Ande, 63 anni dopo ritrovato il corpo di Vincenzo Chiaranda

È stato identificato il corpo di Vincenzo Chiaranda, alpinista italiano scomparso sulle Ande nel 1959.

Ritrovato nel gennaio 2022 ai piedi del Cerro Mercedario, una montagna di 6770 metri, delle Ande cilene, le autorità cilene hanno a lungo cercato di ricostruire la storia attorno al corpo di un uomo. È servito circa un anno per confermare l’identità del corpo, si tratterebbe dell’italiano Vincenzo Chiaranda, alpinista friulano scomparso in spedizione nel 1959

 

Il ritrovamento

Sono stati Horacio Ritter ed Erick Pizarro a ritrovare, casualmente, i resti di Chiaranda. I due erano di rientro da un tentativo non riuscito al Mercedario. Era il gennaio 2022 e stavano scendendo verso il campo base, completamente immersi nella nebbia, quando si sono imbattuti nello zaino dell’alpinista friulano. Vicino allo zaino hanno poi individuato una serie di oggetti appartenuti a Chiaranda, come le bobine di nastro con le registrazioni effettuate durante l’ultima scalata. Trovati questi i due alpinisti si sono guardati intorno e a pochi passi dallo zaino hanno individuato il corpo ibernato dell’uomo. Con sé aveva ancora la piccozza, un orologio e la macchina fotografica.

 

L’identificazione

Recuperato e portato al campo base sono iniziate le operazioni necessarie a rivelare l’identità del corpo. Un processo che ha richiesto diverso tempo, e che ha visto anche un’analisi storica del periodo. Sono infatti stati analizzati una serie di diari delle spedizioni al Mercedario. Uno in particolare, del 1959, raccontava la storia di Vincenzo Chiaranda che era riuscito a raggiungere la vetta insieme a due compagni. Durante la discesa poi, a causa della nebbia fitta, ci furono diversi problemi. Uno dei compagni di Chiaranda ebbe problemi di congelamenti ai piedi e, impossibilitato a camminare, fu portato giù a spalla dall’altro compagno. Chiaranda invece rimase indietro per effettuare alcune riprese, quindi di lui si perse ogni traccia.

Confermata l’identità Horacio Ritter ha voluto incontrare i familiari dell’alpinista scomparso, consegnando loro gli oggetti personali rinvenuti con il corpo. Nel racconto ha fornito ulteriori dettagli parlando, probabilmente, di una morte dolce. Il corpo era infatti in una posizione rilassata, come se si fosse fermato a riposare prima di ricominciare la marcia.

 

Vincenzo Chiaranda

Classe 1909, Vincenzo Chiaranda era originario di Grizzo, frazione di Monterale Valcellina (Pordenone). La sua storia, come quella di molti italiani del tempo, è una storia migrante. Prima un periodo in Bulgaria e in Svizzera, poi il Sud America. Decise di raggiungere il fratello Angelo in Argentina nel 1946 e, insieme, nel 1948 si trasferirono in Cile, a Santiago. Nella capitale cilena aprirono un ristorante, il Chiaranda, che nel giro di poco divenne famoso tra scrittori e artisti.

Quando non era impegnato con il locale, quasi sicuramente Chiaranda era in montagna. Una passione forse nata tra le montagne di casa, e poi esportata in terra americana. Nel 1953 raggiunse la cima dell’Aconcagua, con i suoi 6960 metri la vetta più alta del Sud America. Lo fece in modo bizzarro, portando con sé un tavolino in alluminio. Quando raggiunge la cima lo aprì e lo posizionò in modo stabile sulla vetta. Ci salì sopra, e affermò di essere la persona ad essere salita più in alto su quella montagna. Un’impresa, a suo modo, documentata attraverso un cortometraggio dal titolo “Un metro mas alto que el Aconcagua” – un metro più alto dell’Aconcagua –.

Tre anni dopo, nel 1956, riuscì invece nella salita dell’Ojos del Salado, il vulcano più alto del mondo, con i suoi 6880 metri. Ancora tre anni dopo, il Mercedario, dove sparì nel nulla, per 63 anni, fino al suo ritrovamento.