Grande Anello dei Sibillini: tra bellezza e distruzione

L'idea con il Parco Nazionale dei Monti Sibillini di coinvolgere il CAI marchigiano in un trekking lungo il Grande Anello dei Sibillini. Così è iniziato il progetto "A tutto G.A.S.", un viaggio che abbraccia i Monti Sibillini tra bellezza e memoria del sisma.
Pizzo del Diavolo - Monti Sibillini © Andrea Frenguelli

È nato tutto dalla volontà di volere dar seguito al piacere di essersi rivisti e riconosciuti, riannodando un rapporto che a un certo punto nel corso delle tre decadi si era interrotto senza che ci fosse una causa precisa.

Così dopo mesi di preparazione e di riunioni con i rappresentanti delle sezioni di Amandola, Ancona, Ascoli, Camerino, Fermo, Macerata, Sarnano, San Benedetto del Tronto, San Severino Marche e la sottosezione di Montefortino, è stato dato via al progetto “A tutto G.A.S.” a cura del Gruppo Regionale Marche, e il 9 di giugno una ventina di soci CAI, appartenenti anche a sezioni di altre regioni italiane, ha affrontato la prima di otto tappe di un percorso che abbraccia i Monti Sibillini, che si sviluppa per circa 130 km per un dislivello complessivo di quasi 6000 metri.

Le tappe (nove in verità) sono ampiamente descritte nel sito dell’Ente Parco dei Sibillini dove è possibile scaricare le tracce gpx di ogni singolo itinerario. Le modifiche apportate al percorso ufficiale sono dipese dalle trasformazioni generate dal terremoto del 2016 che hanno reso inagibili molti dei posti tappa e devastato gli abitati attraversati dal trekking. Gli sforzi prodotti dal Parco hanno permesso di saldare la maggior parte di tali fratture aggiungendo moduli abitativi prefabbricati dove non esistono altre forme di ricettività.

Il Grande Anello dei Sibillini, a quanti lo percorrono a piedi o in bike, consente di abbracciare i diversi ambienti che formano questa parte di Appennino. Se si inizia da nord (come consigliato), partendo da Fiastra o da Monastero e seguendo il senso orario, ci si innalza rapidamente per raggiungere l’altopiano del Ragnolo, propaggine settentrionale della catena. Segue l’attraversamento delle valli dei fiumi trasversali alla linea costiera; prima l’Ambro, poi il Tenna e infine l’Aso. Poi si costeggia la parete rocciosa del Monte Vettore prima di ridiscendere alle Piane di Castelluccio. Per ultimi si attraversano gli ampi pascoli occidentali prima di affrontare la discesa che porta al Lago di Fiastra. La varietà di ecosistemi, la qualità di certi scorci paesaggistici con le grandi cime come sfondi sono gli elementi di più forte attrattività. Questa bellezza oggi confligge con i segni della violenza generata dal sisma che trova la sua massima espressione nella distruzione di alcuni tra i più importanti monumenti architettonici dislocati lungo l’itinerario, come la chiesa di Santa Maria in Pantano nel comune di Montegallo e quelle di San Salvatore e Sant’Andrea di Campi.

Gli effetti del Sisma

Bellezza e distruzione così accompagnano il viaggiatore lungo ogni tappa determinando uno strano misto di sensazioni. Ad arricchire ulteriormente l’esperienza è l’incontro con le persone, in alcuni casi voluto, cercato, in altri casuale. Nei pomeriggi dopo la camminata abbiamo incontrato Alberto di Amandola che ci ha aperto un mondo sconosciuto, quello delle tante specie di orchidee che crescono sui Sibillini, insegnandoci a riconoscerle, a distinguerle. Serafino, che vive a Comunanza, ci ha introdotti alla conoscenza delle erbe che crescono spontanee nei prati di montagna di quelle che una volta erano impiegate per le loro capacità curative e di quante venivano raccolte per integrare i magri pasti di chi in questi luoghi conduceva una vita grama. A Castelluccio Romano, che vive a Norcia, ci ha parlato dell’importanza storica del paese, snodo tra la valle del Nera e quella del Tronto, luogo di passaggio di genti, mercanti e artisti. Poi ci sono gli altri, quelli incontrati lungo il percorso, ognuno dei quali ha aggiunto sale all’esperienza: Iolanda a Castelluccio di Norcia che gestisce la sua pensione con un’energia che viene da lontano, dall’attitudine a lottare contro ogni avversità e che qualche scossa di terremoto non è sufficiente a scalfire; Roberto della proloco di Campi, orgoglioso di quello che sono riusciti a compiere all’indomani del sisma quando nessun abitante è stato spostato dal paese perché accolti nella struttura sede della proloco e pienamente convinto del suo progetto “Back to Campi” che vuole costruire un futuro per la sua terra; Paolo che fa la guida e gestisce un agriturismo, che ha investito sul Grande Anello, ma che vorrebbe maggior sostegno da quel Parco che ha dato origine al progetto. Quelli incontrati per strada o nei rifugi anche se fanno lo stesso tuo percorso al doppio della velocità, come i quattro ragazzi di Bologna che hanno così impegnato le loro ferie.

Un obiettivo era certamente quello di dimostrare che a otto anni dal sisma è possibile tornare a frequentare questi luoghi anche da parte di gruppi numerosi, sempre che si possegga il necessario spirito di adattamento e che non si pretendano altri livelli di comfort nei diversi posti tappi. Uno spirito CAI insomma.

Con la speranza che altre sezioni seguano il nostro esempio così da contribuire a dare qualcosa ad un territorio che in cambio ha ancora tanto da offrire.