Fitz Roy: salvati 3 alpinisti cileni. Nella squadra di soccorso anche Meliffi e Cordin del CAI Eagle Team

Un’operazione di soccorso senza precedenti sul Fitz Roy salva tre alpinisti cileni grazie a un’azione corale, con il supporto del CAI Eagle Team.
Un momento dei soccorsi © Juan Cruz Adrogué

Un’operazione di soccorso complessa e senza precedenti ha permesso di salvare tre scalatori cileni bloccati per due giorni sulla parete est del Cerro Fitz Roy, in Argentina. I tre, due donne e un uomo, erano in condizioni critiche: soffrivano di ipotermia e disidratazione, e una di loro presentava un principio di congelamento alle mani.

La Commissione di Soccorso di El Chaltén ha immediatamente mobilitato quattro squadre, impiegando droni, scalatori e medici per localizzare e assistere gli alpinisti in difficoltà. Nonostante il forte vento e le difficili condizioni tecniche, i soccorritori sono riusciti a raggiungere i tre cileni, calandoli per 400 metri fino alla base della montagna. Da lì, un elicottero della Fuerza Aérea de Chile, grazie a un permesso speciale delle autorità argentine, ha effettuato l’evacuazione verso un centro medico in Cile. L’operazione è stata definita una delle più difficili degli ultimi 30 anni.

Tra i volontari che hanno preso parte al soccorso c’erano anche due giovani italiani del CAI Eagle Team, Marco Cordin e Giacomo Meliffi, attualmente impegnati nella spedizione patagonica di conclusione del progetto.

 

La testimonianza di Giacomo Meliffi

“Quando abbiamo saputo che c'era bisogno di volontari per soccorrere tre alpinisti cileni in difficoltà sul Fitz Roy, io e Marco Cordin abbiamo detto subito di sì. All’inizio eravamo tesi: nessuno dei due aveva mai partecipato a un’operazione di soccorso così complessa in un ambiente del genere. Ma non c'era tempo per pensarci troppo, ci siamo dati tutti una mano e siamo partiti.

Man mano che salivamo arrivavano buone notizie: i tre cileni riuscivano a scendere piano piano, così l’atmosfera si è un po’ rilassata. Quando siamo arrivati sotto la Brecha de los Italianos, abbiamo visto che stavano già scendendo con un’altra cordata salita prima per offrire supporto, quindi non abbiamo dovuto scalare. Nel frattempo, abbiamo preparato del cibo e scavato una truna nella neve per accoglierli.

Quando sono arrivati, le loro condizioni non erano buone. Una delle ragazze era in stato confusionale e con un principio di congelamento alle mani, l’abbiamo subito sistemata nella truna e assistita. Anche il ragazzo non era completamente lucido, mentre la terza ragazza era in ottima forma. Dopo un paio d’ore di riposo, però, stavano già meglio e, forse, iniziavano a comprendere quanto accaduto. Piangevano, ci ringraziavano, l'avranno fatto mille volte, ancora increduli di essere salvi”.

 

L’esperienza di Marco Cordin

“È stata un’esperienza fortissima, fortunatamente finita bene. È stato anche un assaggio del vero ambiente patagonico, dove non esiste un soccorso organizzato, ma nel giro di pochi secondi un'intera comunità si mobilita: chi prende gli zaini, chi prepara il tè, e si va. Pensavamo di dover scalare per aiutarli a scendere, invece siamo finiti a cucinare – insieme a un fuoriclasse come Sean Villanueva, tra l’altro. E va bene così, perché in quel momento era quello di cui c’era bisogno.

È stata un'esperienza molto formativa, che mi ha insegnato quanto sia importante mettere da parte il proprio ego per dare una mano, qualunque cosa serva. Io pensavo che avrei dovuto scalare, che quello sarebbe stato il mio contributo, e invece ho fatto il cuoco, perché di quello c'era bisogno. Ed è giusto così”.