Incontri di alpinismo. François Cazzanelli: «La guida alpina è un mestiere stupendo»

Il valdostano viene da una famiglia di grande tradizione. «Possiamo aiutare le persone a realizzare i loro sogni, vedere cosa provano nel profondo».
François Cazzanelli

 

François Cazzanelli è nato e cresciuto all'ombra del Cervino, ha solo 34 anni appena compiuti (31 gennaio, ndr), ma rappresenta una famiglia con una grandissima tradizione alpinistica, legata a doppio filo al mestiere di guida alpina. Recentemente ha aperto sulla parete nord-ovest del Breithorn Centrale Estate indiana, insieme a Leonardo Gheza, ma le sue ascensioni di peso sono innumerevoli, tanto sulle montagne “di casa” quanto in Himalaya.

 

Nella tua famiglia non si contano le guide alpine, la vostra è una storia secolare.

Mio padre è guida alpina, mio nonno era portatore. Arrivò dal Trentino e lavorò quasi sempre sul Cervino, che salì 70 volte contro un'unica ascesa al Monte Bianco. Al tempo il mestiere era molto legato al luogo. Mio zio Giorgio è guida e mio cugino Michele è aspirante guida. Da parte di madre, la famiglia Maquignaz ha una grande tradizione: il mio trisnonno era Daniel Maquignaz, che scalò per primo il Dente del Gigante (guidando nei passaggi più difficili la cordata con Jean-Joseph e Baptiste Maquignaz, ndr). Mio nonno era guida e maestro di sci, il mio bisnonno era guida; Camillo Maquignaz tra l'altro è noto anche perché aiutò gli ebrei a fuggire in Svizzera durante le persecuzioni della seconda guerra mondiale. Diciamo che se qualcuno è in cerca di una guida, da noi una soluzione la troviamo...

 

Hai trovato la tua strada naturalmente o ricordi un momento in cui hai fatto una scelta?

Quando ero bambino e alle scuole elementari mi dicevano di disegnare qualcosa, mi mettevo a disegnare il Cervino. Ho sempre voluto fare la guida, ma la mia famiglia non mi ha mai fatto sentire alcun tipo di pressione. È stata una scelta naturale. Sono stato fortunato, non ho mai avuto dubbi su quello che volevo fare. Il nostro è un mestiere bellissimo. Abbiamo la possibilità di conoscere le persone nel profondo e aiutarle a realizzare i loro sogni.

 

In cima al Nanga Parbat © F. Cazzanelli

 

Quali sono stati tuoi inizi?

Ho iniziato con mio papà, le prime salite a 6 anni: il Breithorn, la Becca d'Aran. A 13 anni ho salito per la prima volta il Cervino per la Cresta del leone. A 14 anni ho conosciuto Marco Camandona, ho iniziato con le gare di scialpinismo. Proprio lo scialpinismo è stata una scuola fondamentale: mi ha permesso di fare tanto: ho ampliato le mie competenze, ma soprattutto mi ha permesso di andare in giro e conoscere persone, crescere umanamente.

 

Ci sono state vie che ti hanno fatto capire di avere le capacità per fare dell'alpinismo il tuo futuro?

Non c'è stato un momento particolare, tutte le vie sono state importanti per la mia formazione. Sicuramente ricordo la mia prima volta da primo di cordata, sulla Cresta Albertini (sulle Grandes Murailles, ndr). Un'altra volta a Finale Ligure, quando ho scalato i primi due tiri della torre di Monte Cucco, era un sesto grado.

 

Quanto ti ha formato il Cervino?

Il Cervino è stato importante, una scuola severa che mi ha permesso di crescere e successivamente di essere all'altezza di scalare alcune delle montagne più famose al mondo. Nel 2018 ho aperto la Diretta allo scudo, sul Pic Tyndall. Avevo visto quella linea già quando ero aspirante guida, ma per vari motivi ci sono voluti 6 anni per portare a termine il progetto. Una volta completata l'apertura, mi sono reso conto che ogni piccolo passo avanti su quella via aveva coinciso con una piccola maturazione, con un upgrade delle mie competenze.

 

K2 con Picco e Perruquet © F. Cazzanelli

 

Ci sono degli alpinisti che ti sono stati di particolare ispirazione?

Ho sempre ammirato Erhard Loretan per il suo stile veloce, pulito, preciso. Anche Giancarlo Grassi, per motivi diversi. Era un esploratore, un innovatore. Nell'aprire certe vie mi sono ritrovato in lui.

 

Cosa cerchi nell'alpinismo himalayano?

L'Ottomila in sé non rappresenta niente, quello che mi ha mosso è stata soprattutto la voglia di conoscere nuove culture e posti nuovi. Come i bambini esplorano il mondo senza mettere confini, così l'alpinista si fa portare dalla propria passione verso quello che è nuovo. E poi ho ricordi unici: l'Everest come guida alpina. Anche se era una spedizione commerciale, mi ha dato moltissimo. O il K2 e il Nanga Parbat per gli amici che hanno condiviso quelle avventure. E poi sul Nanga abbiamo aperto una variante alla Kinshofer: quando vedi che tutti vanno a destra non è banale andare a sinistra, in quell'ambiente lì. Passi anche un po' per matto, ma è stata una grande soddisfazione sapere che stavamo mettendo il piede dove nessuno era stato. Salendo dove non era attrezzato, in maniera leale.

 

Estate indiana?

Era una linea che inseguivo da tempo, ma per qualche motivo le condizioni non erano mai quelle giuste. Con Leonardo (Gheza, ndr) mi sono trovato molto bene, siamo riusciti a disegnare una bella linea, pulita, a tracciare una via molto continua. Il Breithorn è considerata una delle cime più facili, ma la parete nord-ovest invece è ingaggiante ed era un po' dimenticata. Quello spazio proprio mi chiamava, sembrava lasciato lì apposta per aprire una nuova via.

 

François verso l'uscita di Estate Indiana © D. Levati