Anna Sustersic: "Conoscere gli animali significa imparare a rispettarli"

A breve inaugureremo una serie di articoli dedicati alla fauna delle nostre montagne: "La coesistenza è fatta di accortezze. L'escursionista si ricordi che gli animali non vogliono incontrarci"
Anna Sustersic

La montagna non è solo un elemento del paesaggio o il nostro campo da gioco, piuttosto che di allenamento. È un luogo ricco di vita, che possiamo imparare innanzitutto a riconoscere nelle sue varie forme e conoscere nel suo modo di esprimersi. Prima di addentrarci in una serie di articoli dedicati ai singoli animali che popolano la montagna, abbiamo sentito Anna Sustersic - divulgatrice nell'ambito della sensibilizzazione ambientale- sul tema della coesistenza. L'obiettivo è regolare la nostra bussola sulle giuste coordinate quando si approccia il rapporto uomo-fauna.


Andare in montagna con la speranza di vedere qualche animale è umano. Quali sono però le cautele da adottare?

Qualsiasi attività che andiamo a fare in montagna, nonostante ci sembri di fare la cosa meno impattante e ci faccia pensare che siamo con la coscienza a posto, in realtà ha un impatto sulla fauna. La verità è che la nostra presenza non passa inosservata, ma incide e modifica l'attività degli animali. Se non li vediamo, non vuol dire che non ci siano, ma cercano semplicemente di evitarci. Una camminata, un'uscita con gli sci e ancora di più con la bicicletta hanno un apporto di stress molto elevato sulla fauna. Per avere un approccio che sia davvero integrato dobbiamo imparare i loro usi e costumi.


Cosa ci dice la fuga di importante sugli animali?

Che la risposta primaria dell'animale è quella di non incontrarci. Se ci muoviamo in gruppo facciamo molto rumore e gli animali hanno tempo e modo di allontanarsi. A volte però ci muoviamo da soli e siamo silenziosi, un incontro improvviso può mettere in crisi l'animale, tanto che si consiglia di fare un po' di rumore perché si accorgano di noi. E poi ci sono altre condotte più o meno conosciute da evitare. La presenza del cane slegato è un problema e lo può diventare anche per noi: nel caso degli orsi può riportare l'animale verso di noi, oppure il nostro amico a quattro zampe potrebbe inseguire gli ungulati per cacciarli.


La presenza massiccia di persone, l'overtourism, può arrivare a rendere la fuga impossibile?

In diversi luoghi e periodi dell'anno c'è un overpopolamento in differenti zone. Gli animali si danno alla fuga o cambiano abitudini. Gli ungulati per esempio si abituano più facilmente alla nostra presenza rispetto ad altri animali, come i lupi e gli orsi che hanno bisogno di più spazio. Ovviamente non migrano in base alla presenza umana, ma se ci sono centinaia di persone possono allontanarsi temporaneamente.


Anche i cosiddetti “animali notturni” non sempre sarebbero tali.

Tornando agli ungulati, ma vale anche per altri animali, possono cambiare comportamento da diurno a crepuscolare o notturno, ricordiamoci che loro ci vedono come potenziali predatori.


Coesistenza è una parola che circola molto, ma cosa vuol dire nel concreto?

Coesistenza significa una condivisione di spazio e risorse, usare le stesse risorse disponibili. Le interazioni che si instaurano tra uomo e fauna possono essere di varia natura. Dobbiamo cercare di rendere queste interazioni migliori. Per esempio con tutte le opere di mitigazione delle attività umane e di prevenzione di possibili conseguenze sui campi agricoli, sull'allevamento, sugli apiari. Recinzioni, cani da guardiania, reti elettriche: gli esempi sono molti. In generale è importante ragionare, concentrarsi sugli strumenti che permettono di migliorare questa compresenza.


La coesistenza è un concetto moderno o antico? La nostra montagna appare “addomesticata” fin da tempi lontani, come si può vedere in affreschi, dipinti, documenti storici che risalgono anche al Medio Evo.

La coesistenza esiste da sempre, cambia il modo di usare il territorio. Alcune cose le possiamo portare dal passato. Altre le possiamo immaginare ex novo. Penso che il grado di separazione sia andato progredendo: una volta l'uomo era più immerso nella natura, la vita moderna ha portato a una maggiore separazione tra natura e città. Sono perfettamente d'accordo sul fatto che di selvatico ormai c'è poco: dal fondovalle alle cime delle montagne ci sono boschi coltivati, pascoli, tutte le montagne sono percorse da sentieri, strade, malghe, rifugi. Vero è che prima del periodo di cui parli c'è stata la cosiddetta wilderness anche da noi.


Oggi è un mito da sfatare?

Possiamo dire che il mito della wilderness come paesaggio è da sfatare, ma la presenza degli animali in qualche modo ce la riporta ed è per quello che il nostro rapporto con loro è qualcosa di cui è bene avere cura.