Merino con una sua opera realizzata a mano sul legno di frassino © Giulia Zanardelli“Diciamoci la verità, è difficile diventare un albero!” Esordisce così Merino Mattiuzzi, il custode del bosco di Zoppè di Cadore, un piccolo comune del Veneto a più di 1400 m di altitudine. Eppure, a 6 anni, quando ha scoperto il bosco insieme a nonno Angelo, il suo sogno era diventare un larice. Classe 1950, Merino oggi ha trovato la sua pace: vive in armonia con la natura, circondato di amici alberi e scolpisce il legno.
Barba lunga, occhi luminosi, mani tozze: ha l'aspetto di uno gnomo – e guai a dire il contrario! – e l'aria attorno a lui profuma di legno. La sua voce è ferma: "Senza bosco non c'è vita. Se si entra con il telefonino e le cuffiette non si impara nulla. Bisogna guardare, sentire: i profumi, i piccoli rumori, i silenzi fantastici. Se ci si interessa agli alberi, poi si danno loro dei nomi e ci si accorge giorno dopo giorno che stanno crescendo. È così che si crea un vero rapporto di amicizia".
Un legame che per Merino è nato sin dai banchi di scuola: mentre gli altri bambini seguivano le lezioni, lui si distraeva guardando gli alberi fuori dalla finestra. Uno in particolare: un abete che aveva piantato personalmente, il suo migliore amico Geronimo. Merino parla degli alberi come di fratelli maggiori: "Sono tutti indispensabili per la vita degli uomini e degli animali e ognuno ha una funzione: il larice serve in edilizia, l'abete in carpenteria, il frassino ama stare vicino alle persone e sul tronco c'è un velluto che accoglie chi si arrampica".
Durante la sua vita ha svolto vari lavori, tra cui il carpentiere e il boscaiolo. Ha imparato le corrette tecniche di taglio e si è dedicato alla cura e alla conservazione dei tronchi: "Ero il re del bosco, gli animaletti venivano a trovarmi quando passeggiavo". Ha scelto di assecondare la sua indole anche quando ha dovuto lavorare in segheria: "Lì volevano il legno migliore e io ho dovuto lottare contro me stesso: nel bosco mi sentivo osservato speciale, gli animali si allontanavano, l'acqua era amara. Non avevo più gratificazione. Un giorno ho rischiato di morire e ho capito che dovevo andarmene e ritrovare la mia pace interiore".
Oggi è in pensione: si dedica all'arte e nel terreno dove abita fa didattica ai bambini tra banchi da scultore e carbonaie. Insegna quanto sia gratificante rispettare il bosco e mostra piccoli segreti che ha imparato negli anni, in modo da stimolare la curiosità. È proprio questa che l'ha guidato sui sentieri tra i boschi, alla scoperta degli alberi fino ad inventare una tecnica di pittura per decorare il legno raccolto da terra.
Il suo stile di vita è un esempio non solo per i bambini, ma per tutta la comunità. Grazie al suo impegno e alla dedizione al mondo del bosco, nel 2022 ha vinto il premio Cai "Custode delle Terre Alte", destinato alle persone che si impegnano a valorizzare tradizioni, cultura e territori montani. "Io dico che nelle mie vene non scorre sangue, ma resina. Non serve abbracciare gli alberi o fare scene plateali, basta averli dentro".