Sarà pure un’idea poco originale, ma regalare un libro per Natale resta sempre una valida alternativa a oggetti meno utili e decisamente più effimeri. Anzi, a voler ammantare il discorso “regali di Natale” di un po’ di dignità oltre il consumismo ormai d’obbligo, si può citare l’ISTAT quando afferma che le scelte culturali dei cittadini sono espressione di un profondo senso civico, perché possono contribuire significativamente “alla misura del benessere personale e al grado di coesione sociale”. Un’economia avanzata si misura anche su queste basi.
Non rassicura apprendere che i dati sulla lettura sono meno incoraggianti di quelli del 2023, come ha di recente segnalato l’AIE (Associazione Italiana Editori) durante un incontro a “Più libri più liberi”, la fiera della Piccola e Media Editoria che si è tenuta a Roma dal 4 all’8 dicembre.
Proviamo allora a resistere. Chi ama la montagna sa che ogni sforzo è ricompensato dalla meraviglia del panorama e dalla soddisfazione di averlo potuto ammirare con la sola forza della propria convinzione.
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L’ultimo libro dell’alpinista e scultore ertano, opinionista su RaiTre a Carta Bianca con Bianca Berlinguer, torna a una scrittura convincente, quella con cui ha affascinato migliaia di lettori in decine di titoli magici e profondi. Quattro stagioni e dodici mesi per ricordare un tempo antico, dolce e aspro come solo la memoria riesce a renderlo, fatto di mestieri e attitudini ormai scomparsi, quando uomini e donne lottavano per plasmare il severo ambiente alpino, comandato dall’avvicendamento fra giorno e notte, freddo e caldo, pioggia e secco, neve e disgelo. E in quel ritmo si inserivano usanze, feste e rituali espressione di una comunità resiliente in armonia con la natura e di una cultura contadina che non tornerà più. La narrazione è sottolineata dai ricchi disegni del figlio di Mauro, Matteo Corona, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, minuziosamente cesellati in ogni dettaglio.
Per chi ama la montagna, per chi ha voglia di immergersi nelle provocazioni semantiche di Corona, per chi ama gustare la letteratura assaporando i profumi e le suggestioni dell’ambiente alpino, riflettendo sul cambiamento che governa il mondo.
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Un libro spettacolare, colorato, fresco di stampa, di grande impatto come lui, l’italo-polacco Babicz, nato a Zakopane e adottato da Courmayeur, dove vive ormai da quasi vent’anni. Lui si definisce un atleta, e anche se l’italiano lo parla benissimo, ancora meglio lo descrive il linguaggio universale delle sue imprese alpinistiche in velocità, spericolate, folli: l’ultima in ordine di tempo è stata il concatenamento in solitaria delle quattro creste del Cervino in 7 ore, 43 minuti e 45 secondi, lo scorso settembre. Ma il libro è stato chiuso prima e infatti si concentra sugli exploit precedenti: la solitaria in 17 ore lungo l’integralissima di Peutérey sul Monte Bianco (2020), lo Spigolo Nord del Badile in 42 minuti e 52 secondi (2021), la salita solitaria in 49 minuti del Grand Capucin (2022), o l’apertura di Persefone Extension, tra le più difficili vie di drytooling al mondo, nella grotta di Gran Borna a La Thuile (2024). Babicz si può ammirare o disapprovare, ma non lascia indifferenti. E qui cerca di spiegare il senso della sua ricerca, che coincide nel capire quale sia davvero il suo limite.
Per gli alpinisti navigati che però saliranno sempre una cresta per volta, per chi ha bisogno di ritrovare la motivazione, per chi vuole capire meglio una delle evoluzioni dell’alpinismo contemporaneo, gustandosi foto mozzafiato.
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Glyn Carr, La vendetta arriva dal passato (pp. 244, 19 euro, Mulatero 2024)
Chi lo legge una volta, sentirà sempre il bisogno di leggerlo ancora. Glyn Carr fa questo effetto a chi ama i gialli alla Agatha Christie, in cui la trama si snoda logica e precisa, rigorosa come l’unità spazio-temporale in cui si svolge l’azione, comandata da un protagonista carismatico quanto implacabile. Per fortuna che Carr, nome d’arte del prolifico scrittore inglese Frank Showell Styles (1908-2005), scrisse ben 15 romanzi con l’attore shakespeariano Abercrombie Lewker nei panni dell’investigatore (una piccola parte rispetto agli oltre cento di altro genere). Questo, l’undicesimo della serie pubblicata da Mulatero, fu all’epoca il più apprezzato dalla critica. Come già nel precedente Morte di un gufo, assistiamo ancora a un duplice omicidio compiuto durante un raduno di giovani alle prese con l’arrampicata come momento formativo, al cospetto del severo ambiente delle montagne del Galles tanto care all’autore. E sarà ancora una vecchia storia, legata a una salita al Cervino, a spiegare il mistero.
Per chi ama i gialli senza distrazioni, le ambientazioni solenni di una montagna selvaggia, e vuole farsi rapire completamente per qualche ora, dimenticando il tempo che passa mentre incombe il Capodanno.
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Il Re degli Ottomila e il re di buona parte della letteratura di montagna: chi non ha mai letto un libro di Messner potrebbe cominciare dalla sua autobiografia per capire non solo l’alpinista, ma il personaggio a tutto tondo, dagli inizi della carriera a oggi. Scritto in occasione dei suoi ottant’anni, e tradotto da Luca Calvi in italiano (perché non è un segreto che gli altoatesini siano più a loro agio con il tedesco), il libro ripercorre sicuramente le imprese condotte in montagna, dalle prime mosse sulle pareti di casa, sulle Odle, ai grandi exploit himalayani, il primo Everest senza ossigeno, con Peter Habeler nel 1978, la collezione dei quattordici Ottomila nel 1986, nonostante il trauma della perdita del fratello Günther sul Nanga Parbat nel 1970, e le polemiche che ne seguirono. Polemiche che hanno costellato un’esistenza avventurosa e pionieristica in ogni aspetto, inclusa la costruzione dei famosi Messner Mountain Museum, forgiandola a resistere anche (e soprattutto) “controvento”.
Per chi ama la storia dell’alpinismo e vuole ripercorrerne le tappe più importanti della contemporaneità, per tutti i fan di Messner, ma anche per i suoi detrattori, con un invito a deporre le armi per concentrarsi sulla sua missione finale: diffondere la cultura dell’alpinismo tradizionale come forma altissima di comunanza con la natura.
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Una piccola chicca da intenditori, vecchi e nuovi alpinisti che ancora amano organizzare le proprie uscite partendo dalla consultazione di una guida in carta e ossa, pur senza mai lasciare a casa il gps. Magari soffermandosi ad ammirare le proprie mete nei disegni di una delle tante Guide dei Monti d’Italia, un tempo pubblicate da CAI e Touring Club, che campeggia sugli scaffali di famiglia fin dagli anni ’70. Con buona probabilità, quei disegni sono di Gino Buscaini, che diventò anche direttore della collana dal 1968 al 2002, anno della sua morte. Straordinario alpinista capace di stupire anche Walter Bonatti, girò il mondo e soprattutto la Patagonia insieme alla compagna, la fortissima Silvia Metzeltin. Questo libro poetico e concreto è un omaggio alla sua arte, mai debitamente riconosciuta perché ritenuta secondaria all’attività alpinistica.
Per chi ama i libri un po’ vintage, ma ben fatti, per chi non dimentica che prima dell’avvento della fotografia fu l’arte del disegno a catturare l’anima delle montagne, per chi vuole sognare di perdersi esplorando con la fantasia le zone più remote del mondo.