La cordata sulla grande placca a buchi © Alex D'EmiliaMirco Grasso e Nicolò Geremia hanno vinto la 19esima edizione del premio della Fondazione Silla Ghedina per la migliore via alpinistica aperta nel 2022 sulle Dolomiti. La giuria, oltre che da un componente della fondazione, è composta dai delegati dei gruppi alpinistici delle sezioni bellunesi del CAI. La cordata veneta è stata premiata per la salita di Barbari nel Tao (500 metri, IX+/X-, RS4), via aperta nel 2022 e liberata quest'anno sullo Spiz d'Agner.
Abbiamo sentito Mirco, che ha legato a questa via una parte importante della propria vita. «Nel 2019 con Nicolò abbiamo ripetuto Filtro Magico, una via che si sviluppa al fianco di quella che sarebbe poi diventata Barbari nel Tao. Avevamo notato questa incredibile placca: aveva una clamorosa linea di buchi che corre lungo tutta la parete. Avevo scattato un paio di foto con l'idea di tornare». La vita poi ha messo un po' i bastoni tra le ruote a Grasso e Geremia. «Prima c'è stato il Covid, poi Nicolò non era proprio al massimo e poi mi sono fatto male io. Un brutto infortunio, mi sono rotto tutti e due i piedi in un volo sul Sass de la Crusc, quando sono caduto sono venuti via sette chiodi. Il tallone di un piede mi fa ancora male, dopo due operazioni, ma dopo la seconda ho iniziato a sentirmi meglio e così l'anno scorso siamo riusciti finalmente a tornare».
Grasso e Geremia in libera su Barbari nel Tao © Alex D'EmiliaL'apertura è stata particolare nel metodo. «Volevamo capire se davvero era possibile passare nella parte alta, così abbiamo aperto prima la sezione dalla cengia mediana in su. Il materiale lo abbiamo portato salendo dalla via Che notte quella notte (VII+, R3, ndr), che aveva una buona verticalità per issare i sacconi. Una volta sulla nostra via, tutto è filato liscio nella parte alta, solo il terz'ultimo tiro ci ha impegnato a lungo, circa dieci ore. Sul chiave, che ha una difficoltà di 8a, abbiamo piantato 3 spit, gli unici della via, soste a parte. Forse il primo si poteva evitare, ma la roccia li è davvero particolare. Quando sono salito la prima volta avevo trovato un buchetto dove entrava solo un mignolo, poi grattando è diventato un bidito perfetto. Molti buchi su quella placca sembrano "smaltati", hanno questa patina superficiale di calcare che li chiude quasi, ma anche solo arrampicando si allargano parecchio».
Risolto il tiro chiave, il resto è stato più semplice. «Abbiamo aperto la parte bassa velocemente, e siamo riusciti ad arrivare alla cengia - senza intersecare altre vie- proprio sotto il diedro dove si congiungeva con la seconda parte».
Per la libera integrale la cordata ha dovuto aspettare l'estate 2023 e solo ora il progetto si può considerare davvero concluso. «Abbiamo sfruttato l'idea di fare un piccolo film documentario che riguarda tre nostre vie. La prima è Chiaroveggenza, in Marmolada, la seconda è Barbari nel Tao e la terza...siamo ancora al lavoro. Comunque abbiamo avuto il tempo di tornare su e ne abbiamo approfittato per liberarla».
Il tracciato della via. Il chiave è il 12esimo di 14 tiri © Mirco Grasso, Nicolò GeremiaMirco si ritiene fortunato. «Per lavoro faccio il consulente informatico: è un lavoro che si integra bene con la scalata: non mi stanca e mi lascia il tempo per arrampicare. E pensare che fino a una decina di anni fa non scalavo nemmeno». Grasso, originario della provincia di Venezia, giocava a basket, uno sport che ben si associava a un'altezza non proprio da climber (192 cm). «Ma ho sempre amato la montagna, tanto che me ne andavo da solo a fare ferrate. Cercavo l'avventura, ma non avevo alcuna cognizione di alpinismo. Cercavo sui siti "ferrata molto difficile" e andavo a provare, poi ho conosciuto l'arrampicata, mi sono gasato e ho lasciato il basket, ho avuto un vero e proprio colpo di fulmine».
Oggi Mirco, classe 1993, è accademico del Cai e può dire di avere trovato l'attività che meglio di ogni altra riesce a soddisfare questo suo grande desiderio di avventura.