Camilla Reggio sul Monte Bianco © archivio CAICamilla Reggio è già pronta per la spedizione in Patagonia del CAI Eagle Team, che dal 30 gennaio porterà lei, Alessandra Prato, Luca Ducoli, Dario Eynard, Giacomo Meliffi e Marco Cordin a scalare su alcune delle cime più ambite dagli alpinisti di tutto il mondo. Camilla ha iniziato ad arrampicare intorno ai vent'anni - relativamente tardi per gli standard moderni - ma ha davvero bruciato le tappe, se pensiamo che tra poco più di un mese arrampicherà con due alpinisti di fama internazionale come Matteo Della Bordella e Luca Schiera, su montagne tra le più severe del pianeta. “Sono carica a mille, non vedo l'ora di partire. Certo, sono un po' intimorita dalla destinazione, dai possibili obiettivi e dal fatto di arrampicare con due alpinisti che sono quasi dei ‘local’ laggiù, ma nella giusta misura e con le giuste cautele con cui ci si approccia a qualcosa del genere, ma allo stesso tempo con tanta voglia di fare, di impegnarmi, di mettermi alla prova”.
Cosa sai della Patagonia?
Non sono mai stata da quelle parti, mai in Sudamerica, ma ovviamente ho letto e sto leggendo molto del Cerro Torre, di quelle avventure incredibili. Come la spedizione di Casimiro Ferrari e dei Ragni di Lecco, o di quando David Lama lo ha salito in libera. Immagino montagne bellissime di granito perfette, super alte, che si possono ammirare già da El Chalten.
Avete preparato in qualche modo la spedizione?
A livello formativo siamo andati a Cadarese, in Valle dell'Orco, a me piace molto scalare sul granito. Con Alessandra [Prato, ndr] quest'anno siamo anche andate in Kirghizistan. Al di là della bellezza del viaggio, è stata molto utile come esperienza, abbiamo anche aperto una nuova via. Adesso sto facendo una preparazione generica, perché lì servirà un po' di tutto. Quindi scalo, anche se non riesco ad andare a fare grandi vie in questo periodo, e poi curo la parte aerobica.
In arrampicata in Kirghizistan © A. Prato, C. ReggioCome hai vissuto la chiamata a far parte del CAI Eagle Team?
All'inizio, quando ho scoperto di essere stata presa ero stra-felice, come lo sono stata quando mi hanno detto che saremmo andati in Patagonia. E infatti anche per questa avventura sono partita a mille. Partecipare a questo progetto mi è piaciuto moltissimo, mi ha dato una grande spinta motivazionale. Nelle nostre settimane ho imparato molto. Per esempio nell'arrampicata in artificiale, di cui avevo poca conoscenza e poi anche sul ghiaccio, dove sono cresciuta molto. Abbiamo imparato non solo la tecnica, ma i nostri tutor ci hanno insegnato anche un modo nuovo di approcciarci all'alpinismo. Per esempio sulle aperture: mi era già capitato di aprire una via dal basso, ma capire come farlo in maniera davvero etica è stato possibile grazie agli insegnamenti ricevuti.
Camilla in apertura © archivio CAICosa farai una volta terminata l'esperienza con il CAI Eagle Team? Hai già programmi?
Sì, ho programmi, partirò per il Giappone. Ho vinto una borsa post dottorato, io studio ingegneria biomedica. Andrò a Kanazawa, che con le debite differenze è un po' come stare a Torino, perché hai il mare vicino ma in un'ora sei in montagna. Vado per conoscere una cultura diversa, ma allo stesso tempo anche per scalare e ovviamente mi sono già informata su cosa si può fare lì!