L'Annapurna e il suo campo base © Facebook Mingma GRimane drammatica la situazionea all'Annapurna dove non si hanno notizie di Rima Sherpa e Ngima Tashi Sherpa, i due alpinisti nepalesi rimasti coinvolti dalla valanga che ha colpito la zona tra il campo 3 e il campo 2 lo scorso 7 aprile. Le ricerche con elicottero effettuate nella giornata di martedì 8 aprile non hanno purtroppo dato alcun esito.
La maggior parte degli alpinisti impegnati sulla montagna sta facendo ritorno al campo base, alcuni a piedi, altri evacuati direttamente da campo 3 in elicottero: almeno sei persone sono state elitrasportate a valle. L'assenza di corde fisse nella zona interessata dalla valanga e la via da “rimettere in ordine” stanno spingendo molti alpinisti a propendere per un passaggio volante verso valle, piuttosto che per un rientro con le proprie gambe. Tra questi, in pochi si troverebbero nelle condizioni fisiche e psicofisiche per necessitare di un soccorso in elicottero.
Una scelta, quella di avvalersi di questo mezzo, che solleva non poche polemiche: alcuni voli sono giustificati da emergenze mediche, ma in altri casi sembrerebbero essere stati utilizzati per evitare i tratti più pericolosi della discesa.
La domanda che si pongono in molti è: che senso ha salire una montagna se poi si scende in elicottero? Che valore ha una vetta raggiunta, se non si affronta anche il ritorno, che è parte integrante - e spesso la più pericolosa - della scalata?
L’alpinismo è, per sua natura, confronto con il limite, esposizione al rischio, capacità di decisione in autonomia. L’arrivo in cima è solo la metà del viaggio. E allora, se per rientrare ci si affida a un mezzo esterno, che taglia via la parte più critica, che tipo di esperienza resta? L’uso dell’elicottero come "scorciatoia" trasforma una spedizione in alta quota in un'esperienza a metà, dove il rischio è sterilizzato, il sacrificio dimezzato, il senso dell’avventura snaturato. Certo, la sicurezza viene prima di tutto, e non si vuole giudicare chi, stremato, preferisce evitare di giocarsi la vita. Ma il confine tra salvataggio e comodità, tra necessità e convenienza, si fa sempre più sottile… almeno in questo caso.
E intanto, in questa stagione sull’Annapurna, mentre alcuni vengono sollevati a valle dalle pale dell’elicottero, scalatori esperti come Mingma G decidono di non guidare più spedizioni sulla montagna. Una scelta dettata dalle condizioni imprevedibili che rendono l'Annapurna troppo rischioso. Questa decisione sottolinea la necessità di una valutazione attenta e realistica dei pericoli, e invita a riflettere sull'approccio etico alle scalate in alta quota, sul significato di rinuncia. L'alpinismo richiede non solo abilità tecniche e resistenza fisica, ma anche una profonda consapevolezza dei propri limiti e dei rischi intrinseci. Affrontare una montagna significa accettarne tutte le sfide, senza cercare scorciatoie che potrebbero compromettere l'integrità dell'esperienza.