Giacomo Meliffi e Camilla Reggio © Camilla ReggioDa vera globetrotter, Camilla Reggio è andata a fare il visto per il Giappone già il giorno dopo il rientro in Italia dalla Patagonia. Partirà per un anno di studi in Sol Levante il 24 marzo, giusto il tempo di cambiare le valige dopo l'esperienza conclusiva del suo percorso con il CAI Eagle Team. La spedizione all'altro capo del mondo è stata simile un po' a una jineteada - una sorta di rodeo argentino- per Camilla e Giacomo Meliffi, che hanno aperto una variante proprio con questo nome alla via Rubio y azul sulla Aguja di Media Luna. "Mentre eravamo sulla via ci siamo sentiti un po' dentro un turbinio di emozioni e difficoltà dove il gioco era riuscire a rimanere in sella a questo cavallo imbizzarrito, il nome viene da lì".
Camilla, gli obiettivi sono cambiati in corso d'opera?
Sì. Siamo arrivati il 31 gennaio, il 3 febbraio con Dario siamo andati all'Aguja Guillament per fare il couloir Amy. Le condizioni non erano un gran che, quindi abbiamo scelto questa via di misto sulla sud-est. Siamo dovuti tornare indietro perché il meteo è peggiorato, la scelta giusta era quella di rinunciare. Nei giorni successivi mi è venuta qualche bolla ai piedi, poi ho preso una distorsione.
El Mocho © C. ReggioTrascorso qualche giorno, hai tentato un nuovo obiettivo.
Con Alessandra [Prato, ndr] e Max Faletti abbiamo provato a sfruttare la finestra di bel tempo che gli altri hanno usato per il Piergiorgio e siamo andati a scalare su El Mocho. Ma la via era in condizioni molto invernali, intasata di neve e di ghiaccio e non siamo arrivati in cima nemmeno in quell'occasione.
Le cose sembravano non mettersi troppo bene.
In realtà non per forza bisogna arrivare in cima, l'esperienza è stata comunque incredibile, anche solo per la bellezza dei luoghi che abbiamo visitato. Comunque, la sera del 26 Alessandra, Max e Marco sono stati male e così il 27 ho fatto squadra con Jack [Meliffi, ndr], che aveva visto una bella linea sulla Aguja Media Luna. Abbiamo aperto una variante alla via Rubio y azul per una fessura su una faccia vergine. Sono circa 200 metri di fessure, anche quasi strapiombanti, difficoltà fino a 7a che abbiamo scalato in trad. Anche le soste erano rimovibili, abbiamo lasciato pulito. Sono circa 6 tiri ancora da liberare, si ricongiunge alla linea principale sulla prima spalla.
Cosa ti ha colpito di più della Patagonia?
È bello tutto, mi è piaciuto soprattutto che non mi sono concentrata solo su una valle, ma ho visto un po' tutto. Tutto l'insieme è incredibile: il Fitz Roy, la valle del Cerro Piergiorgio, le grandi seraccate sul Marconi. Mi sono sentita molto piccola. E poi il vento: dopo un mese che soffiava tutti i giorni, qua a Milano tutto sembra estremamente calmo.
Stai per partire di nuovo, ti mancheranno i tuoi soci?
La cosa bella è proprio che abbiamo legato tanto insieme. Abbiamo avuto alti e bassi e ci siamo supportati tanto con Jack, non sono mai stata troppo in forma e il supporto dei ragazzi è servito parecchio. Sono contenta delle scelte fatte, ma sicuramente mi mancherà l'Italia.
In fessura durante l'apertura della variante alla Rubio y azul © C. Reggio