Il 20 gennaio 2020 François Cazzanelli e Francesco Ratti attraversano il Cervino e le Grandes Murailles. La prova quasi himalayana dimostra che si può trovare l’avventura anche sopra i palazzoni di Cervinia, isolati e soli.
La cresta della Valtournenche
Tutti conoscono le quattro creste del Cervino ma il profilo che ruba il cielo alla Valtournenche continua con la Dent d’Hérens e le Grandes e Petites Murailles, chilometriche, delicate, di roccia friabile e incrostata di ghiaccio. La prima traversata delle Murailles è delle guide Luigi Carrel “Carrellino” e Marcello Carrel con Alfredo Perino il 2-3-4 agosto 1940. Due bivacchi al Colle delle Grandes Murailles e al Col Budden, e niente Cervino. Poi arrivano Ferdinando Gaspard e Bruno Bich con la cliente Carla Durando, che tra il 7 e l’8 agosto 1947 attraversano il Cervino e l’intera cresta. Impresa straordinaria in tempo da record. Quasi 40 anni dopo, nel dicembre del 1985, Valter Cazzanelli (il padre di François) e Marco Barmasse (il padre di Hervé) firmano la prima invernale delle Murailles. Il 16 agosto 2018 i velocisti François Cazzanelli e Kilian Jornet Burgada le attraversano in giornata: andata e ritorno da/a Cervinia in 10 ore e 59 minuti.
La cresta, d’inverno
Negli anni Cinquanta gli uomini del Cervino l’avevano già fatto con stile lento e pesante, per prepararsi alle spedizioni extraeuropee di Guido Monzino. Il mecenate milanese, testando la squadra nel 1956, aveva affrontato con stile quasi himalayano le Murailles e il Cervino commentando enfaticamente: “Lo scopo era percorrere cresta per cresta, nel ricordo degli esploratori di ogni paese, questa lunga catena delle nostre magnifiche Alpi”. Mezzo secolo dopo è cambiato tutto: cultura, tecnica e preparazione atletica. Gli alpinisti sono diventati campioni, gli inverni si sono fatti più miti, delle rocce si conosce ogni metro ma manca ancora la traversata invernale integrale dal Teodulo allo Chateau des Dames, passando per il Cervino e la Dent d’Hérens. Ci provano dal 14 al 17 febbraio 2019 François Cazzanelli e Francesco Ratti, i due Francesco, partendo il 14 dal rifugio del Teodulo, scavalcando la Furggen e il Cervino e raggiungendo la capanna Carrel. Giornata perfetta. Il secondo giorno scalano con crescenti difficoltà le punte della Dent d’Hérens. “Sulla Punta Bianca le condizioni erano pessime – scrive Cazzanelli –, la neve ci arrivava alla vita; sul pendio per uscire al colle delle Grandes Murailles 50 metri di ghiaccio, credetemi, ci hanno fatto vedere le stelle». Il terzo giorno abbiamo scalato le Punte Margherita, Cors e Lioy, ma proseguendo per i Jumeaux abbiamo dovuto desistere per le condizioni proibitive”. Scendono e riprovano l’anno seguente, il 20 gennaio 2020, poco prima che il Covid imprigioni il mondo. Tre giorni dopo – nonostante il vento – rientrano a Cervinia con la grande traversata in tasca. Stanchissimi e contentissimi.
È una delle direzioni dell’alpinismo di punta contemporaneo: velocità, leggerezza e grandi dislivelli abbinati alla rigidità (e quindi alla stabilità) della stagione invernale. Non è più esplorazione, perché sulle Alpi c’è ormai ben poco da esplorare, ma l’aspetto atletico è rilevante e la padronanza con il terreno d’alta quota fondamentale. Ciò che un tempo richiedeva settimane, alzando di molto il rischio e costringendo gli alpinisti a gelide permanenze in cresta o in parete, oggi si affronta con margini di sicurezza decisamente superiori. Dove la vita è precaria, prima si scende meglio è.