Campanile Felice Spallini: un pilastro per l'amico scomparso

Andrea e Antonio Zanetti hanno aperto Viva la vida (230 m, 6b) su una guglia inviolata di fronte al rifugio Croz dell'Altissimo, battezzando la vetta con il nome del caro scomparso
Foto di vetta © A. Zanetti

Ci sono guglie che sono sotto gli occhi di tutti e che per qualche motivo non vengono sfruttate. Magari perché lì vicino ci sono pareti più nobili o invitanti e allora finiscono in secondo piano. Capita però che quel pezzo di roccia sia proprio di fronte a un rifugio che ricorda una persona cara, e allora l'occasione è buona per ricordare un amico nel modo più naturale che gli alpinisti possano avere nelle proprie corde. 

Andrea e Antonio Zanetti (non sono parenti, solo amici e compagni di cordata) hanno aperto su una guglia inviolata - di fronte al Croz dell'Altissimo- la via Viva la vida (230 metri, 6b+), dedicando poi il pilastro all'amico scomparso Felice Spellini. Da questa fine estate perciò, nel sottogruppo del Castello dei Massodi, tra le Dolomiti di Brenta, c'è un Campanile Felice Spellini, che guarda il rifugio doveva ancora la sua famiglia lavora oggi. «L'idea era quella di trovare una meta facile e infatti ci si arriva con un po' di bici elettrica e mezz'ora di camminata - racconta Andrea. Quel pilastro però  si trova anche di fronte al rifugio dal quale Felice scrutava sempre queste pareti. Mi ricordo che stava lì a guardare e quando andavo a scalare o chiodare c'era sempre il suo occhi vigile sulla montagna. Per cui è venuto davvero naturale dedicargli non la via, ma il campanile stesso. La via poi si chiama Viva la vida, proprio perché è un invito a prendere il nostro quotidiano con leggerezza. Mi ricordo l'ultima volta che l'ho visto. Gli ho chiesto come andava e lui mi ha risposto con semplicità: sem chi, vedem per quant. C'è una bella lezione in una frase così: non possediamo il nostro tempo ed è meglio farne buon uso».

In apertura © A. Zanetti


Il campanile non era mai stato scalato, anche perché a destra risente del Castellaccio dei Massodi, che presenta roccia complessivamente più bella e offre una scalata più continua, a sinistra c'è il Torrione Bargossi, che ha uno sviluppo almeno doppio. «La roccia comunque è bella, complessivamente, perché abbiamo speso tanto tempo a pulire, più che a scalare sicuramente. L'idea era che, siccome si tratta di una via a spit, doveva essere tutta in linea con quello che abbiamo fatto. Chi va a ripeterla deve trovare un ingaggio misurato alla spittatura. Ci sono le soste, l'anello di calata. I fix comunque non sono da falesia, corrono anche 3-4 o 5 metri tra uno e l'altro».

Lo schizzo della via © A. Zanetti


La via risulta interessante, magari per chi va al Castellaccio, trova brutto tempo ma non vuole buttare la giornata. È vicina, tra due rifugi, offre un'arrampicata divertente. Ed è anche un bel modo per ricordare Felice, nel 50esimo della sua via al Croz dell'Altissimo. Era infatti l'inizio di luglio del 1974, quando in compagnia di Valentino Chini, Marco Pilati e Dario Bonetti, Spellini salì per la parete sud-sud-ovest della cima nord-ovest del Croz dell’Altissimo, aprendo la via del rifugio (V+, A2). L'itinerario è una variante della Detassis-Giordani e supera direttamente il tratto di parete più verticale, sfruttando una serie di fessure.