«I cento anni del Parco rappresentano un traguardo considerevole e importante per le aree protette italiane e per il territorio che avete in custodia. Il Club alpino italiano è a Voi vicino e ai territori, dove, ancor prima della nascita del Parco, i nostri soci e appassionati svolgevano attività e custodivano e custodiscono anch’essi quei luoghi».
Inizia così la lettera di auguri per il centenario del
Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, saluti e ringraziamento che il Delegato all'Ambiente e ai Parchi del Cai
Mario Vaccarella ha mandato, a nome suo e del Presidente generale
Antonio Montani, al Presidente dell'Ente Parco
Giovanni Cannata.
Sostenibilità ambientale, conservazione degli ecosistemi e turismo di qualità
Montani e Vaccarella si congratulano per la giornata celebrativa del secolo di vita dell'area protetta, in programma oggi al
Centro Natura di Pescasseroli, con la speranza che
«le azioni future, alla luce dell’attuale crisi climatica, siano incentrate, per quanto possibile, a migliorare i criteri di vera sostenibilità ambientale nelle attività svolte e negli interventi da progettare, anche da parte dei Comuni, per una conservazione degli ecosistemi e della biodiversità (nuovi principi costituzionali), in direzione di un turismo di qualità e conservazione dinamica di quei splendidi territori».
Rilanciare il legame Cai-Parco
Il testo evidenzia uno degli obiettivi del Club alpino italiano, che è quello di
«rafforzare il forte legame con il vostro Ente parco che sta alla base del protocollo sottoscritto anni addietro, strumento che va rilanciato quanto prima, con il pieno coinvolgimento delle nostre strutture Cai del territorio, sperando di poterVi incontrare al più presto».
La locandina della giornata celebrativa di Pescasseroli
La giornata celebrativa
L’
11 gennaio 1923 con il
Regio decreto legge n. 257 veniva istituito il Parco Nazionale d’Abruzzo, già “sorto” per iniziativa privata il 9 settembre 1922. Il convegno celebrativo di oggi intende ripercorrerne
storia, vicende e, soprattutto,
visione di futuro.
Sulla storia si incentrano i contributi del Presidente del Parco
Giovanni Cannata, del Presidente della Fondazione Sipari
Gaddo della Gherardesca e di
Liliana Zambotti che presenterà al pubblico il suo libro
Il Parco Nazionale d’Abruzzo dopo il periodo bellico, edito dall'ente.
Al Vicepresidente del Consiglio Regionale d’Abruzzo
Roberto Santangelo il compito di illustrare gli eventi che verranno svolti sul territorio grazie alla Legge della Regione Abruzzo dedicata proprio al Centenario del Parco.
Chiuderà i lavori di giornata il Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Senatore
Claudio Barbaro.
L'impegno per la tutela di orsi e lupi
Il Direttore editoriale e Responsabile delle attività culturali del Cai
Marco Albino Ferrari ha dedicato alla ricorrenza un lungo post sulla propria
pagina Facebook, evidenziando l'impegno per la tutela dell'orso marsicano e del lupo appenninico.
«Oggi, 11 gennaio, il Parco d’Abruzzo compie cento anni, e a Pescasseroli si tiene una giornata di studi e celebrazioni a vario livello. Venne istituito con lo scopo di creare un involucro protettivo intorno all’orso marsicano, all’epoca sull’orlo dell’estinzione. L’orsetto appenninico si è salvato, ma oggi non gode certo di buona salute. Quando la popolazione di una specie si riduce a poche decine, il patrimonio genetico viene definitivamente impoverito. Non importa se il numero dovesse aumentare: la diversità genetica rimarrà la stessa. E sarà come se ogni esemplare si accoppiasse sempre all’interno di un nucleo ristretto, pregiudicandone la salute.
Ma se c’è un anno davvero speciale nella storia del Parco d’Abruzzo questo è il 1974. Fu allora che tre ragazzi, vestiti con camicie a fiori e lunghi maglioni sotto l’eskimo grigioverde, diedero vita a una delle avventure di ricerca etologica più memorabili. I tre giovani scienziati, il romano Luigi Boitani, il tedesco Erik Zimen e lo statunitense David Mech, riuscirono a catturare un lupo e a infilargli un radiocollare. In Italia, mai era stato catturato un lupo per motivi di studio. La notizia dell’ingegnoso trappolamento (in particolare l’artefice fu Mech, che si era formato alla scuola dei trapper americani), fece il giro del mondo negli ambienti universitari.
Per mesi, i tre pedinarono un esemplare che non avrebbe mai dovuto uscire dal campo di ricezione radio (il Gps all’epoca non c’era). Si davano turni di otto ore seguendo in solitudine il vago bip-bip. Vagavano di giorno, di notte. Sotto la luna penetravano l’aurea primordiale delle foreste per inseguire senza essere visti la loro poco visibile preda.
Quella ricerca sul campo (anche sulla Maiella) durata anni e su diversi esemplari portò alle prime conoscenze dirette della specie che per antiche superstizioni non era mai stata studiata a dovere. Il “Canis lupus italicus” trovava uno sguardo consapevole che lo avrebbe riscattato dagli antichi tabù. E a riabilitarlo collaborò anche la campagna di comunicazione del WWF chiamata “San Francesco”. Da allora, favorito da leggi di tutela (quella sulla caccia del novembre 1976), favorito dallo spopolamento di ampie zone montuose e dall’immissione in natura di fauna selvatica a scopi venatori, il lupo trovò le condizioni per riconquistare l’antico areale perduto».