Climbing for Climate 5: sui ghiacciai del gruppo dell'Adamello

L’obiettivo è aggiornare al 2023 il monitoraggio dell’avanzamento della fusione e lanciare un appello ai cittadini e alle Istituzioni per potenziare il contrasto alla crisi climatica, alla crisi ecologica e alla perdita di biodiversità


 

I partecipanti alla quinta edizione di Climbing for Climate. Sulla destra e in prima fila il presidente del Cai Brescia Angelo Maggiori


Domenica 30 e lunedì 31 luglio 2023, Università degli Studi di Brescia e gli atenei della Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile (RUS), insieme alla sezione bresciana del Club alpino italiano  Legambiente, Comitato Glaciologico Italiano e Club Alpino Italiano (che patrocina l'iniziativa) sono tornati sui ghiacciai del gruppo dell’Adamello a quattro anni dalla prima edizione dell’evento. Con la quinta edizione del Climbing for Climate, l’obiettivo è aggiornare al 2023 il monitoraggio dell’avanzamento della fusione e lanciare un appello ai cittadini e alle Istituzioni per potenziare il contrasto alla crisi climatica, alla crisi ecologica e alla perdita di biodiversità, con particolare riferimento agli ambienti alpini e montani. Insieme ad accademici, ricercatori e studenti, hanno partecipato anche Patrizia Lombardi, presidente della rete delle Università Sostenibili, i docenti dell’università di Brescia Roberto Ranzi e Carmine Trecroci, insieme ad Angelo Maggiori, presidente del Cai di Brescia.
 
La situazione  
Si prevede, in base ai modelli matematici sviluppati dai ricercatori, a rilievi glaciologici e alle proiezioni dei modelli climatici globali, che il Ghiacciaio dell’Adamello, il più grande ghiacciaio italiano, scomparirà̀ del tutto entro la fine del secolo e per buona parte entro i prossimi due decenni, per effetto del riscaldamento globale.  La superficie del ghiacciaio, che nell’agosto 2007 misurava 15.7 km2, nell’agosto 2022 si è ridotta a 13.1 km2, con un ritiro dell’11% ogni dieci anni. Ormai il ghiacciaio dell’Adamello non è più un’unica massa di ghiaccio.
 
Acqua nuova

La fronte del ghiacciaio arretra inesorabilmente, avendo formato un nuovo lago che potrebbe venire denominato “Lago Nuovissimo”, visto che all’inizio del secolo scorso già si era formato alcune centinaia di metri più a valle il Lago Nuovo. Infatti, si può misurare una perdita media di spessore più che doppia rispetto alla media calcolata dal 1995 al 2009: quando si sono fusi ventiquattro metri di spessore con una perdita media netta di equivalente in acqua di 1440 mm all’anno.
 
Più caldo
Le temperature dell’aria presso la diga di Pantano d’Avio, ai piedi del Monte Adamello sul versante lombardo, sono aumentate di circa 0.4°C ogni dieci anni, con effetti molto gravi anche sul permafrost, la cui fusione rende instabili le pareti rocciose e aumenta il pericolo per gli alpinisti. Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), le temperature in questa regione delle Alpi sono già aumentate di due gradi, toccheranno i tre gradi centigradi entro il 2050 e tra tre e sei gradi alla fine del secolo, determinando così la scomparsa del Ghiacciaio dell’Adamello. Se non verranno messe in atto misure drastiche di decarbonizzazione, la perdita di massa potrebbe subire un’accelerazione anche per effetto del continuo annerimento, visibile sulla superficie del Ghiacciaio prodotta dal deposito delle polveri trasportate dal vento e dallo sviluppo di sostanze organiche che aumentano la predisposizione ad assorbire la radiazione solare e a fondersi.
 
Misure da mettere in campo
Cosa possiamo fare per rallentare la fusione del Ghiacciaio e scongiurare la catastrofe climatica? gli organizzaotri di Climbing for Climate rivolgono alle istituzioni regionali e nazionali l’appello a adoperarsi affinché il patrimonio territoriale venga preservato e arricchito, attraverso la protezione e il riequilibrio delle sue dotazioni finite e dei flussi di risorse rinnovabili. Dalla preservazione del patrimonio territoriale ai meccanismi di pricing delle emissioni, in grado di ridurre drasticamente l’impronta ecologica in tutti i settori-chiave, passando per le misure incentivanti concrete e gli strumenti finanziari innovativi.
Infine, è importante rivedere il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), allineando i suoi obiettivi almeno con quelli di “Fit for 55” dell’UE e con l’azzeramento delle emissioni nette al 2050. Senza dimenticare la profonda revisione dei sussidi ambientalmente dannosi riducendo drasticamente i sussidi diretti e indiretti alle fonti energetiche fossili. Infine è importante mobilitare investimenti, sostenere cultura, ricerca, tecnologia e innovazione per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio locale.