Insonne d'attesa: una nuova via sull'Antimedale, in ricordo di Marco Gallo

Il ricordo di Marco Gallo, giovane alpinista scomparso nel 2011, diventa ispirazione per una nuova via d’arrampicata all’Antimedale. Una storia di amicizia, fede e sete di vita che continua a generare frutti.

A cura di Giovanni Paleari

“Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”
Una frase da togliere il fiato, soprattutto se trovata scritta con caratteri tremolanti sopra il letto di un grande amico, il giorno stesso in cui se n’è andato in cielo, in un incidente in moto mentre veniva a scuola. Quel 5 novembre 2011, per molti di noi suoi amici, è stato un punto di non ritorno. Poteva essere inevitabilmente la fine di una grande amicizia, interrotta troppo bruscamente e capace di riempire di cinismo le vite di ragazzi appena diciassettenni.
E invece, miracolosamente, per molti è stato un grande inizio, l’occasione di diventare grandi e inaspettatamente lieti. Più passava il tempo, più ci accorgevamo che Marco era con noi: in un modo diverso, sì, e prima inimmaginabile, ma infinitamente più di prima.
Se neanche la tragica morte di un amico caro è in grado di spegnere questa sete di vita che abbiamo dentro, di cosa possiamo mai avere paura?


Marco Gallo

Marco, per tutti semplicemente Gallo, era un ragazzo burrascoso, un atleta formidabile, mai (mai!) tranquillo. Spesso abitato da un certo fastidio e da un’insofferenza per le cose banali, normali. Per questo siamo diventati amici in fretta, pur non essendo nella stessa classe al liceo Don Gnocchi di Carate Brianza. Ligure di origine, dopo alcuni anni a Lecco per il lavoro di suo padre Antonio, approda a Monza: la vastità del mare e l’imponenza della montagna rimarranno in lui, rafforzando quella passione per la natura che lo caratterizzava, come segno di qualcosa di più grande, come di un “presentimento d’amore” (D. Buzzati, Un amore).
Durante gli anni del liceo ci avviciniamo insieme all’arrampicata nei corsi organizzati dal nostro prof Alfonso Villa e dalla mitica guida Vanni Spinelli.

Dopo la morte di Marco – ed è strano dirlo – tutto ha cominciato a fiorire, lasciando in tutti noi che lo abbiamo incontrato un profondo desiderio di vita. Non solo, ma anche il desiderio che la vita sia grande. Da quel 2011, ogni anno ci siamo ritrovati a camminare a Rapallo, sui ripidi sentieri che portano al santuario di Montallegro, in pellegrinaggio. Non si tratta solo di ricordare una persona grande e speciale, ma innanzitutto di una festa.
Infatti, fin dai giorni successivi all’incidente, si sono inspiegabilmente presentati tutti i connotati di una festa, piena di canti e amici. Una festa che negli anni non si è spenta, ma rinvigorita, tanto che sorprendentemente la gente si è moltiplicata, fino a sfiorare le mille persone, delle quali la maggior parte hanno solo sentito raccontare di Marco, o letto il libro che raccoglie i suoi scritti (Marco Gallo. Anche i sassi si sarebbero messi a saltellare, ed. Itaca).
Che fortuna essere testimone di una storia così straordinaria! Proprio durante l’ultimo pellegrinaggio, è stato annunciato l’inizio della causa di beatificazione e canonizzazione per Marco. Una notizia che ci ha colti di sorpresa e commossi, perché una cosa come la santità, che ci sembrava così distante, in realtà già abitava tra noi.


La via

Da questa storia nasce il mio desiderio di aprire una via di arrampicata, affinché Marco possa entrare anche nella vita di altre persone. Come tutti gli alpinisti con una forte sete di avventura, ho molte liste di sogni, che non finiranno mai. In questo caso, apro sul telefono la nota «vie nuove», dove segno le pareti che mi destano curiosità, magari avvistate di sfuggita durante un’arrampicata o una passeggiata.

È stato proprio così poco più di un anno fa, durante l’ennesima salita sulla evergreen Via degli Istruttori in Antimedale, con il mio amico Pietro alla sua prima via nel lecchese. Usciti dall’ultimo traverso unto, ho guardato in alto e, per la prima volta, mi sono accorto che la parete non finisce lì, dove tutti si fermano.
Prosegue ancora per circa 150 metri di roccia ruvida, grigia, tipicamente da Antimedale. Sono rimasto incuriosito: una foto, e la mia lista dei sogni si è allungata. Mi sono informato e ho scoperto che su quella parete esistono solo una via storica di Ivo Mozzanica e una via sportiva di Gerri Re Depaolini in memoria del mitico Marco Anghileri, da cui ho imparato a coltivare quella scala dei sogni di cui amava parlare.

Dopo alcune ricognizioni, mi sono deciso ad attaccarla con Pietro: mi sembrava qualcosa di bello e alla portata di alpinisti normali, ma con tanta garra, come noi. Ne è uscita una via logica, alpinistica, dove le protezioni sono sempre tradizionali, fatta eccezione per le soste, attrezzate con spit e chiodo. La roccia grigia e tagliente alterna tratti compatti ad alcune zone con qualche sasso mobile, dove la progressione richiede attenzione ed esperienza. Ottima da concatenare con una delle vie dell’Antimedale, con le quali condivide la tipologia della roccia e le difficoltà, aggiungendo però un sapore più alpinistico, dove l’uso di protezioni veloci è essenziale.
Abbiamo chiamato la via Insonne d’attesa, volendo usare proprio le parole di Marco trovate in una sua canzone:

Ora torno a casa, guardo il soffitto,
insonne d’una qualche attesa.
[…]
Dove troverò qualcosa che
la pioggia d’autunno non
porterà via con sé?
Cerca ‘l mio cor rocca sicura
che mi soccorrerà.