Francesco Salvaterra ha 35 anni, ma è già un alpinista con una vasta esperienza, tanto nelle Dolomiti di Brenta e in Presanella, quanto in Patagonia. Trentino di nascita, nessuna parentela con Ermanno Salvaterra (con cui si è però legato più volte in cordata), abita a Tione e di mestiere è guida alpina. Il suo talento si esprime tanto nell'accompagnare che nell'apertura di vie nuove, un'attività che nel suo caso è piuttosto intensa.
Partiamo dalla cronaca. In questo inverno hai aperto un paio di vie su montagne a te care.
La più recente si chiama La concha de la lora (aperta con Nicola Castagna, ndr), al Crozzon di Val d'Agola. È una linea non facile da vedere, molto bella. Una via avventurosa, con difficoltà di misto fino a M7. La seconda, Lo spirito continua (grado M7 da confermare, con Francesco Nardelli, ndr) sale la parete est della Presanella. In quell'occasione volevamo salire la via delle guide di Bruno Detassis, ma arrivati alla base abbiamo notato la linea di Depravation, che avevamo provato già a salire nel 2012, e non abbiamo resistito. Non avevamo chiodi da roccia, ma siamo saliti per circa 500 metri lungo una linea che - alla fine- con Depravation ha solo una parte in comune.
Su Lo spirito continua © F.Salvaterra
Con il Brenta e la Presanella hai un rapporto particolare. Cosa hanno di speciale?
Il Brenta e la Presanella, oltre alla loro bellezza, sono le montagne di casa, ma presentano molte zone selvagge. Non dico inesplorate, ma dove puoi trovare ancora l'avventura. La Presanella in particolare, dove sono riuscito a prepararmi bene per la Patagonia. Certi spazi, certe solitudini che puoi trovare lì, sono magnifiche e uniche.
Non hai iniziato presto ad arrampicare, ma poi hai recuperato il tempo “perso”.
Sono originario di Rovereto, mi sono trasferito a Tione all'età di dieci anni. Fino ai diciotto non ho scalato, poi ho iniziato con gli amici, la mia non è una passione di famiglia. Ho cominciato con il fare qualche via in montagna, dopo due anni mi sono iscritto per diventare aspirante guida e a ventiquattro anni finalmente sono diventato guida alpina.
Come guida qual è stata la tua soddisfazione più grande?
Diverse salite fatte con i clienti mi hanno dato grande soddisfazione. Qualche anno fa per esempio sono andato in Patagonia a scalare la via dei Ragni al Cerro Torre. È stato un bell'impegno farla come guida, eravamo in due con un cliente, ma è qualcosa che ripaga molto a livello di realizzazione personale. Altre salite molto belle sono state la traversata delle Jorasses o la via Cassin allo sperone Walker. Ma possono essere molto appaganti anche vie meno conosciute. Con un cliente per esempio abbiamo fatto la prima ripetizione della Oggioni-Ajazzi alla Torre Bignami, in val Gabbiolo. Una prima ripetizione di una via che aveva 70 anni, non è una cosa comune e porta con sé un grande fascino. Una via bella e difficile.
Durante la traversata delle Jorasses con un cliente © F.Salvaterra
Spesso vai a ripetere vie semi sconosciute o “abbandonate”. A Cima Capi hai salito una via di Paolo Calzà dove nessuno aveva messo mano.
I primi a scalare la est di Cima Capi erano stati Pino Fox e Marino Stenico nel 1939, poi fino agli anni '70 più niente, e comunque sono state tracciate giusto un paio di vie fino all'intervento di Giuliano Stenghel, autore di una bellissima diretta. L'ambiente è severo, la roccia non è nemmeno così male, ma a tratti si trova erba e comunque è un'arrampicata molto impegnativa, nella parte alta ci ha dato filo da torcere. Ma è il bello dell'avventura, tra l'altro in un ambiente tutt'altro che nascosto, in questo caso.
Da buon trentino anche tu non hai resistito al fascino della Patagonia. La tua via di maggiore soddisfazione?
In Patagonia sono stato una decina di volte, anche per tre mesi di fila, con i clienti e per i fatti miei. Forse la via più bella che ho fatto è stata Motivationes mixtas, che avevano provato ad aprire degli argentini. Avevano rinunciato quasi in cima perché uno di loro si era fatto male. Io sono andato con Luca Bianco e Giacomo Deiana, siamo stati i primi a salirla tutta.
Due vie tue che ricordi con piacere dalle nostre parti invece?
Se devo scegliere un paio di vie in Brenta ti dico la Greta, dedicata a una delle mie figlie, una via a chiodi sul Grosté, non troppo difficile. L'altra è Scalatori di nuvole, al Campanile Ciago, sopra il Brentei. Una via moderna tra le due Steinkotter, dove gli spit sono però solo dove non puoi fare altrimenti. La Presanella per me è un posto speciale, come ho detto prima.