare l'idea dell'ordine di grandezza della sfida, i Tatra sono costituiti da 75 chilometri di salita, 22000 metri di dislivello, e 178 - nella variante Kurczaba- tra vette, selle e pinnacoli. Il commento di Wadim è chiaro: “È una formazione particolare. Da ogni punto la ritirata è facile, il parcheggio si raggiunge in tre ore e la quota non è mai un fattore. Ma la lunghezza, il dislivello e soprattutto la quantità di terreno che devi superare in invernale sono superiori a qualsiasi altra meta conosciuta di arrampicata in Himalaya o Karakoram”.
Il team ha iniziato a scalare dal passo Zdziarska e dopo sei giorni ha raggiunto la cima orientale dell'Iron Gate. “Per i primi quattro giorni abbiamo avuto un bel tempo e buone condizioni. Il quinto giorno il vento ha iniziato a salire e ci ha colpito duramente. Il sesto giorno siamo andati in crisi: il morale è calato, le dita hanno perso sensibilità. Il vento si è intensificato fino a 50 chilometri orari, ci siamo congelati”.
La bellezza selvaggia dei Tatra © FB Jabłonski
Le previsioni per i giorni successivi prevedevano addirittura un peggioramento del meteo, con temperature fino a -20°, vento da nord e limitata visibilità. A quel punto, pur avendo già superato più della metà delle difficoltà, Bielicki e Jabłonski hanno preso la decisione di ritirarsi, come spiega Bielicki. “Ogni giorno abbiamo scalato per 12 ore con difficoltà fino a M5. La cosa più impegnativa per me è stata la necessità di mantenere costantemente uno stato di concentrazione e attenzione. Qualsiasi errore sulla sicura, con uno zaino pesante e l'esposizione, sarebbe potuto costare molto a me e al mio compagno".
Bielicki chiude il proprio post ricordando che per affrontare una traversata del genere è necessario essere ben equipaggiati, preparati mentalmente, evitare di perdere materiale o finire le scorte di viveri. Non è chiaro se i due ci riproveranno, ma Adam ha ringraziato il compagno per l'ottimo tempo trascorso insieme.
Un ambiente severo © FB Jabłonski