Escursionisti sulle Apuane © Cai CarraraIl nuovo Piano Integrato del Parco Regionale delle Alpi Apuane, in via di adozione da parte della Regione Toscana, nonostante la riduzione della superficie generale delle aree contigue di cava rispetto al Piano precedente, non è riuscito a effettuare più coraggiose riduzioni delle aree estrattive. Inoltre, anche sul versante versiliese, viene imposto un importante ampliamento delle escavazioni in aree interessate da notevoli fenomeni carsici già oggetto di censimento.
Ad affermarlo, in una nota congiunta, sono Cai Toscana, Legambiente Toscana e Arci Toscana, che denunciano l’estrattivismo e la depredazione del territorio apuano, mentre «si perpetua un falso racconto dei media che non tiene conto delle gravi e note emergenze ambientali e sociali indotte dalle attuali modalità di escavazione».
La denuncia delle associazioni
Continua la nota delle associazioni: «Devastazione del paesaggio e di interi ecosistemi, rischio idraulico e rischio idrogeologico, vulnerabilità dell’acquifero dovuta alla cattiva gestione dei fanghi prodotti dalla lavorazione (la marmettola) che sono all’origine di gravi danni ambientali, alluvioni e inquinamento delle sorgenti. Recentemente anche il Ministero dell’Ambiente ha sollecitato la Regione Toscana e i comuni di Massa e di Carrara a prendere provvedimenti, ma niente è cambiato. Un tema che riguarda anche l’ambito lavorativo locale con la perdita occupazionale, i rischi sul lavoro, la compromissione del patrimonio e delle testimonianze storiche e archeologiche come conseguenze dell’emergenza relativa alle regole che disciplinano l’attività estrattiva e gli assetti proprietari delle cave».
L'offensiva da parte industriale per un’ulteriore espropriazione ai danni delle comunità locali (Carrara e Seravezza in particolare) è quanto denunciano, dunque, le diramazioni toscane di Legambiente, Arci e Cai. Un'offensiva che si fa strada «attraverso gli spazi consentiti dalla normativa regionale vigente e nell’inerzia delle Istituzioni, in modo particolare attraverso il Piano Regionale Cave che prevede un aumento dei contingenti escavabili nei prossimi vent’anni e delle percentuali di detriti ammissibili, nonché un ampliamento delle aree estrattive con un rilevante aumento dell'inquinamento e del traffico pesante e un’ulteriore penalizzazione della fruibilità della montagna».
«Il Cai ritiene fondamentale smascherare il falso racconto che viene fatto dai media per le Apuane. Il protagonista assoluto non è l’ottimo marmo del comprensorio per le costruzioni, né tanto meno per l’arte (meno dell’1%) ma l’eccessiva produzione di detriti, prevalentemente carbonato di calcio, oltre l’80% del totale estratto. Va ridotta sensibilmente la distruzione della montagna per fare polvere. Con questo obiettivo la voracità delle imprese punta anche a riaprire cave da tempo dismesse. Si chiede che sia invertita la programmazione futura», spiega Giancarlo Tellini, presidente del Cai Toscana. «La montagna diventa sempre più inaccessibile per una frequentazione naturalistica, fortemente preclusa dall’invadenza delle cave anche nei percorsi storici e di grande valore identitario per la popolazione locale. Ricordiamo che siamo ospiti nella natura ed è necessario che ogni attività che viene intrapresa avvenga con rispetto, mentre oggi si assiste ad un degrado sempre maggiore. Non più tollerabile».
In cammino sulle Apuane © Giovanni FatighentiUn futuro per le Alpi Apuane
Le tre associazioni hanno prodotto in documento, al quale hanno aderito anche Italia Nostra Sezione Toscana, Mountain Wilderness Italia e Comitato Comunità Civica della Cappella, intitolato “Un futuro per le Alpi Apuane”, con diverse proposte per una transizione dell’economia delle Alpi Apuane: dalla ridefinizione dei contingenti escavabili al superamento della generica definizione di “filiera locale”; dalla reale ed effettiva esclusione di ogni attività estrattiva nel Parco delle Alpi Apuane alla promozione e incentivazione di processi socio-economici virtuosi di insediamento di nuove attività rurali e produzioni locali di qualità, nuovi circuiti di economia civile e servizi al turismo sostenibile; dalla piena riaffermazione delle proprietà pubbliche e collettive esistenti al rifinanziamento e riattivazione dei controlli sulle cave da parte di Arpat e degli altri organi di polizia giudiziaria; nonché – ancora - modifica normativa sulla gestione dei detriti, di cui è imperativo ridurre la quantità prodotta, in vista della rimozione delle terre dai ravaneti per prevenire il rischio di nuove alluvioni.