Silvio "Gnaro" Mondinelli © Cai LeccoSilvio Mondinelli ha partecipato a Genova al forum internazionale Rescue in difficult environment, dedicato al soccorso in ambienti critici. L'evento, voluto dal professore Luigi Festi - con cui collabora da anni a varie iniziative legate al mondo della medicina e della montagna- si è articolato in una serie di esercitazioni e incontri, a cui ha partecipato anche il Gnaro.
Alpinista di livello assoluto, in alta quota ha vissuto esperienze bellissime e tremende. “Oggi sono in luna calante, ormai faccio la guida in giro per il mondo, l'importante è tornare a casa umili e sani”. L'umiltà ha sempre accompagnato Mondinelli, che ricorda per noi le esperienze più estreme, vissute nella cosiddetta zona della morte. Qualcosa di assolutamente particolare. “Mi ricordo che nel 2010, quando scendevo dall'Everest, sentivo gli angeli. Ero completamente dentro la cosa, mi sembrava di sognare, non avevo la percezione che fosse qualcosa di irreale. Avevamo bevuto mezza borraccia d'acqua e mangiato solo qualche dattero, non so se abbia influito, ma davvero vedevo il paradiso. Poi mi sono voltato e ho visto che ero solo, gli altri erano scomparsi, lì ho capito che dovevo riprendermi, ritornare alla realtà. Altre volte avevo una musica in testa, sentivo i Deep Purple, ma era qualcosa di meno intenso. Comunque sono sensazioni di ci non avverti in anticipo l'arrivo, ti prendono di sorpresa”.
Gli stati di alterazione dovuti all'alta quota non sono l'unica esperienza estrema vissuta da Gnaro, che nel 2012, sul Manaslu, è stato travolto da una valanga. Nonostante abbia vissuto una tragedia, nel momento in cui è rimasto sepolto nella neve non ha provato sensazioni terribili, anzi. “A parte la paura di venire infilzato da qualche paletto di una tenda non ho provato sensazioni di terrore. Hai presente il film La storia infinita? Mi sembrava di essere sospeso e avevo la stessa sensazione di sollievo che provi dopo esserti trattenuto a lungo per andare in bagno, quando finalmente ti liberi. E poi nella testa avevo questo pensiero fisso che continuava a girare in circolo, sul fatto che non avevo finito di pagare la cucina...”.
Agli alpinisti d'alta quota talvolta capita anche di dormire in prossimità della zona della morte, comunque dove l'ossigeno è molto rarefatto. Al di là della tensione dovuta all'attesa dell'azione, la qualità del sonno non è eccezionale. “È un po' come covare l'influenza. Non stai male per qualcosa in particolare, ma hai una sensazione negativa in generale, di malessere diffuso. A me in generale capitava di sognare sempre la stessa cosa. Un anno avevo questo sogno ricorrente, che dovevo rifare la staccionata. Ma in generale non ho mai sofferto molto l'alta quota. Come preparazione facevo 60.000 metri di dislivello al mese, andavo su e giù dal Monte Rosa come fosse una palestra”.