Alt(r)i racconti. Una lenta scorciatoia per la Val Masino

Un piccolo grande viaggio a ricordarmi il vero valore della distanza, e di come vorrei andassimo incontro al traguardo, senza cercare di attirarlo a noi. Di come vorrei una montagna spoglia dalle facilitazioni e vissuta integralmente, perché è possibile.

Quando ero piccola, siccome pretendevo di imparare i libri di storia leggendo solo le parole in grassetto, mia madre già mi rimproverava di essere quel tipo di bambina a cui piaceva prendere scorciatoie nella vita. Dall'altra c'era mio padre, deluso dal fatto che la mia velocità di apprendimento delle tabelline fosse pari a quella di una tartaruga di terra intenta ad attraversare la strada.

Crescendo ho potuto constatare come effettivamente io sia ora quel tipo di ragazza che predilige, specie in montagna, le linee dirette e logiche, andare al punto senza girarci attorno, ma che non osa tagliare il tempo necessario a coprire le reali distanze, geografiche fisiche o psicologiche che siano, che mi separano dalla meta.

Non vi sorprenderà dunque sapere che questa estate, appena realizzato di avere due settimane libere, la prima cosa che il mio cervello ha pensato è stata quella di tracciare il percorso più breve tra la mia attuale abitazione, Berna, e il posto dove volessi arrampicare, la Val di Mello, e di completarlo in bicicletta.

Addirittura immaginavo che l’impegno globale dell'impresa sarebbe bastato, una volta arrivata, ad assolvermi da ogni tipo di performance scalatoria, questione che nei mesi scorsi mi aveva assai tormentata, al punto da non riuscire più a esplorare il limite delle mie capacità sportive. Quello che ricercavo era meramente un sottovalutato stare bene, ed ero determinata a tornare nello stesso posto che già l'anno prima mi aveva offerto un grande momento di crescita personale.

Ma più di tutto, e in particolare negli ultimi anni, avevo saputo apprezzare quanto efficienti fossero gli spostamenti su due ruote; dopotutto coprire quella distanza in bicicletta mi sembrava solo un piacere e magari, dopo questo racconto, non lo sembrerà solo a me.

Così ho scritto a caldo sul mio diario, l’11 Agosto:

"Lascio la Val Masino che ho più storie da raccontare che indumenti da rattoppare. E pensare sono riuscita a bucare circa tutto, tra sacco a pelo, piumino, scarpe, calze e zaino.

Le mie gambe reggono giusto quei 40km controvento che mi separano dalla stazione del treno più conveniente e, appena respiro l'odore pungente della civiltà, tutto il magico mondo racchiuso tra quelle cornici diventa ricordo. Sono seduta sul treno di rientro con la sola compagnia della mia bicicletta Ziggy.

© Marta Corrà

 

Ziggy è una tipa tosta, due settimane fa è partita da casa e mi ha accompagnato attraverso le Alpi, facendo tappa ad Andermatt per scalare su vie lunghe di roccia. Poi, non soddisfatta, mi ha sussurrato di voler continuare per il Passo di Lucomagno, inerpicarsi su per le brillanti montagne ticinesi e riposarsi in alta quota, nei pressi di una capanna abbandonata. Tutta infreddolita dall'umidità della notte, si è fatta portare in braccio, fino a valicare il passo di Jorio. 

 

Così carica della sua attrezzatura d'arrampicata preferita, friends compresi, la signorina non pesava certo meno di 25kg! Ma vi assicuro, non ha chiesto mai di rallentare o di fare una pausa di troppo, e tutta traballante giù dai sentieri, ma senza cadere mai, ha raggiunto il Lago di Como in una giornata calda e bellissima. Lì l'ho dovuta viziare, con un bel gelato tre gusti e un bagno rinfrescante. 

 

Completamente rigenerata, la mattina seguente mi ha concesso di spingerci sino alla meta finale, l'ultimo paesino della Val Masino. Lì si è potuta rilassare quasi del tutto, accompagnandomi solo a volte verso i Bagni o sulla strada per la Val di Mello. Non pensava però che avrebbe dovuto aspettarmi così tanto prima di ripartire.

© Marta Corrà

Sono stati dieci giorni turbolenti, durante i quali i miei occhi e le mie mani cercavano pareti fino a che la vista non lasciava spazio al crepuscolo, e dove le mie gambe, nonostante la stanchezza, volevano spingersi ogni volta sempre più in alto.

Dieci giorni in cui ho imparato ad abbassare le ali e alzare la guardia. Giorni emozionanti, giorni disconnessi dal mio passato e dal mio futuro, giorni introspettivi. Giorni stancanti, di quella stanchezza che sale quando si deve rimanere sempre concentrati. Giorni talvolta difficili e inaspettati, in cui il mio corpo faceva a pugni con il mio cervello e in cui non posso dire di aver trovato la tranquillità sperata; faticavo a capire se le mie azioni fossero dettate dal piacere o dalle mie convinzioni.

Al contrario dei solitari momenti passati in sella, dove aspettavo di trovarmi impacciata e invece mi sono sorpresa, i giorni tra roccia e sentieri, compagni di lunga data, mi hanno dato filo da torcere; mentre gli erti versanti rimanevano immutati, la mia percezione evolveva ogni minuto.

A volte sono tornata indietro, altre ho proseguito, altre ancora ho portato qualcosa a termine; ma sempre ho provato. Perché in fin dei conti, immersa in una bellezza così aspra, non ho resistito alla spinta dell’esplorazione.

Di salite ce ne sono state tante, da annoverare quasi nessuna, perché è tutto troppo relativo alla dose di pazzia che ti scorre nelle vene quando varchi la soglia di quella Valle magnetica e sregolata.

Ma se di una sola cosa devo esser sicura, quella è la straordinarietà delle persone che vi ci ho incontrato."

© Marta Corrà

Questa non è stata certo la mia prima ciclo-avventura, e nemmeno la prima a scarrozzare attrezzatura d'arrampicata. Ma da questa esperienza, e da altre già vissute, un certo pizzicore alla gola mi fa domandare: le mie, sono davvero scorciatoie, o a contrario modi per prendere le distanze da quella sempre più frenetica sete di raggiungere ogni luogo e ogni sogno nella maniera meno faticosa possibile?

Quanto, l'avere poco tempo o poche capacità, funge, ancora una volta, come scusa?

Quanto, ogni scusa, ci spinge ad accorciare la strada, allontanandoci invece dall’etica?

Un piccolo grande viaggio a ricordarmi il vero valore della distanza, e di come vorrei andassimo incontro al traguardo, senza cercare di attirarlo a noi. Di come vorrei una montagna spoglia dalle facilitazioni e vissuta integralmente, perché è possibile.