Famoso e incompreso

Alla vigilia della Seconda guerra mondiale Emilio Comici è il più famoso alpinista italiano. Nato a Trieste nel 1901, ha praticato la ginnastica, l’atletica, il nuoto e il canottaggio, fino a scoprire l’arrampicata attraverso la speleologia. Tra il 1929 e il 1931 si è affermato con due imprese: la parete nord-ovest della Sorella di Mezzo del Sorapis, il primo sesto grado di casa nostra, e la via diretta sulla parete del Civetta, autorevole risposta alla supremazia tedesca sulle Dolomiti. Il regime ne ha fatto un simbolo di ardimento, l’emblema dell’uomo duro che sfida il vuoto e onora la nazione. 

Non solo è il più bravo, è anche il più fotografato, il più osannato, il più incompreso. Danza sulla roccia ed esibisce i muscoli come gli atleti di oggi, narcisisti e un po’ acrobati. Ha talento da attore. Non è un duro, è un sognatore. Le donne si innamorano degli occhi tristi e lui si diverte a distruggere il vestito eroico che gli è stato cucito addosso facendosi fotografare in pose effeminate, sul lungomare in costume da bagno, in birreria con le amiche, tra i fiori di campo con la chitarra in mano. L’amore per la musica accompagna la passione per la montagna. Nascono dallo stesso sentimento.

A metà agosto del 1933 scala con i fratelli Dimai la parete nord della Cima Grande di Lavaredo, il più grande problema alpinistico del momento. Ai primi di settembre è attratto dallo Spigolo Giallo della Cima Piccola, che il Berti ha definito “intollerabile”. La scalata è una delusione estetica, ma il racconto rispetta le iperboli care alla retorica di regime. A Cortina d’Ampezzo, Comici è una guida scomoda ed emarginata perché viene da fuori e si nutre di ideali. Certi giorni vola, altri non si stacca da terra. Nel 1937 raggiunge un tale stato di grazia da ripetere la sua via sulla Cima Grande da solo e in meno di quattro ore: un’impresa che potrebbe appagare per sempre, se le emozioni avessero un sempre.

Infine è nominato commissario prefettizio a Selva Val Gardena, che significa uno stipendio, un ruolo, forse l’integrazione nella comunità. Ma è solo una divisa. Nel giugno del 1940 vorrebbe partire volontario per la guerra, ma è troppo vecchio e non lo accettano. Dicono si sia innamorato di una ragazza bionda di Trieste, un amore non ricambiato. Nell’agosto del 1939 scala con Casara la vertiginosa parete nord del Salame del Sassolungo, ed è già un altro uomo: «Sono state delle belle ore di lotta e trepidazione, ore durante le quali ci si sente ancora di essere qualcuno». Il 19 ottobre va in un prato della Vallunga con gli amici e la chitarra. Si accontenterebbe di cantare, dimenticare, invece lo convincono a scalare e cade e muore battendo la testa sull’unico sasso, nell’erba.

 

E. Comici
Uno scatto di Emilio Comici © Archivio Comici - Società alpina delle Giulie