Novant’anni fa, fra il 4 e il 5 di agosto 1931, i triestini
Emilio Comici © Wikipedia e
Giulio Benedetti tracciarono
una straordinaria via sulla parete nord ovest del Civetta. Un itinerario grandioso ed estremo, che segnò una tappa fondamentale nella crescita alpinistica di Comici. Soprattutto, però, fu il segno tangibile della raggiunta maturità dell’alpinismo italiano che, finalmente, riuscì a eguagliare,
se non addirittura a superare, quello dei rivali di lingua e cultura germanica. Ciò avveniva proprio su quella “Parete delle pareti” dove, nel 1925, Emil Solleder e Gustav Lettenbauer avevano inaugurato la saga del VI grado e dove, stando a quanto riportato da Gian Piero Motti nella sua
Storia dell’alpinismo, in quegli anni qualcuno si era premurato di apporre un cartello con la scritta “Non è pane per gli italiani”.
Emilio Comici © Wikipedia
Una gara di orgoglio nazionalistico
Per capire l’importanza storica dell’impresa di Comici e Benedetti,
bisogna calarsi nel clima di esasperata rivalità, nato fra le trincee della Prima guerra mondiale e poi proseguito nel confronto di coraggio e abilità fra gli alpinisti italiani e quelli tedeschi e austriaci, proprio
fra le rocce di quelle Dolomiti che erano state il tragico teatro degli scontri bellici e
l’oggetto del contendere di rivendicazioni territoriali e mire espansionistiche. Negli anni ’20 e ’30 le armi da fuoco tacevano, ma quelle dell’orgoglio nazionalistico, spesso e volentieri montato ad arte dalla propaganda di regime, si scambiavano potenti bordate fra un versante e l’altro delle Alpi…
Forse meno logica della “Solleder”, ma più difficile
Sotto l’aspetto squisitamente alpinistico, l’itinerario aperto dai triestini nel 1931 segue una direttrice meno logica e diretta della vicina
Solleder-Lettenbauer. Probabilmente, è per questo che la
Comici-Benedetti non è oggi altrettanto celebre e ripetuta e non è passata alla storia come una delle grandi vie classiche delle Dolomiti, quelle che ogni buon alpinista “deve” avere nel proprio curriculum.
Le difficoltà che la via italiana affronta, però, sono sicuramente superiori: i lunghi tratti in arrampicata libera estrema e i rari ma impegnativi passaggi in artificiale – il tutto per ben 1500 metri di scalata, con roccia spesso friabile e protezioni precarie – dimostrano come Comici e il suo compagno avessero ormai raggiunto una perfetta padronanza tanto del gesto atletico quanto nella competenza tecnica nell’utilizzo di corde e chiodi.
Il tracciato nella parete nord ovest del Civetta © Fonte: www.ramellasergio.itTestoVIE_FUTURECIVETTAtracciati_vie_civetta.html
Un grande maestro
Con questo capolavoro Comici, che era stato il capocordata e il leader della salita,
si impose come il “vate” italiano del VI grado e la sua carriera divenne un susseguirsi di imprese straordinarie. La via sulla parete nord della Cima Grande di Lavaredo, aperta con i fratelli Dimai, lo Spigolo Giallo alla Cima Piccola, salito con Mary Varale e Renato Zanutti, o il Salame del Sassolungo, in cordata con Severino Casara, sono solo alcune delle sue grandi scalate “al limite delle possibilità umane”, queste sì divenute delle classiche ancora oggi frequentatissime.
Inoltre, con il suo esempio e il suo insegnamento diretto,
Comici ispirò e tenne a battesimo alcuni dei più grandi talenti di una nuova generazione di sestogradisti italiani. Nel 1933 fu proprio la visita del triestino fra le guglie della Grignetta, infatti, a dare il là all’inarrestabile cavalcata di Riccardo Cassin e degli altri scalatori lecchesi che, negli anni ’30 del secolo scorso,
si confermarono come i risolutori di molti degli “ultimi problemi” delle Alpi.