09.09.2023 - - - cultura storia escursionismo
Luca Midulla sul Mombracco ci è nato e ne conosce ogni angolo. Quando esce di casa gli basta volgere gli scarponi verso monte e in pochi minuti è sotto la copertura degli alberi che da lì arrivano fin sulla vetta, una lunga cresta irregolare che fa da confine tra la Valle del Po e il lembo più occidentale della Pianura Padana.
Mentre percorre quei sentieri, Luca indica i luoghi e ne cita a memoria i nomi in dialetto: ogni comba (i valloni stretti e quasi verticali scavati nella roccia dai torrenti), ogni barma (le rocce sporgenti sotto le quali venivano costruiti ripari e case), ogni rocca che si innalza oltre le chiome degli alberi. Ognuno di questi siti un tempo aveva un nome, prima che contadini e cavatori barattassero le loro case con un posto in fabbrica.
Ci troviamo in provincia di Cuneo. Da queste parti lo chiamano anche “Montagna di Leonardo” perché il genio di Vinci la citò in una lettera spedita a un collaboratore nel 1511. Vista dalla pianura, la montagna appare come un muro, con pareti quasi verticali che salgono dai 500 metri delle ultime case ai 1.300 del punto più alto. Il Mombracco è l’estrema propaggine del versante settentrionale della Valle Po, ma a causa di un fenomeno chiamato “retrocessione della testata” appare come separato dal resto delle Alpi. Il tortuoso Rio Battibò da millenni scava il terreno trasportando a valle i detriti e facendo arretrare il punto in cui inizia la valle. Sulle sue pendici si adagiano i Comuni di Envie, Revello, Rifreddo, Sanfront, Paesana e Barge.
UN LIBRO DI STORIA INCISO NELLA ROCCIA
Luca ha imparato a conoscere questi luoghi insieme a Eugenio Chialvo, “il miglior cercatore di funghi del paese”. Eugenio per seguire la sua passione abbandonava i sentieri e si inoltrava nella boscaglia che su quel monte cresce quasi impenetrabile. Lasciava i tracciati e girovagava nel sottobosco, sempre alla ricerca di posti sconosciuti a tutti in cui riempire i cesti di porcini (bolé in piemontese), porcinelli rossi (cravëtte), gallinacci (garitole). «È stato lui - racconta Luca - a scoprire la maggior parte delle incisioni rupestri del Mombracco. Perché camminava in posti in cui di solito non va nessuno». Aveva sentito parlare delle incisioni rupestri da alcuni appassionati di storia e cultura locale fra cui il padre di Luca, Claudio Midulla. Ma è stato grazie alla sua passione che nel solo
Comune di Envie ne sono state censite 42. Tra i ritrovamenti ci sono coppelle di ogni dimensione, reticoli, simboli solari, immagini
cruciformi e balestriformi. Le più impressionanti sono alcune rappresentazioni antropomorfe, fra cui quella di Roca la Casna, diventata simbolo del Mombracco, che sembra raffigurare un guerriero che regge un’arma in mano. Al Pilun d’le Barme un pilone votivo copre parte di un simbolo solare pagano inciso sulla roccia. Poco distante una serie di coppelle, ormai degradate, si trovano un grande masso che decenni fa veniva usato per “battere” i cereali. Ogni simbolo è la pagina di un libro di storia che inizia nel Neolitico, passa per l’Età del Bronzo, approda ai simboli “protocristiani” del IV secolo avanti Cristo e poi al Medioevo, per giungere fino all’età contemporanea. Sovente simboli pagani convivono con le “croci di cristianizzazione” o con le iniziali di chi che nelle generazioni passate abitò questa terra. Gli ultimi abitanti di Balma Boves, una borgata costruita interamente sotto enormi rocce sporgenti, raccontano di aver dato il loro contributo in tempi recenti. Negli anni Cinquanta, quando la quarzite del Mombracco veniva portata a valle dalle teleferiche, i bambini raccoglievano i piccoli frammenti di pietra durissima che cadevano dai carrelli e si divertivano a lasciare le proprie tracce sullo gneiss più morbido, proprio come l’uomo preistorico di 5.000 anni prima.
TRA ESCURSIONISMO E ARCHEOLOGIA
Le incisioni si trovano tutte in una fascia che va dai 600 ai 900 metri di quota, quasi sempre su rocce di grandi dimensioni in posizioni panoramiche da cui si ammira la pianura. Una volta capito lo schema, per Eugenio Chialvo non fu difficile andare a colpo sicuro e cercare solo dove aveva più possibilità di trovare qualcosa. Grazie a quel lavoro, oggi Luca Midulla e altri volontari stanno lavorando alla pulizia e alla segnalazione di un sentiero naturalistico che dai margini del paese si inoltra tra castagni e faggi toccando molte incisioni suggestive, punti panoramici, una suggestiva barma e un’antica cava a cielo aperto. Tutto è lasciato all’impegno di volontari che ricavano il tempo strappandolo al lavoro e alle famiglie, e che concentrano il proprio interesse al paese per il quale provano tanto affetto. Ci sono aree del monte sono tutt’oggi quasi inesplorate e nessuno sa quante altre incisioni si nascondano sotto strati di terriccio e foglie. Negli anni Novanta gli studiosi del vicino Centro studi e Museo d'Arte Preistorica di Pinerolo hanno collaborato alla datazione dei segni, ma una ricerca approfondita non è mai stata fatta. «Vorremmo interessare gli studiosi al Mombracco - dice Luca Midulla - per arrivare finalmente a uno studio completo e al riconoscimento di tutta l’area come parco archeologico». Un sogno che per ora rimane nel cassetto, mentre decine di escursionisti raggiungono la vetta ignari dei tesori nascosti a pochi metri dai loro passi.
Incisione cruciforme e coppelle © Mattia Bianco