Riprendiamo l'articolo di Alessandro Gogna, pubblicato su Montagne360 di febbraio 2022
A Natale 2021, la pubblicazione di
Cervino, la montagna leggendaria di Hervé Barmasse ha chiuso definitivamente un cerchio che era aperto da lungo tempo. Alla conquista del 1865 aveva fatto seguito una letteratura straripante, una vera e propria valanga di articoli e libri (e perfino di film) dovuta all’interesse morboso che circondò la grande tragedia occorsa in discesa alla cordata di Whymper, nonché alla competizione tra questi e Jean-Antoine Carrel: ma su ciò che avvenne nei decenni successivi abbiamo assistito a un vero e proprio silenzio storico.
Gli alpinisti scalavano anche sul Cervino,
facevano vie nuove o altro genere di imprese: ma nessuno di loro, neppure Albert F. Mummery, Guido Rey o Bepi Mazzotti andarono mai oltre il resoconto della propria avventura. Si dovette attendere il 1963 perché qualcuno ponesse in una sola poderosa pubblicazione tutte le imprese fino ad allora compiute sulla montagna-simbolo per eccellenza: parlo di Alfonso Bernardi con il suo
Il gran Cervino, che a suo tempo ebbe grande successo. Va notato che anche Bernardi si astenne dal “fare storia”, limitandosi a riportare brani antologici dei vari autori, da lui introdotti con accurate biografie. Meglio che niente, ma ben lungi da poterlo definire un lavoro di storia. Molto più schematico ed essenziale, Mario Fantin, in occasione del centenario della conquista, pubblicò
Cervino 1865-1965: il suo fu un gran lavoro, ma lo possiamo definire un meticoloso elenco di imprese documentato da belle fotografie in bianco e nero. Nella sua
Storia dell’Alpinismo, Gian Piero Motti nel 1977 non trattò il Cervino come montagna a parte, ed era giusto così: però per la prima volta vennero dati giudizi, furono confrontate imprese e inserite nel flusso dell’intera storia dell’alpinismo. Insomma, il primo che trattò la Gran Becca come soggetto di storia a se stante fu solo Paul Borer (
Matterhorn: Faszination, Herausforderung, Geschichte, 1999): ma nessuno ha mai tradotto questo libro in italiano.
La copertina del libro © Rizzoli
Chiudere il cerchio
Dunque è vero:
il cerchio si è chiuso solo nel 2021 e di questo
dobbiamo ringraziare l’attuale più profondo conoscitore di quella montagna. Barmasse non è solo interessato a regalarci le sue grandi imprese sulla piramide che fa da sfondo a casa sua: al contrario è genuinamente interessato alle complesse vicende storiche che si sono successe una dietro l’altra, sia dal punto di vista del racconto tecnico, sia per i più diversi aspetti umani che hanno caratterizzato i vari protagonisti. L’elenco dei quali è davvero lungo, con nomi che brillano nella storia della grande esplorazione alpina.
Per questo la lettura del
Cervino di Barmasse è così godibile ed emozionante:
per ogni grande exploit l’autore ha saputo tracciare il quadro storico precedente, raccontarne l’avventura e delineare aspetti anche pochissimo conosciuti dei protagonisti. Il racconto emotivo si dipana con le conquiste delle rimanenti creste, delle pareti, si va dalle invernali alle solitarie, dalle femminili ai concatenamenti, dalle discese con gli sci alle salite in velocità. Il tutto trattando se stesso alla pari di altri grandi, né più né meno, quando avrebbe potuto, come autore, debordare facilmente.
Grazie alle sue ricerche, alla grande rete delle sue amicizie e al rispetto che gli è dovuto,
Barmasse ha saputo scovare curiosità inedite che probabilmente sarebbero andate perse in via definitiva. Si è districato in alcuni misteri che circondavano alcune imprese (come quella di Franček Knez su
I tre moschettieri, o quella di William Penhall e le sue guide). Un vero atto d’amore per il Cervino e per gli uomini e le donne che vi hanno vissuto i loro sogni più grandi.
Info libro
334 pp
Rizzoli, 2021