A cura di Claudio Inselvini, presidente CAAI Gruppo Centrale
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Prima del convegno vero e proprio il presidente generale Mauro Penasa ha fatto il punto sulle numerose iniziative che il CAAI sta perseguendo dopodiché, ha proceduto alla nomina per acclamazione dei soci onorari: Gianni Battimelli, Giuseppe Miotti, Andrea Zannini ed Erri De Luca.
Si è inteso impostare il convegno, partendo da qualche riflessione, seguita da una serie di temi cardine che i relatori sono stati chiamati a sviluppare in quanto fortemente qualificati per l’ambito di loro pertinenza. Le riflessioni iniziali si sono sviluppati su temi quali il patrimonio alpinistico, il proprietario di questo patrimonio, chi ha diritto di esprimersi sul come una linea venga modificata o meno dopo che il primo salitore non sia più in vita o non intenda esprimersi, cosa valorizza una linea in montagna, come trovare un compromesso che renda eventuali soccorsi più rapidi e sicuri (specie per i soccorritori), quale è il punto di vista dei professionisti, i giovani cosa si aspettano di trovare nel loro futuro alpinistico.
Le riflessioni ed i temi affrontati, fanno ben capire che non si tratta solo di un tema ‘alpinistico’ per addetti ai lavori, ma un ambito che apre alla più grande riflessione che affronta la dicotomia fra sperimentazione non mediata e quindi accettazione del rischio e desiderio sempre maggiore di volere un mondo ‘sicuro’ in ogni attività umana.
L’idea che ha mosso il convegno è quella non di giungere ad una conclusione, o ad una linea guida precisa, ma anzi di ‘confondere’ le idee, cercando di ascoltare punti di vista diversi e motivati, una sorta di tabula rasa, che potesse in seguito, ce lo auspichiamo, portare a confronti pubblici ed allargati in merito a temi specifici, un esempio: se si decide di rinnovare una via, una volta che, poniamo il caso, il primo salitore sia d’accordo alla rivisitazione, quali criteri si adottano, quali stili, con quali obiettivi; questo può valere per la semplice sostituzione di spit affaticati dal tempo, ma anche per linee a chiodi, che magari possano essere rivisitate per non cadere nell’abbandono.
Ecco quindi che finalmente allargando il confronto a situazioni meno ‘da bar’ si potrà, speriamo, giungere ad un’idea più condivisa su come il patrimonio alpinistico vada conservato e manutenuto. Chi si aspettava risposte precise è rimasto un po’ deluso, ma risulta chiaro che le risposte non possono che arrivare da un percorso più lungo, dove siano tenute in considerazione le esigenze di tutti.
In generale, dal confronto e dall’assemblea degli Accademici, è stata espressa e sostenuta una linea di azione che tenda più a conservare un momento avventuroso rispetto ad una sistematica riattrezzatura in stile sportivo come sta accadendo in altri territori alpini, quindi una conservazione del patrimonio rispettosa di uno stile tradizionale che prediliga una sicurezza fatta di esperienze graduali e consolidate rispetto ad una sicurezza basata sull’ attrezzatura delle vie con fix o simili.
I relatori che si sono alternati sul palco sono stati Matteo De Zaiacomo che ha portato l’esempio della Val di Mello, dove l’etica è imperante, ma anche è un luogo dove molte salite sono ancora attrezzate con protezioni vetuste e che perciò precludono agli scalatori attuali quell’esperienza di scalata in libera che invece era concessa ai primi ripetitori, Matteo Rivadossi, che ha ben espresso il sentire dei primi chiodatori della Val Salarno, nel gruppo dell’Adamello, i quali, tutti riuniti, hanno costruito un documento che auspica il mantenimento dell’attuale stile di apertura ed anche ipotizza una sostituzione etica degli attuali e vecchi spit presenti, Ivo Rabanser ed Heinz Grill, i quali, Ivo con un videomessaggio ed Heinz con la descrizione di alcuni interventi hanno espresso la convinzione che anche le vie meno note, tramite mirati e concordati interventi di riattrezzatura e modifica vengano ad essere terreno di scalata ed esperienza e non solo ‘roccia dimenticata’; molto valida la riflessione che la roccia non è infinita e che quindi una porzione dove esiste un via dimenticata è uno spreco di risorse. Ivo ed Heinz hanno anche portato a riflettere che la sparizione delle guide del CAI-TCI portano a far conoscere solo le salite riportate sulle guide di arrampicate scelte.
Altro ospite è stato l'Accademico e Guida Alpina Beppe Villa, il quale è stato morbido ma deciso nel criticare strutture fisse come quelle presenti al Dente del Gigante, ed ha sostenuto un punto di vista, anche come professionista, che si rivolge ad una frequentazione meno addomesticata. Beppe non trascurato tuttavia di lodare il lavoro di Michel Piola, che sta sostituendo i vecchi spit delle sue vie con nuova attrezzatura.
Tommaso Lamantia è stato invece colui che ha parlato della difficile missione del soccorritore, persona chiamata ad intervenire in situazioni complesse e rischiose, ha considerato che salite molto frequentate potrebbero essere attrezzate con soste a spit mentre altre più di ingaggio dovrebbero restare tali, concludendo con la considerazione molto apprezzata che la sicurezza dipende molto più dalla preparazione che dagli spit presenti in via. Lucia Bertazzi e Marco Cocito, aspiranti Accademici, hanno portato il punto di vista dei giovani, e se Marco è stato preciso nel dichiarare che gradirebbe un mondo ancora più ricco di avventura e non ingabbiato, Lucia ha portato l’attenzione sul rispetto, sulla necessità che in un mondo totalmente rivolto al consumismo, prima di intraprendere qualsiasi azione è necessario chiedersi se quell’azione è davvero necessaria.
Ha chiuso il convegno Luca Calvi, letterato, storico, amante della montagna e della cultura delle sue genti. Istrionico e coinvolgente ha ricordato fra l’altro che l’alpinismo è una disciplina che avvicina, che non tiene conto dei confini geopolitici, “in una cresta un alpinista non vede un confine ma un territorio di esperienza” e “ un passo in montagna, non è un confine ma un modo per collegare due valli”.
Agli interventi è seguito un vivace dibattito, dove non sono mancati reciproci ed affettuosi scambi di pungente diversità di opinione.