Ad Armando Aste, grande rocciatore trentino scomparso nel 2017, socio onorario del Trento Film Festival, Massa e Azzetti hanno dedicato un sentito ritratto, attraverso i luoghi che hanno formato l’uomo e l’alpinista, seguendo la sua riflessione sui valori della montagna e sui suoi limiti. “Dio non mi chiederà quante montagne ho conquistato ma cosa ho fatto per gli altri”: questo il messaggio del grande rocciatore, scomparso nel 2017. Il documentario segue gli autori nei luoghi che hanno formato l’uomo e l’alpinista, risalendo all’origine della sua fede. Il loro viaggio termina in Africa, all’inaugurazione di un ospedale realizzato proprio con una donazione di Aste. La riflessione sui valori che la montagna ispira si apre a una riflessione sull’uomo e i suoi limiti.
È sempre estremamente difficile trasferire in una scrittura cinematografica il racconto della vita di un personaggio storico, un politico, un intellettuale, un artista o come in questo caso un alpinista, e saperne cogliere le peculiarità senza falsare le verità. Così come non è facile miscelare immagini e fotogrammi d’epoca con le interviste, parti documentali attuali. In questo caso le difficoltà sono ancora maggiori trattandosi di una persona schiva e poco incline alla pubblicità qual è Armando Aste, un alpinista che ha sempre disdegnato il circo mediatico dell’alpinismo e di alcuni suoi protagonisti. La sua attività alpinistica si svolge a grande livello sulle Dolomiti di Brenta e in Marmolada dove apre numerose vie anche in solitaria. Di non minor interesse la prima ascensione italiana della parete nord dell’Eiger (1962) e le nuove vie aperte in Patagonia.
Grindelwald: Armando Aste (al centro) alla base dell'Eiger © copyright Archivio AsteEd è proprio sulla nord dell’Eiger che Aste rivela le sue straordinarie doti tecniche e umane. I compagni di cordata hanno paura di non uscire vivi da quella ascensione, il terreno è infido, la roccia friabile e il ghiaccio durissimo ma lui li rassicura e tranquillizza “torneremo a casa, non siamo qui per morire…” e dimostra una competenza tecnica che li porterà in vetta. Bisognava arrampicare nelle ore fredde e riposare in quelle calde onde evitare le scariche di sassi e ghiaccio. L’uso del dialetto trentino italianizzato, lo rende ancora più umano riuscendo a trasmettere la sua forza e il suo temperamento determinato. “Alpinismo per intima soddisfazione, per la ricerca del proprio io… “. L’alpinismo di Aste è un alpinismo sobrio, espressione esclusiva delle sue doti tecniche e umane. La decisione registica di lasciarlo esprimere quasi in dialetto crea un felice contrasto che vira verso l’ironia, l’irruenza caratteriale rispetto alla pacatezza che emerge dalle interviste dei suoi compagni di avventura come Mariano Frizzera, Franco Solina o del fratello Franco. E la rinuncia all’alpinismo per restare al fianco del fratello malato si traduce in una frase che rivela, uno volta di più, lo spessore di Aste: “una sola vita umana vale più di tutte le montagne del mondo”.