Anna Torretta in una foto ripresa dal suo sito web.“Arrampicare negli anni ’30, con l’attrezzatura del tempo, era andare come slegati”. Parola di Anna Torretta, guida alpina di Courmayeur, che vive e lavora fra le montagne dove più lasciò il segno la fortissima cordata formata (in parete e nella vita) da Ninì Pietrasanta e Gabriele Boccalatte. Non c’erano ancora le corde in nylon bensì i pesanti canaponi che si ghiacciavano facilmente, non c’erano i tessuti tecnici impermeabili, giusto i ramponi a 12 punte si erano già diffusi, ideati e prodotti proprio a Courmayeur da Laurent Grivel, a partire dal modello a 10 punte sviluppato da Oscar Eckenstein con suo fratello Henry, nel 1912. Niente viti da ghiaccio, che sarebbero arrivate solo negli anni ’50, e niente imbrago: le discese in doppia erano molto spettacolari, con quella corda fatta passare dietro la spalla come unica sicurezza per l’alpinista.
C’è una foto, nel libro Pellegrina delle Alpi di Ninì Pietrasanta, che mostra proprio uno di quei momenti. Appartengono agli inizi della breve ma folgorante carriera alpinistica di Ninì, che in quest’opera sceglie di concentrarsi sulle sue prime esperienze, vissute ormai già adulta, sebbene ancora giovanissima. “I miei ricordi risalgono a quando da bambina facevo le passeggiate coi miei genitori in Val di Susa – dice Anna Torretta – fu una conquista avere il permesso di arrivare fino al Monte Thabor, ben 5 ore di cammino, ma non sentivo la fatica, puntavo dritta alla cima. Abbiamo anche fatto qualche ghiacciaio insieme, d’estate, con una guida alpina. Le cose più impegnative ho iniziato a farle con il gruppo giovanile del CAI di Torino”. Anche per Ninì fu così, con il CAI Milano.
Le emozioni più forti sono arrivate con le cascate di ghiaccio: “Mi piaceva l’idea di scalare, perché mi impegnava psicologicamente, al contrario per esempio dello scialpinismo che ho iniziato ad apprezzare molto dopo. Ero affascinata di scalare sul ghiaccio, perché questo può accadere solo d’inverno, quando l’acqua gela, eppure continua a scorrere sotto la cascata. E solo quando ci sei sopra ti puoi accorgere davvero di com’è fatta, notando le grotte, ammirando le stalattiti che pendono… D’estate svanisce tutto”.
Ninì andò in montagna grazie all’incoraggiamento di suo padre. Non erano molte a poterlo fare così liberamente, all’epoca. E oggi, com’è messo l’alpinismo femminile?
“La situazione è migliorata, sono sempre più le cordate femminili impegnate in cose difficili, non tante italiane, ma soprattutto francesi, slovene, svizzere; ma anche in Italia la situazione si evolverà”.
Perché siamo più “indietro”?
“Siamo in meno, innanzitutto, e poi credo che sia un fatto culturale: le donne si sono emancipate più lentamente qui. Per esempio, la Svizzera ha concesso il voto alle donne più tardi, eppure il presidente delle guide alpine svizzere è donna, anche le guide alpine di Zermatt hanno un presidente donna.
Ancora non esiste un’istruttrice di guide alpine donna, tuttavia: Anna Torretta ci aveva provato più volte, come racconta nel libro Whiteout scritto con la palombara Dorota Bankowska e l’alpinista Lola Delnevo (2020), senza però riuscirci, un punto dolente nella sua carriera. “In Italia no, in Austria sì. Fra poco ci sarà una selezione, che si tiene ogni due-tre anni, e potrebbe esserci una candidata donna”. Così forse anche in Italia cadrà l'ultimo baluardo maschile dell'alpinismo.
La copertina di “Pellegrina delle Alpi” (CAI Edizioni), disponibile in tutte le librerie e si CAI Store.