18.06.2024 - - - alpinismo arrampicata cultura storia
Valle dell'Orco/Caporal - Via Itaca nel sole - Marco Cordin © Giacomo MeliffiAndrea Gobetti nell’introduzione al volume Escursioni ed arrampicate scelte nel Canevese (Alessandro Gogna e Gian Pietro Motti, Tamari 1980) scrisse:
Tradurre in italiano Yosemite Valley è il problema che maggiormente ha attirato ed attira i giovani alpinisti piemontesi degli anni ’70. In francese la traduzione più esatta è stata il Gran Canyon del Verdon. Come si sa infatti dove le vie americane sono di più di un chilometro di granito in altezza, nel Verdon si gioca sui 300-400 metri di splendida roccia calcarea. E allora dove sta la somiglianza? Perché non è l’ambiente dolomitico a proporsi come corrispettivo al regno dei californiani e si cercano invece canyon, falesie, calanchi e gole per arrivare a un concetto nuovo di arrampicata? Due sono i fattori che essenzialmente distinguono l’alpinismo “alla californiana” da quello classico e che si adattano molto bene sia alle calanques di Marsiglia e sia, soprattutto, alle Gole del Verdon: la “non preoccupazione” per i mutamenti atmosferici e la “non ricerca” della vetta.
Valle dell'Orco/Caporal - Via Itaca nel sole - Marco Cordin © Giacomo MeliffiAl di là di questi determinati aspetti nella definizione di questo tipo di arrampicata appare il problema etico della “non alterazione” della via col vecchio sistema di chiodatura e schiodatura. La non preoccupazione per i mutamenti climatici porta a un’arrampicata meno angosciosa e più rilassante che permette lo studio in parete della via con i passaggi più estetici a tutto scapito del rapporto ore-metri, permette un equipaggiamento leggero e così l’uso delle flessibili pedule d’arrampicata e di un abbigliamento estivo piacevolmente ridotto, colorato e allegro, ideale per sentirsi “in pace con l’alpe”, permette di fermarsi sulle cenge a chiacchierare, prendere il sole, fumare una sigaretta.
La non ricerca di una vetta significa capire che non c’è nessun posto più bello degli alpi dove arrivare per scattarvi le foto ricordo e che il divertimento sta proprio nel viaggio, nella scalata, nell’istante lungo un giorno in cui si vive il mondo verticale. Significa non dover arrivare in un posto ostile da cui bisogna fuggire prima che freddo e vento e tenebre ci facciano star male; significa giungere invece in un luogo in cui si può passeggiare senza preoccupazioni, togliendo alla scalata quella spiacevole coda in cui normalmente è finita la gioia della scoperta di sempre nuovi passaggi ma non sono finite le difficoltà e i pericoli che occorre affrontare ormai scaricati psicologicamente.
Valle dell'Orco/Caporal - Via Itaca nel sole - Giacomo Meliffi © Marco CordinItaca nel Sole è una via d’arrampicata aperta da Gian Piero Motti e Guido Morello nel giugno del 1975 e che si snoda lungo la parete del Caporal, la struttura più famosa della Valle dell’Orco. Questa parete rappresentò il fulcro dell’evoluzione della scalata negli anni ’70 nell’Italia occidentale. Itaca nel sole e il Diedro Nanchez sono, ancora oggi, le vie simbolo di questa struttura.
Interessante è quanto scrive Maurizio Oviglia nella sua guida Valle dell’Orco (Versante Sud, 2010):
Via mitica e spettacolare, che presenta lunghezze celebri, come quelle della placca argentata e quella dello Specchio. I primi anni successivi all’apertura, era conosciuta come una via essenzialmente artificiale. Successivamente la sua seconda parte cadde nell’oblio mentre la prima metà, abbinata alla seconda della Via dei Tempi Moderni, divenne una grande classica, forse la più ripetuta della Valle dell’Orco (e tale lo è tuttora). I tentativi per liberare Itaca nel sole si alternarono negli anni.
Nel 1983 lo svizzero Michel Faquet liberò la placca argentata gradandola 6b+, ma proseguì poi in alto lungo la Via dei Tempi Moderni, liberando anche questa (6c+). La placca è oggi da tutti considerata un buon 6c e rimane uno dei tiri tecnici più belli della valle.
Nel 1984 Marco Pedrini tentò di liberare la lunghezza dello Specchio, un muro verticale inciso da sottili fessurine. Non ci riuscì per poco, ma un lungo tratto lo gradì 7b+.
Nel 2003 ci riprovano Marzio Nardi e Cristian Brenna e, dopo aver piazzato le protezioni, riuscirono finalmente a liberare l’intera via. Nardi liberò lo Specchio (8a) e Brenna il tiro seguente (8b) protetto da sottili chiodi. Inutile dire che in questo stile la via non è stata più ripresa, se non dal fuoriclasse Nicolas Favresse, nel 2008. La maggior parte degli arrampicatori continua a seguire Itaca nel sole per le prime tre lunghezze e poi spostarsi a sinistra sulla Via dei Tempi Moderni.
La via Itaca nel sole è stata ripetuta (non in libera) da Giacomo Meliffi e Marco Cordin durante la settimana di arrampicata che il gruppo CAI Eagle Team ha trascorso in Valle dell’Orco.