Il Capitale naturale e il suo valore per il futuro

Il Capitale naturale sarà uno dei temi al centro del 101esimo Congresso del Club alpino italiano “La montagna nell'era del cambiamento climatico”, in programma a Roma il 25 e il 26 novembre. Ne abbiamo parlato con Carlotta Fusi, componente del Tavolo 1, che ha come titolo “Il Cai per il Capitale naturale”
L'acqua, uno dei servizi ecosistemici forniti dalla montagna © Raffaele Marini

Nei tempi attuali la definizione di Capitale naturale sta sempre di più assumendo valore e presenza nelle discussioni, negli scritti e nelle posizioni politico-amministrative. Non si tratta una monetizzazione della natura, bensì di una valorizzazione di quanto la natura ci mette a disposizione.

Il Capitale naturale sarà uno dei temi principali del 101esimo Congresso del Club alpino italiano, intitolato “La montagna nell'era del cambiamento climatico”, in programma a Roma sabato 25 e domenica 26 novembre.    
Abbiamo approfondito questa tematica con Carlotta Fusi (ingegnere civile di 32 anni, di professione programmatrice), componente del Tavolo 1 del Congresso, che ha come titolo “Il Cai per il Capitale naturale”.

Carlotta Fusi al Passo di Lausa © Archivio Carlotta Fusi

Come si può definire il Capitale naturale?
«Il Capitale naturale è l'insieme dei beni più preziosi del pianeta Terra. Del Capitale naturale fanno parte tutte le risorse presenti nella natura, che comprendono gli organismi viventi e gli elementi non viventi come aria, acqua, suolo e le risorse geologiche che sono fondamentali per la vita. È il Capitale naturale che garantisce una serie di servizi diretti e indiretti, i cosiddetti servizi ecosistemici, forniti dalla natura e utilizzati dall'uomo a supporto della propria vita».

La Costituzione dallo scorso anno ha inserito la tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi come principio fondamentale. Che cosa comporta?
«L'anno scorso sono stati modificati l'art. 9 e l'art. 41 della nostra Carta costituzionale e sono stati introdotti tra i principi fondamentali, insieme alla tutela del paesaggio, anche quella dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi. Questo vuol dire che oggi, per realizzare qualsiasi opera, è necessaria una valutazione che non potrà essere basata unicamente sull'esigenza di tutela del paesaggio (ovvero se l'opera risulterà in armonia con il paesaggio circostante), ma anche sull'impatto che l'opera in questione avrebbe sull'ecosistema nel quale verrebbe realizzata. Abbiamo visto come in passato la mancanza di una normativa in merito abbia portato alla devastazione di interi territori montani per realizzare, ad esempio, sempre più impianti di risalita e infrastrutture per soddisfare la domanda di sci alpino. Oggi stiamo vivendo sulla nostra pelle le conseguenze di queste politiche. Per poter garantire anche alle generazioni future, a partire dai nostri figli, le stesse possibilità che noi abbiamo avuto, è importante che questi concetti vengano riconosciuti e tenuti in considerazione per il futuro».

Quali sono le conseguenze della crisi climatica sul Capitale naturale dell'ambiente montano?
«In montagna il riscaldamento globale sta determinando delle forti alterazioni all'ambiente, in particolare per quanto riguarda le piogge e l'innevamento. Le estati sono sempre più calde, con la conseguente accelerazione dello scioglimento dei ghiacciai, gli inverni sono sempre più miti e con precipitazioni sempre più scarse. Non sono poi mancati eventi estremi, ad esempio la tempesta Vaia del 2018, che ha messo in ginocchio interi territori montani devastando migliaia di ettari di foreste. Il Capitale naturale delle aree montane è già fortemente compromesso, e l'acqua è un tema sicuramente fondamentale dal quale partire per la protezione e il ripristino degli ecosistemi. Dall'acqua dolce dipendono infatti una serie di servizi ecosistemici fondamentali per la vita. Oltre all'acqua non si possono non citare i boschi e le foreste, che svolgono funzioni importanti come assorbire l'anidride carbonica e rendere i pendii più sicuri,  per non parlare della ricca biodiversità che li caratterizza».

Carlotta Fusi al Lago del Pisciadù © Archivio Carlotta Fusi

Perché è importante che i cittadini acquisiscano la consapevolezza del fatto che i servizi ecosistemici garantiti dalla montagna sono di interesse collettivo, dunque da utilizzare in maniera consapevole? 
«L'acqua dolce, che fa parte del Capitale naturale, ha nelle montagne la sua principale riserva. Dall'acqua derivano una serie di servizi ecosistemici senza i quali noi non potremmo vivere. I cambiamenti climatici in atto stanno mettendo in crisi le nostre preziose riserve d'acqua, di conseguenza non possiamo più permetterci un'economia caratterizzata da un utilizzo irrefrenabile di questa risorsa naturale. Nei territori montani un esempio lampante è la neve prodotta dagli impianti di innevamento artificiali per permettere lo sci alpino in zone dove praticamente non nevica più e dove le temperature invernali ormai non scendono più sotto lo zero. Ma anche in pianura e nelle zone collinari, dobbiamo ripensare, ad esempio, sistemi di irrigazione ormai non più sostenibili. L'intera collettività dunque deve essere consapevole di queste criticità per cercare di limitare questa tendenza, per garantire un futuro alle prossime generazioni».

Perché è importante che ne siano consapevoli anche gli appassionati della frequentazione dei territori montani?
«Chi frequenta la montagna può vedere con i propri occhi le conseguenze della crisi climatica sul Capitale naturale, quindi può farsi promotore di “best practice” e sensibilizzare i propri amici e conoscenti, in modo  da diffondere gradualmente la consapevolezza di come ogni attività umana debba essere sempre più sostenibile, in modo da limitare i danni all'ambiente e recuperare gli ecosistemi compromessi. Tutto questo, mi piace ricordarlo, fa parte anche dell'Agenda 2030».

Come può fare il Cai a dare il proprio contributo per diffondere questa consapevolezza?
«Il Cai può organizzare momenti aperti a tutti invitando esperti, come docenti e ricercatori, che, con parole chiare e adatte a un pubblico eterogeneo, possano far capire qual è la situazione attuale degli ecosistemi montani, sensibilizzando quante più persone possibile. Questi momenti comprendono anche le attività in ambiente, durante le quali possono essere mostrate “dal vero” le conseguenze della crisi climatica».

Per approfondire leggi l'articolo “Capitale naturale? Ma che cos'è?” sul sito del 101esimo Congresso nazionale del Cai.