Il sentiero degli orsi. Intervista a Francesco D'adamo

Un romanzo di formazione che prende spunto dalla vicenda dell'orsa Amarena, per raccontare ai ragazzi che diventare grandi significa avere il coraggio di scegliere.

Fra pochi giorni verrà inaugurato il “Sentiero Orsa Amarena”, un percorso podistico, storico, culturale e naturalistico da Lago Pio (Riserva naturale d’Abruzzo) a San Domenico. Siamo nel cuore dell’Italia degli Appennini e dei monasteri benedettini ben descritta da Paolo Rumiz ne Il filo infinito, in particolare a Villalago, uno dei borghi più belli d'Italia, poco più che 500 abitanti in provincia de L’Aquila. Proprio la Sezione CAI di Villalago ha collaborato con il Comune, l’associazione culturale Antico Borgo e molti volontari per aprire questo facile sentiero da circa due ore, oltre che realizzare un frutteto diffuso, in virtù di un rapporto particolare con l’orsa uccisa lo scorso agosto 2023. 

Con perfetto tempismo, per quanto dichiari di non esserne al corrente, Francesco D’adamo ha da poco pubblicato Il sentiero degli orsi (pp. 144, euro 14, Mondadori 2024, dai 12 anni), dedicato proprio all’orsa Amarena. L’episodio che ha riguardato questa femmina di orso bruno marsicano gli è servito infatti da pretesto per costruire un romanzo di formazione che parla di coraggio e di come l’incontro con il diverso possa cambiare il destino di una persona quando ancora l’età adulta sembra lontanissima, aiutandola a superare stereotipi e pregiudizi. Lui per primo, nello scrivere la storia, ha cercato di evitarne alcuni, fornendo piuttosto importanti informazioni: agli animali selvatici non ci si avvicina mai, come pure in montagna si va solo con un abbigliamento adeguato.

D’Adamo (Milano, 1949), scrittore, giornalista e insegnante ormai in pensione, oggi è uno dei principali scrittori di narrativa per l’infanzia: Giuditta e l'Orecchio del Diavolo gli è valso il Premio Strega Ragazze e Ragazzi 2022, mentre nel 2023 il Premio Andersen, uno dei più importanti riconoscimenti di settore, lo ha eletto scrittore dell’anno. Le sue storie per ragazzi delle scuole medie mettono sul piatto temi importanti: il lavoro minorile (Storia di Iqbal, long seller tradotto anche all’estero), la legalità (Falcone e Borsellino paladini della giustizia), la schiavitù (Oh, Harriet!), la guerra (Johnny il seminatore), i bambini soldato (Storia di Ouiah che era un leopardo), per dirne solo alcuni. Sono argomenti non facili, ma narrati in maniera incalzante sotto forma di avventura: aiuta di certo il senso per il ritmo sviluppato fin dagli esordi come scrittore di noir, all’inizio degli anni ’90. Proprio scrivendo una di quelle storie “scure” che scavano nel profondo dell’animo umano, mettendone a nudo tutte le fragilità, capisce l’importanza di rivolgersi ai ragazzi: il primo romanzo a loro destinato è Lupo omega, nel ’99, dove parla di branco, ma non di animali. In effetti, per la prima volta di animali parla ora ne Il sentiero degli orsi, storia di Caterina e di Matias che portano in salvo un’orsa e il suo cucciolo, imbattendosi in un gruppo di clandestini in fuga. Scopriranno una realtà che cambierà per sempre le loro vite.

Francesco D'adamo. Foto © Daniela Zedda

Francesco D’adamo, il libro è dedicato all’orsa Amarena a cui è intitolato il Sentiero che si inaugura il 2 giugno, cosa l’ha colpita di quella vicenda?

L’uscita del libro è una bella coincidenza, io l’ho scritto perché l’uccisione dell’orsa Amarena mi aveva particolarmente indignato. Nei miei romanzi ho sempre parlato dei diritti dei più deboli e degli emarginati, diritti dei bambini, dei migranti, delle minoranze, e allora perché non parlare di diritti degli animali? Sono loro quelli in assoluto meno rispettati, a causa del nostro rapporto violento e ipocrita con la natura e col mondo animale. L’episodio di Amarena è stato l’occasione: a me capita spesso di partire da una notizia di cronaca, su cui poi naturalmente lavoro di fantasia, perché ai miei giovani lettori voglio provare a raccontare, attraverso le mie storie, il brutto mondo in cui vivono e nel quale saranno costretti a diventare adulti. 

Nei suoi libri affronta temi molto importanti: la legalità, la schiavitù, la guerra, l’emarginazione, il bullismo…

Sono conosciuto come scrittore per ragazzi, ma in realtà io scrivo romanzi per adulti che hanno 13-14 anni, affrontando argomenti scabrosi, forti e importanti, perché voglio provare a ragionare con loro su questo mondo. Non tutti hanno la fortuna di poterlo fare a casa con la propria famiglia o a scuola con gli insegnanti, invece ne hanno molto bisogno e ne hanno anche molta voglia, perché giustamente non capiscono nulla, siamo in un momento di tale confusione e anche pauroso per gli avvenimenti che stanno succedendo, fatichiamo a capire anche noi, figuriamoci loro. E credo che un romanzo sia uno splendido modo per conoscere la realtà, addirittura meglio di un reportage giornalistico, per quanto fondamentale, perché il romanzo ha quel qualcosa in più: ha la letteratura, il fascino della parola che fa immedesimare nei protagonisti, permettendo di vivere in prima persona gli avvenimenti e quindi mettendo nelle condizioni di affrontare meglio anche argomenti molto forti, come quelli di cui parlo io. Io stesso ho imparato molto dai libri che leggevo a quell’età.

Quali libri l’hanno aiutata da giovane a capire il mondo?

Una delle prime lezioni di economia politica l’ho ricevuta quando ancora non sapevo che si chiamasse così, leggendo Furore di Steinbeck a 14 anni. Lui l’aveva scritto dopo la crisi del ’29, io non capivo cosa significasse il crollo della borsa, ma avevo capito cosa fosse una crisi economica, chi la provocasse e soprattutto chi ne subisse le conseguenze, che poi sono sempre gli stessi, in ogni epoca. I grandi romanzi ti fanno capire le cose a livello di pancia e i ragazzi hanno bisogno di pancia.

Cosa le premeva che arrivasse ai suoi giovani lettori dell’episodio di Amarena?

Volevo che uscisse una riflessione sul nostro rapporto con la natura, con l’ambiente, con gli animali, perché siamo ovviamente tutti ecologisti, ma poi non muoviamo un dito per impedire il futuro collasso del pianeta. Abbiamo un rapporto schizofrenico con il mondo animale, da una parte ci sono i cartoni animati, dall’altro la totale mancanza di rispetto per loro, a cui non viene riconosciuto nessun diritto. È quello che accade ai diversi in generale, ma gli animali stanno pagando più di noi: quante specie si sono già estinte o sono in via di estinzione? Parliamo di lupi, cinghiali, orsi come di animali feroci, ma i più feroci siamo noi: unghie e artigli nulla possono contro un fucile. 

Perché associare orsi e profughi?

Perché sono entrambi perseguitati, entrambi oggetto di violenza, entrambi fanno scappare i turisti, con la differenza che gli orsi si possono abbattere. Volevo fare riflettere su questa violenza nei confronti dei diversi, degli emarginati. Il romanzo si conclude in maniera significativa. 

Caterina, in montagna per una vacanza coi genitori, è costretta a vivere senza cellulare, a contatto con la natura intesa come bosco misterioso, ginocchia sbucciate, notti stellate. Cosa produce questo bagno di realtà, in ragazzi così abituati al virtuale?

Volevo raccontare una storia su come si possa cambiare entrando in contatto con un mondo diverso da quello a cui si è abituati, che poi è il mondo reale. Ho volutamente descritto la protagonista come una ragazzina standard, anche in modo un po’ caricaturale: Caterina a scuola va abbastanza bene, ma non troppo, non ama la montagna, detesta camminare e la polenta, vorrebbe stare al mare su una spiaggia assolata circondata da bei ragazzi abbronzati che le fanno la corte…Invece è costretta a vivere senza wi-fi, l’unico amico che trova, Matias, è un ragazzotto montanaro chiuso e insensibile al fascino femminile. Preferisce addirittura fare i compiti delle vacanze per vincere la noia. Entrambi sono vittime di stereotipi, lui per esempio pensa che le ragazze siano inutili, ma cambieranno opinione e vinceranno i loro pregiudizi. Alla fine di quella notte in cui salvano l’orsa, ma anche dei clandestini, diventano grandi: questo è uno dei temi che ricorre sempre nei miei romanzi. Diventano grandi perché hanno fatto delle scelte, perché hanno avuto coraggio. Quanti adulti non hanno il coraggio di scegliere?

La storia fa riferimento a un’orsa marsicana, ma, anche se non ci sono nomi è ambientata evidentemente nel nord-est, vicino alla frontiera. Accenna anche ad altri paesi dove il rapporto con l’orso è affrontato diversamente.

Non sono un esperto, ma mi sono informato scoprendo che in Slovenia convivono molto meglio con l’orso, perché hanno procedure e protocolli che limitano al massimo l’impatto tra uomo e orso. La natura è la natura, può essere pericolosa, ma si possono trovare delle soluzioni, regole di convivenza sviluppate dalla conoscenza dell’animale.

Infatti bisogna sempre stare attenti a uscire dalle descrizioni disneyane della natura, perché la realtà è molto diversa.

Nella storia c’è uno straordinario mediatore culturale, il cane di Caterina, Romeo! Questo fa sì che l’orsa tolleri la ragazza. Dopodiché il viaggio notturno è tutto paradossale e richiama le favole dei fratelli Grimm, con il loro immaginario fantastico dell’avventura nel bosco buio, pieno di misteri e di rumori. Ma a chi non piacerebbe diventare amico di un leone, o di un elefante? Sentiamo istintivamente la vicinanza e l’amicizia per i fratelli a quattro zampe, perché fanno parte della natura come noi. I bambini ne sono affascinati, ma quando crescono rimangono intrappolati in questa cultura violenta per cui invece gli animali devono essere sfruttati, per interesse o per divertimento. Siamo ancora molto indietro su questo, anche se in qualche paese si inizia a vedere una diversa sensibilità.

I suoi genitori sono istriani venuti in Italia dopo la Seconda guerra mondiale. Cosa le è rimasto dentro della sua storia?

Non metto mai nulla di autobiografico nei miei romanzi, però è indubbio che spesso ricorre il tema dei migranti, di coloro che sono costretti a lasciare il proprio paese, la propria casa, i propri affetti, trovandosi a vivere in un altro paese dove magari non sono nemmeno accettati. È la storia dei miei genitori, che passarono la frontiera non diversamente da come si fa oggi, dovendo ricominciare da zero, nella povertà. Io stesso all’inizio ero chiamato “sciao”, non ero italiano, non ero slavo. Questo tema ce l’ho dentro per la mia storia personale, ma sarà sempre più importante nei prossimi decenni. Per questo non posso prescinderne, se voglio raccontare la realtà ai ragazzi di oggi.

Ci va a camminare in montagna?

Ormai non più, con mia moglie stiamo soprattutto al mare, ma quando ero giovane molto e ho dei bei ricordi. Questo romanzo è stato come una rimpatriata.