La parete nord-ovest del Civetta © Wikimedia CommonsDal 5 al 7 settembre 1957 i viennesi Walter Philipp e Dieter Flamm scalano il futuristico diedro sulla parete nord-ovest delCivetta, alzando il livello dell’arrampicata libera nell’epoca più tecnologica della storia, fortemente influenzata dai chiodi di progressione e orientata alle direttissime artificiali sul calcare. Walter Philipp è un ragazzo austriaco che studia matematica. Un genio. È avanti di dieci anni nella filosofia dalla scalata e usa pochissimi chiodi mentre vanno di moda le vie a goccia d’acqua, un tassello a pressione dopo l’altro. Quando individua un obiettivo non ci pensa troppo sopra, perché la classe glielo permette e lo stile vuole così. In quattro o cinque anni Philipp realizza quello che i grandi alpinisti sognano una vita intera, scalando le più difficili pareti delle Alpi senza alcun complesso di inferiorità. Non ha paura di niente.
Sfiorando il settimo grado
Nell’estate del 1957, a vent’anni, incontra un altro ragazzo dell’Università di Vienna, Dieter Flamm, che per prepararsi alla stagione alpinistica se l’è spassata due settimane al mare con le ragazze. Walter gli dice “non importa se non sei allenato, se è difficile vado davanti io”, e poco dopo essersi conosciuti s’infilano su per il grande diedro della Punta Tissi, la via più corteggiata e spaventosa dei monti pallidi. Partono a fine estate, quando le giornate sono brevi ma il tempo è più stabile. Sono in quattro, e che quartetto! L’altra cordata è composta da Claude Barbier e Dieter Marchart. Ma gli altri due rientrano il primo giorno perché Marchart s’è infortunato a un ginocchio, e così Walter e Dieter proseguono da soli per scoprire che cosa viene dopo, tanto per capire la via, e a furia di andare a vedere si trovano sopra il diedro, che è il passaggio chiave. Bivaccano due volte in parete e il terzo giorno escono dai camini della Punta Tissi al tramonto. Trentasette tiri di corda con un massimo di tre chiodi a tiro. I grandi artisti di solito non si rendono conto di quello che fanno, ed è così che nascono i capolavori. Sulla parete della grande Civetta i giovanissimi Philipp e Flamm hanno sfiorato il settimo grado, alzando di una tacca il limite dell’arrampicata.
Il diedro Philipp-Flamm
Per vent’anni il diedro Philipp-Flamm resta una via assai temuta, quasi un tabù, ripetuta di rado e solo da gente forte. Nel 1969 fa scalpore la prima solitaria di Reinhold Messner, che lo rende famoso. Nel 1973 Gianni Rusconi, Gian Battista Crimella, Giuliano Fabbrica e Giorgio Tessari firmano la prima invernale in sei giorni, che Lorenzo Massarotto riduce a tre in solitaria nel 1989. Nel 1990 Manrico Dell’Agnola scala il diedro da solo e slegato, in due ore e 40 minuti.
Dopo il diedro della Civetta Walter Philipp continua ad arrampicare al limite, ma a ventidue anni cade per trenta metri sulla parete nord della Cima Grande di Lavaredo salvandosi per miracolo. Allora dice basta: “Ho usato la fortuna che avevo a disposizione, ora mi dedicherò alla matematica”. Fedele a se stesso, si trasferisce a lavorare per un’Università dell’Illinois e diventa uno scienziato importante, mettendo da parte la montagna, ma alla fine torna a farsi sentire il vecchio fuoco, Walter ricomincia a scalare con passione e muore a settant’anni mentre arrampica ancora sulle sue montagne.