Le prime osservazioni sui
mulinelli glaciali, le grotte effimere nel ghiaccio che possiamo definire come i
nghiottitoi in movimento, risalgono all’Illuminismo, ma per arrivare a una metodica discesa e frequentazione del vuoto dei ghiacciai bisogna aspettare
gli anni ’80 del XX secolo, quando si afferma definitivamente la progressione su sola corda, la preparazione tecnica si innalza e le spedizioni possono, dunque, essere mirate e veloci. Dalla fase pionieristica si è presto passati a una fase di maggiore specializzazione; l’attività rimane di nicchia, ma è evidente che in piena crisi climatica le ricerche nel cuore dei ghiacciai possono offrire dati e informazioni molto importanti.
Ingresso di un mulino glaciale al Ghiacciaio dei Forni
Il monitoraggio delle cavità glaciali
Nel suo intervento al Congresso di Ormea,
Andrea Ferrario ha presentato un lavoro realizzato a più mani, dove ha sottolineato come il monitoraggio di cavità glaciali, come quello del
Progetto Speleologia Glaciale avviato nel 2008 in diversi ghiacciai dell’arco alpino, possa dare indicazioni anche sui complessi rapporti tra i ghiacciai e le cavità presenti al loro interno.
I ghiacciai arretrano, perdono massa in modo significativo e visibile anche con il contributo delle grotte glaciali, che veicolano
significativi flussi d’aria, accelerando la fusione del ghiaccio, collassi della struttura e sublimazioni del ghiaccio, ovvero passaggi dallo stato solido alla dispersione aerea. Parlando con Andrea Ferrario e leggendo il lavoro portato al Congresso di Ormea, si può affermare che i ghiacciai delle Alpi raggiungibili senza grandi difficoltà permettono di studiare
l’evoluzione delle grotte glaciali in stretta relazione con l’
evoluzione dei ghiacciai stessi; quanto osservato sul Ghiacciaio dei Forni (SO) e del Morteratsch (CH) dimostra l’importanza delle esperienze sul campo degli speleologi.
Meandro glaciale interno al Ghiacciaio del Morteratsch © Andrea Ferrario
Osservare i ghiacciai dal loro interno
I cambiamenti climatici in atto hanno anche ripercussioni sulle
attività di ricerca, poiché modificano il periodo in cui è possibile fare esplorazioni e rendono più impegnativo il raggiungimento delle fronti dei ghiacciai. Questo rappresenta una significativa testimonianza dei cambiamenti in atto e della rapidità con cui avvengono.
In conclusione si può davvero affermare che
«senza la possibilità di osservare e rilevare i ghiacciai dall’interno non è possibile comprendere fino in fondo le cause che portano rilevanti crolli e perdite di volumetrie che potrebbero garantire una durata maggiore delle masse glaciali».
Il lavoro presentato al XXIII Congresso Nazionale di Speleologia di Ormea sarà pubblicato negli atti dello stesso. Il titolo è
Grotte glaciali e mutamenti recenti dei ghiacciai; gli autori sono
Andrea Ferrario, del Gruppo Grotte Saronno Cai-SSI;
Paola Tognini e
Mauro Inglese, del Gruppo Grotte Milano Cai-SEM;
Paolo Testa, del Gruppo Speleologico Cai Varallo.
Verticale in una grotta all’interno del Ghiacciaio dei Forni