CAI Edizioni con Daniele Zovi: un dialogo profondo tra uomo e natura

Il volume, illustrato da Giuliano Dall'Oglio, apre la collana "Il Rifugio delle Idee", che mette in dialogo la stampa sociale con l'editoria libraria del Sodalizio.
Un'illustrazione di Giuliano Dall'Oglio tratta dal libro.

Leggere un libro di Daniele Zovi significa accorgersi di quanto sia ricco il mondo naturale che ci circonda e così diventare più ricchi anche noi. Si parla spesso del valore delle piccole cose: ma poi davvero cosa vuol dire? Andando in un bosco, che è il regno dell’indagine prima professionale e poi letteraria di Zovi, vuol dire per esempio sapere se davanti a noi si staglia un abete, un pino o un larice, notare le macchie rosse e gialle di licheni su un masso, perdere qualche minuto a intuire quale animale si celi nel cavo di un’impronta sulla neve. Molto si può imparare semplicemente passeggiando in mezzo alla natura e a questo sono dedicati tutti i suoi libri, come l’ultimo, Voci dal bosco. Incontri silenziosi con piante e alberi (pp. 96, 12 euro), con le illustrazioni di Giuliano Dall’Oglio, la prima novità del 2025 di CAI Edizioni

Il volume inaugura la collana “Il Rifugio delle idee”, ponte di collegamento fra l’editoria CAI e la stampa sociale, ed è disponibile in tutte le librerie anche online, e su CAI Store.

Daniele Zovi, foto dell'autore.

Daniele Zovi, avresti immaginato il tuo successo editoriale?

Sinceramente no. Quando ho iniziato a scrivere Alberi sapienti, nel 2018, che è tuttora il mio libro più riuscito, pensavo solo a raccogliere la mia esperienza di Forestale. Poi ho capito che alle persone piaceva molto sapere cose per me scontate, ma che erano frutto della mia esperienza personale diretta, e che solo io potrei raccontare loro.

 

Per esempio?

La storia del limone che ho inserito nel libro, che parte dal Pakistan e arriva in tutto il mondo anche grazie a Cristoforo Colombo: l’uomo è il più grande impollinatore del mondo. Pochi, poi, sanno che tutte le mele del mondo hanno una sola origine, dal Libano. 

 

Incontri: la parola immediatamente fa pensare più a un animale, ci vuole proprio una rivoluzione dello sguardo per immaginarsi invece di “incontrare una pianta”…

Se la pensiamo così però camminare da soli non è più una seccatura, anzi, non ci si sente più soli, e ci si prende il tempo per gustarsi ogni piccolo particolare, per fermarsi, per avvicinarsi e guardare meglio. Rallentando si scopre la bellezza.

 

Si può essere amici di un albero?

Ogni forestale ha un albero segreto… anche io ho il mio, vado a trovarlo come si fa con un vecchio parente, di quelli che vedi poco, per sincerarti che stia bene e ascoltare quello che ha sempre da raccontarti.

 

Grazie alla dendrocrinologia, di cui parli alla fine, ogni albero ha davvero sempre qualcosa da raccontare…

Si tratta di una disciplina un po’ negletta, sebbene esista da un secolo, e poco praticata, perché prevede un’osservazione molto attenta. Si è riusciti in alcune aree a risalire indietro di 12.000 anni, ma significa trovare una serie di piante con cui costituire una specie di catena per andare sempre più indietro nel tempo. In Germania ci sono riusciti, in Italia si fa poco, ma si è fatto per datare la pianta più antica d’Italia che è il pino loricato del Pollino, e non altri. La conta degli anelli è il sistema più certo di datazione precisa di una pianta, arrivando all’esatto anno di nascita. La maggior parte delle piante antiche però è scavata all’interno e allora bisogna fare delle ipotesi, ma si tratta di una la stima approssimativa. Anche il metodo del carbonio 14 è limitato, ha un’approssimazione di 50-60 anni, anche 100. Non ci sono nemmeno troppe pubblicazioni sulla dendrocronologia, prima di scrivere questo capitolo ho letto un librone di una ricercatrice francese… Non sembra, ma ogni capitolo ha alle spalle un lungo lavoro di documentazione per poter arrivare al lettore con un linguaggio semplice.

 

Esistono davvero i bonsai in natura?

Sono io a chiamarli bonsai, però in effetti queste piantine si producono spontaneamente in natura con la stessa tecnica usata dai giapponesi artificialmente. Ovvero, vivono nei greti dei fiumi e dei torrenti, dove passano le greggi in primavera e in autunno mangiandosi le loro foglie: provvedere un substrato povero e ghiaioso e potare di continuo è ciò che serve per avere un bonsai.

 

Che ci troviamo in collina, in pianura, in montagna, troveremo sempre un albero ad accoglierci, almeno entro una certa quota: gli alberi uniscono l’Italia?

Un ulivo unisce l’Italia! Ne scrivo per il prossimo numero della Rivista del CAI: l’ulivo è l’albero italiano per eccellenza, perché il cambiamento climatico consente di coltivarlo sempre più in alto. Lo troviamo nell’epica omerica (è il legno con cui Ulisse ha costruito il suo talamo nuziale e sarà fondamentale perché Penelope lo riconosca, quando torna a Itaca) ed è ricco di simbologia anche politica. Fino al secolo scorso illuminava le nostre case, prima che lo usassimo come condimento. Insomma, vale la pena approfondire.

 

A proposito di simboli, qual è l’albero che più rappresenta l’epoca in cui viviamo?

Mi viene sempre in mente il larice, perché è un albero che resiste e che sa tornare, per questo ci assomiglia. Come sull’Altopiano di Asiago dopo esser stato distrutto dalla guerra: sono tornati gli uomini e son tornati gli alberi. Mario Rigoni Stern scrisse che da bambino vedeva gli abeti rossi crescere man mano che cresceva lui. Ed è proprio così: c’è un forte parallelismo tra la vita degli uomini e quella degli alberi, solo che spesso ce ne dimentichiamo.

La copertina del libro: l'illustrazione di Giuliano Dall'Oglio ritrae un larice secolare.