I 100 anni di Adolf Vallazza e dei suoi legni antichi

Il 22 settembre 2024 Adolf Vallazza ha festeggiato i suoi 100 anni, celebrato da amici e parenti con omaggi artistici presso il castello di Katzenzungen, a Prissian, ricordando il suo percorso creativo e la profonda connessione tra le sue sculture in legno e le montagne dell'Alto Adige.
Adolf Vallazza

 

Il 22 settembre 2024 Adolf Vallazza ha compiuto 100 anni, e una settimana dopo parenti e amici lo hanno festeggiato presso il castello di Katzenzungen, a Prissian, in Alto Adige, omaggiandolo ognuno secondo la propria sensibilità artistica, provenienza geografica, fantasia. Gianni Berengo Gardin con la stampa di una sua magnifica foto in bianconero che ritrae Adolf seduto tra i larici, Mauro Corona con una piccola scultura di legno che rimarca quell’incredibile numero di anni ben portati. 

Le opere di Adolf nascono quasi sempre da un’idea stilizzata a matita su un foglio, segue poi un disegno a colori, sufficientemente definito, poi un vero e dettagliato dipinto, infine la scelta del legno e il lavoro di intaglio, levigatura e incastro.

 

La vita

Nato nel 1924, cresce in un ambiente che soffre l’italianizzazione forzata del ventennio fascista: le creazioni artigiane in legno sono una tradizione che garantisce buone remunerazioni  e la salvaguardia dell’identità gardenese.

Adolf dimostra presto una straordinaria abilità tecnica, scolpendo volti e figure di impressionante forza e aderenza al vero. Oltre che per la scultura, ha una passione per la pittura, stimolata dalle opere del nonno materno Josef Moroder Lusenberg, il più importante pittore ladino, le sue opere si possono ammirare nella chiesa di Ortisei e in molti altri luoghi del Trentino.

Adolf potrebbe vivere di alto artigianato - un mondo di vie Crucis, presepi, pastori, cacciatori, animali, che si ripete all’infinito come in una bolla di vetro -, con una vita tranquilla cadenzata dal passare delle stagioni e dei turisti, decide invece di rischiare, di intraprendere la via dell’arte, scoperta sulle pagine di libri e cataloghi e stimolata da una forte aspirazione interiore.  

Visita la Biennale di Venezia, scopre Picasso, Braque, Giacometti, Moore, Cascella, Marini. E lo scultore romeno Constantin Brâncuși, di cui ammira la capacità di ridurre forme e volumi, mirando all’essenziale. Scolpire figure realistiche è comunque una premessa necessaria, la sapienza tecnica e la conoscenza del corpo umano sono per Adolf un passaggio obbligato, solo dopo si può aspirare all’astrazione. 

Nel 1952 sposa Renata Giovannini, di Pesaro, una ‘straniera’ che frequenta Ortisei durante le vacanze estive. Il loro matrimonio, in quegli anni e in quei luoghi, non può certo essere accolto con simpatia, ma tutte le difficoltà vengono superate. Per lui è l’incontro più importante della sua vita: sia per i lunghi decenni di amore e complicità che vivranno insieme, sia perché lei lo incoraggia nello scegliere la difficile strada della crescita artistica. Adolf ha l’abitudine di fotografare le sue opere e Renata prende un’iniziativa inconsueta e spavalda per quei tempi: parte da sola per Milano e porta le foto ai più importanti galleristi. Un’iniziativa fondamentale per far conoscere e apprezzare l’arte di Adolf. 

 

I totem

Nel corso della sua carriera artistica si succedono e si intersecano la stagione dei corpi e torsi umani, quella dei totem e quella dei troni. I totem sono figure che evocano elementi storici, epici, architettonici, naturalistici: don Chisciotte, civette, Menhir, alberi, antichi strumenti musicali. Adolf ha un’intuizione: un vicino ha recuperato molti legni dalla dismissione di un vecchio maso e li ha accatastati proprio nei pressi della sua casa, in attesa di utilizzarli come legna da ardere: assi di porte e pavimenti, imposte di finestre, rivestimenti di Stube, scale, scandole. Adolf rimane colpito dalla bellezza di quei legni antichi, e gli pare tristissima l’idea che finiscano in brace e cenere. Decide di acquistarli, e immagina per loro una nuova esistenza. I totem nascono quindi dall’assemblaggio e dal lavoro di intaglio su una materia antica - legni di cirmolo, di abete, di larice, di pino, restituita agli sguardi e al tatto di chi li va ad ammirare. Su alcune opere sono ben visibili i segni di scarponi chiodati, di limature e di incisioni indecifrabili; mondi lontani e perduti sono passati tra quei legni, accarezzandoli e scrutandoli nella penombra se ne avverte l’eco. 

 

I troni

Viene poi il tempo dei troni. L’idea nasce alla fine degli anni Settanta anche grazie a un’intuizione di Renata. Guardando i totem più alti gli dice: “Sembrano delle spalliere di un trono, prova a trasformare questi totem in sedie. Prova a creare qualcosa che aggiunga funzionalità e umanità”.  I troni hanno schienali allungati, molto alti, richiamano la verticalità di certe crode dolomitiche, di alcuni castelli del Sud-Tirolo, ma anche lo slancio vitale degli alberi. Sembrano in attesa dell’arrivo di antichi cavalieri, “amanti di cortesie fuggite”, sognatori di montagne, viaggiatori. In quei troni Adolf vede le altezze e sente l’eco delle montagne, delle leggende di Karl Felix Wolff e dei Monti Pallidi, ma anche di terre lontane. 

Nel corso degli anni i suoi legni antichi si sono sempre più alleggeriti, Adolf ha lavorato più per togliere che per aggiungere, cercando l’essenziale e l’armonia delle linee scultoree, lavorando sulla luce e sugli incastri.

Il legno, a differenza della pietra, del ferro e del bronzo, ha vissuto, ha un passato, visibile nelle linee dei suoi cerchi e nei colori imposti dal sole e dal gelo. Attraverso le ampie vetrate del suo studio si vedono il cielo e alcune cime delle montagne che circondano Ortisei. Da qui lo sguardo può vagare lontano, in sintonia con lo slancio alto, libero e poetico di tante opere di Vallazza. Dietro l’apparente fragilità delle sue sculture di legno di c’è tutta la forza e l’energia di un uomo del Novecento che non ha mai smesso di guardare al futuro. 

Lo guardo mentre è seduto davanti alle mura del castello di Katzenzungen - sul volto gli occhiali da sole e un sorriso indecifrabile -, e capisco che non finirà mai di provare curiosità per il giorno nuovo che verrà. Te ne auguro ancora tanti Adolf. 

Quando parlo di Vallazza mi piace sempre ricordare la poesia che gli dedicò anni fa Tonino Guerra: “I legni che sono stati leccati da bestie solitarie / e hanno sentito la voce della neve e del vento, / adesso hanno preso l’impronta di un uomo che gli ha cambiato vita / senza togliergli di dosso la storia che hanno / e tutto il silenzio delle montagne”.