© Giacomo MeneghelloNell'Aprile del 2019 io e Yanez partimmo in bici elettrica dall'Italia per raggiungere la Cina in un viaggio che chiamammo Soul Silk. Con noi un carretto di circa 80 kg con pannello solare, computer, vestiti e tutte le attrezzature da montagna, compresi gli sci, per permetterci di salire una montagna per ogni paese che avremmo attraversato. A Maggio, in Turchia, era in programma il Monte Ararat con i suoi 5137 metri. Purtroppo però non ci fu possibile tentare di salirlo per via dei permessi che non venivano concessi e dovemmo ripiegare su un altro vulcano, l'Erciyes con i suoi 3917 metri.
Quest'anno il mio amico Yanez ha deciso di ripartire in viaggio, verso il Pakistan, ricalcando in parte modalità e percorsi del viaggio precedente. In un viaggio ispirato al tema dell'acqua. Io non riuscivo a seguirlo questa volta, ma ho deciso di raggiungerlo per completare ciò che avevamo lasciato indietro: il Monte Ararat o Agri Dagi.
© Giacomo MeneghelloCi troviamo a Van dove l'agenzia a cui ci siamo appoggiati ci fornisce il transfer per Dogubayazit, la città ai piedi del monte sacro. Quest'area della Turchia è fortemente controllata dai militari, per via della forte presenza di popolazione curda, che come ci spiegava la nostra guida dell'agenzia, vorrebbero l'indipendenza dai rispettivi governi. Affidarsi ad una agenzia è qui indispensabile, non solo per gli aiuti logistici e di appoggio ai campi, ma in quanto l'accesso stesso è presidiato dai militari che non permettono di poterlo fare autonomamente.
Il mattino seguente saliamo quindi in pulmino verso la montagna che si lascia ammirare già da lontano. Imponente e maestosa. Superiamo il posto di controllo e saliamo per una strada sterrata fino a 2100 metri. Qui partiamo a piedi zaino in spalla, con la possibilità di essere aiutati dai cavalli per portare il proprio materiale. Si sale seguendo praticamente sempre la strada fin quasi ad arrivare al campo avanzato o campo 1 a quota 3400 metri. Qui è tutto molto spartano, forse anche per via del fatto che il grosso del turismo, che è soprattutto estivo, viene gestito diversamente essendo possibile l'arrivo in jeep a oltre 3000 metri ed essendo allestito stabilmente il campo 2 a 4100 metri di quota circa. Il pomeriggio si rannuvola e cade anche un pó di neve. Le previsioni per i giorni seguenti sono un pó incerte, ma sembra che il problema maggiore, oltre le nubi che qui compaiono velocemente e aggrediscono la vetta soprattutto da tarda mattinata, sia il vento in forte aumento da 20 a 70 km/h con temperature di -15° in vetta al mattino, che diventano - 25° se si considera il windchill. Decidiamo quindi di non fare programmi per l'acclimatamento ma di valutare il programma alla giornata.
© Giacomo MeneghelloIl mattino seguente la guida con dei clienti a piedi propone di partire alle 3 e mezza. Io e Yanez partiamo alle 4, sci ai piedi, li raggiungiamo e li superiamo ben presto facendo la nostra traccia sulla neve. Siamo gli unici con gli sci. Alle 5 arriva l'alba e siamo poco sotto il campo 2, ora non allestito, ma ben individuabile. Batto traccia su una decina di centimetri di neve fresca, non conosco la montagna né la linea classica da seguire con gli sci, ma è ormai giorno e seguo la via a mio avviso più logica superando il campo 2 e districandomi in un lungo tratto tra le rocce vicino alla traccia a piedi, per evitare di tagliare i pendii accanto. A guardare in alto la proporzioni ingannano e i tratti si dimostrano sempre più lunghi di quel che appaiono. A quota 4600 supero un gruppo a piedi di un'altra agenzia. Loro addirittura erano partiti all'una di notte. Sono le 7 del mattino e il sole inizia a illuminare la bianca coltre nevosa del pendio di salita, esposto a sud-ovest. Yanez è poco dietro di me, mi trovo solo nel bianco e finalmente vedo la vetta.
Il vento inizia ad aumentare e, nonostante il sole, il piumino e i sovrapantaloni restano a proteggermi dal freddo che oggi fa da padrone. Non penso di aver mai fatto una salita così vestito. Complice il ritmo non elevato che non mi fa né scaldare, ma né sudare. Qualche nube fa la sua comparsa e inizio ad agitarmi. Voglio raggiungere la vetta, ma voglio farlo con il sole altrimenti per come sono io rimane il mero raggiungimento di un punto cardinale. Senza accorgemi aumento il passo o meglio mantengo lo stesso ritmo nonostante l'altimetro stia per segnare 5000. Mi preparo al tratto finale, di solito ghiacciato, da fare a piedi, ma non lo vedo. I venti meridionali hanno depositato qualche centimetro di neve che ha in parte coperto la coltre di ghiaccio che luccica sul lato settentrionale e riesco quindi a procedere sci ai piedi fino alla vetta, per nulla pronunciata e priva di vessilli. Ed è bello così. Basta il panorama e l'aria sottile. Il vento in vetta è fortissimo, sono quasi le 9 e mentre attendo l'arrivo del mio amico mi sposto sul lato orientale per cercare un minimo riparo e fare qualche foto e video e prendermi il tempo per gustarmi il momento. Scendo poi qualche metro incontro a Yanez al suo arrivo per fare un pó di foto e video del momento.
© Giacomo MeneghelloIn vetta c'è troppo vento per grandi festeggiamenti e quindi si scende. Prima su neve dura e poi su neve ottima solo a tratti ventata. Incrociamo di nuovo il gruppo a piedi. Non so se arriveranno in vetta, lo spero per loro, ma non li invidio all'idea della discesa con tutta quella neve. Noi facciamo attenzione nel tratto centrale, prendendo dei canalini tra le roccie facendo attenzione a non prendere sassi nascosti. Siamo a 4400 metri e ora i pendii si aprono. La neve è bellissima e ci godiamo i 1000 metri finali. Arrivo fino alla tenda e tolgo gli sci esattamente dove li avevo calzati sei ore prima. Ancora non ci credo. Riuscire a salire l'Ararat era fattibile e auspicabile, ma riuscire a farlo in una giornata di sole e senza mai togliere gli sci non lo avrei mai pensato!! Il meteo ancora cambia repentino e ci attende un pomeriggio e una nottata di bufera. Al mattino, pian piano il meteo ci regala di nuovo un pò di sole per accompagnarci nella discesa, con gli sci fino a 3100 metri sfruttando alcune lingue che avevo visto salendo e poi a piedi fino ai 2100 metri della partenza. Si chiude così un capitolo dopo 5 anni, con grande soddisfazione. Ora i nostri destini si separano di nuovo, visto che Yanez riprende il suo viaggio in bici verso il Pakistan (che potrete seguire sui social) mentre io mi accingo a passare qualche giorno sci ai piedi tra le vette turche.
© Giacomo Meneghello