Explore Act: la legge per limitare la chiodatura negli Stati Uniti è in senato

L'insieme di norme vuole regolamentare l'uso e la manutenzioni delle protezioni in determinate aree. Il dibattito è aperto
Luci dei climbers impegnati in notturna sulle pareti de El Capitan © Wikimedia Commons

Lo scorso 10 aprile è stato ricevuto al Senato del Congresso degli Stati Uniti l'Explore Act: si tratta di una proposta di legge che mira a regolare l'attività outdoor sul territorio americano, con un focus particolare per la bici, i siti dove usare armi e l'arrampicata. La scalata in particolare rischia di essere severamente penalizzata, per lo meno secondo gli standard che conosciamo.

Alla sezione 122 dell'atto, sotto la dicitura protezione dell'arrampicata americana, il testo prevede che entro 18 mesi dall'entrata in vigore della legge, si prendano delle iniziative per “tutelare” la scalata secondo parametri piuttosto netti.

Innanzitutto si stabilisce che l'uso, la posa e la manutenzione di protezioni fisse vada gestito sotto la guida del Wilderness Act, un insieme di norme che stabilisce come il National Wilderness Preservation System sia incaricato di identificare aree da tutelare come selvagge. In altre parole, in queste aree è previsto che la presenza dell'uomo debba essere “impercettibile”. 

Secondo l'interpretazione più stretta - antecedente l'arrivo dell'atto in senato -, non solo quindi non si sarebbero potute aggiungere nuove protezioni, ma anche quelle esistenti sarebbero a rischio di venire rimosse.

Per come però il testo è stato depositato, al punto d) si fa riferimento ancora una volta al National Wilderness Preservation System come soggetto deputato a concedere eventuali autorizzazioni alla posa e al mantenimento delle protezioni, indicando una scelta da assumere “di caso in caso”. Al punto successivo, l'atto indica anche come saranno prese in considerazione linee guida per il “mantenimento delle vie ricreative esistenti”.

Insomma, la partita sembra essere ancora aperta e anche la stampa locale si accoda a questa lettura. Steve Potter - autore presso la rivista di arrampicata Outside - ritiene che presumibilmente le agenzie dovranno ripensare i propri obiettivi originari, traducendoli in soluzioni meno drastiche

Il dibattito a ogni modo è stato aperto, con conseguenze difficili da prevedere: se è auspicabile che si consideri la storicità di alcune vie e che quindi questo patrimonio venga difeso, è vero anche che per gli anglosassoni o americani l'utilizzo delle protezioni fisse è un argomento delicato. Storicamente va contro la sensibilità di un'intera scuola di climber e sarà interessante capire quale equilibrio si riuscirà a trovare tra i diversi approcci. E da noi? Si avvierà anche in Europa un dibattito sulla chiodatura, per lo meno in determinate aree?