In cucina a Natale: un viaggio nella tradizione gastronomica montana

Un viaggio attraverso le tradizioni culinarie natalizie delle montagne italiane, scoprendo piatti tipici da nord a sud.
In cucina a Natale. © Immagine generata con AI

Al di fuori della penisola italica ci definiscono il “Belpaese” per le meraviglie culturali e naturalistiche. Ma non nascondiamoci con finta umiltà dietro a un dito, piacciamo (e ci piacciamo!) anche per un’altra qualità che ci rende unici: il cibo!

Ogni regione, ogni vallata, ogni paese, ogni piccolo borgo ha i propri piatti, quelle leccornie che affondano le radici in ricette e tradizioni che si rifanno di volta in volta a quanto il territorio sapeva offrire in tempi in cui la globalizzazione era un concetto ignoto e neppure pronosticabile. 

Siamo camminatori e alpinisti, ma la buona tavola piace a tutti noi, vista soprattutto come momento di cordialità, di rafforzamento dei legami e di pensieri rivolti a nuove avventure.

 

Su e giù per lo stivale in attesa del Natale

Non è certo questo il contesto per elencare o spiegare ricette, però ci piaceva l’idea di fare un piccolo, e per forza di cose limitato, viaggio fra le Terre Alte alla scoperta di qualche piatto che ci possa riportare ai “perché” … perché proprio quel piatto e perché a Natale? In realtà la risposta è abbastanza scontata e unitaria: Natale è “la festa”, si potevano tirar fuori quei regali alimentari che erano scarsi e preclusi in altri periodi. Ovviamente doni del territorio o degli avi che avevano tramandato (e si spera continuino a tramandare) sapienza da applicare in cucina. Il diffuso benessere ha fortunatamente trasformato questo stato di emergenza, ma è bello osservare come le tradizioni rimangano vive, a testimoniare il senso di appartenenza e l’identità di comunità che stanno salvaguardando dei patrimoni materiali e immateriali unici.

 

I canederli altoatesini © Pixabay

Da nord a sud

Pensando al Natale e alla montagna il nostro interesse si sposta sicuramente, e inevitabilmente, in quelle regioni orograficamente e culturalmente predisposte a tale connubio: la Valle d’Aosta e il Trentino-Alto Adige. 

In Valle, come sinteticamente la definiscono i locali, la gastronomia festiva, manco a dirlo, si basa su salumi e formaggi. Ecco quindi che non può mancare il lardo di Arnad con la polenta o le fette di pane di segale abbrustolite, oppure la motsetta di camoscio (reminiscenza di tempi in cui la caccia era sinonimo di sostentamento), talvolta inserita negli involtini di Fenis. E la fontina dove la mettiamo? Nelle crespelle. Immancabile poi il patè di anatra all’arancia preparato con il lardo.

Trentino e Alto Adige portano in tavola piatti comuni ma pure pietanze tipicamente proprie; in ogni caso, oramai superfluo sottolinearlo, si va a pescare su ingredienti poveri, non certo ricercati. Ecco quindi che i canederli (Knödel) la fanno da padrone, le celebri “polpette” di pane raffermo arricchite con speck, verdure, latte, uova e quant’altro poteva essere o facile da reperire o di avanzo da pasti precedenti. Ci sono poi i casunzei, le mezzelune di pasta ripieni di patate e rape rosse e condite con burro fuso e semi di papavero. E i dolci? Beh, ci sarebbe da impazzire, ma non abbiamo spazio per elencarli tutti. Due parole vanno però spese per lo strudel, per le strauben (frittelle tirolesi fritte a forma di spirale e accompagnate da panna montata e marmellata di mirtilli) e per lo zelten (pane dolce arricchito con frutta secca e spezie).

A cavallo geografico fra queste due aree possiamo assaggiare invece la soupe grasse della Val di Susa (Piemonte), piatto a base di pane raffermo, toma di alpeggio e brodo in cui è stato cotto il bollito. In Valtellina, la più lunga delle valli della Lombardia non può mancare il fricando, a base di carne di manzo cotta per ore a fuoco basso con cipolla, vino e aromi e servito con l’immancabile polenta o il purè di patate.

Già difficile contenere l’acquolina in bocca, ma bisogna avanzare verso il Veneto, nel Bellunese, dove il pastìn (macinato di carne speziato) e la polenta spadroneggiano (anche negli altri periodi dell’anno a dire il vero) e dove si fanno notare i digestivi, liquori e grappe aromatizzate con erbe montane.

In Carnia, nel cuore del Friuli-Venezia Giulia, salgono in cattedra i cjarsons, ravioli con impasto di farina e patate farciti con… con quello che ogni famiglia tradizionalmente porta in dote.

I bazòtt dell'Alto Savio © Wikimedia Commons

Bisogna ora scendere verso l’Appennino Tosco Emiliano, dove troviamo i bazòtt, tipici della Valle dell’Alto Savio. Sono dei quadrati di tagliolini croccanti cotti in brodo di ossa di maiale e poi posti sulla brace con strutto, pecorino e pan grattato. In zona non possono mancare i piatti a base di selvaggina: pappardelle al ragù di cervo, peposo di cervo, cinghiale e capriolo all’arancia.

Scendendo verso l’area del Terminillo, in Lazio, il profumo sarà quello della pasta alla norcina condita con un sugo a base di salsiccia, olio d’oliva, aglio, funghi e pepe nero. I funghi e le salsicce li ritroviamo anche con la polenta, come succede anche in altre località montane italiane.

Nel vicino Abruzzo spiccano i maccheroni alla chitarra, con ragù di carne di agnello e maiale, animali allevati da secoli in queste zone dove l’economia legata al turismo è arrivata piuttosto tardi. Fra i primi non vanno dimenticati pure le fregnacce (ravioloni infornati ripieni di carne tritata) e altri tipi di pasta fatta rigorosamente a mano (tacconelli, piringhilli, papicci) e serviti con sughi di pancetta, soffritto e pecorino.

Calando a sud, verso la Calabria, le calorie non diminuiscono, anzi si imbattono sui mparrettati, i tipici maccheroni con sugo di capra, di cinghiale o di maiale e sul capretto cotto al forno e aromatizzato con erbe selvatiche e accompagnato con le patate.

E le isole? Anche qui l’abbondanza di ricette si spreca e caratterizza ogni singola area montuosa. Nei Nebrodi ad esempio, in Sicilia, trionfano i salumi del locale suino nero, ma pure i formaggi, i prodotti sott’olio e gli impasti con farina di grano antico.

In Sardegna possiamo degustare l’agnello con i carciofi, ma pure svariate delizie a base di vitello, prosciutto e dolci che portano dentro i profumi di arance, mandorle, noci e nocciole. Immancabili i vini della Barbagia e dell’Ogliastra.

 

Le nostre scuse

Ci perdonino tutti coloro che si sono sentiti esclusi, ci rimbombano già in testa frasi del tipo ”ma la mia regione non è stata nominata”, “ma non è stato nominato il piatto x o y”, “ma al mio paese la ricetta nominata è diversa”. Fortunatamente la gastronomia italica è pressoché infinita e ci sottopone a questo tipo di mancanze.