Alla ricerca di solitudini e silenzi lungo il Sentiero Italia CAI

Riappropriarsi del silenzio e della libertà per ritrovare se stessi nel semplice atto del camminare immersi nel silenzio delle montagne
Verso il Passo di Vermolera con il Bernina sullo sfondo © Valeria Rastelli

L’aria gelida del mattino mi risveglia nel silenzio della Capanna Dosdé, a 2824 m di quota sull’ampio omonimo passo compreso fra la Cima di Saoseo (3264 m) a ovest e la Cima Viola (3374 m) a est. Sono arrivato qui ieri nel tardo pomeriggio, lungo la tappa SID32N del Sentiero Italia Cai che sto percorrendo per scrivere la guida delle tappe lombarde. Partito dal Rifugio Malghera insieme a due compagni di ventura conosciuti al Rifugio Branca durante la tappa fra la Val Zebrù e il Passo Gavia che mi hanno gentilmente accompagnato a Malghera, dopo aver attraversato il bellissimo alpeggio del Pian del Lago con l’omonimo Bivacco Pian del Lago (2325 m) e raggiunto il Passo di Vermolera (2732 m), compreso fra il Pizzo Matto (2986 m) a nord ovest e il Sasso Campana (2405 m) a sud est, insieme siamo scesi passando per il bellissimo Lago Venere (2415 m) e il sottostante Lago di Tres superiore (2185 m). Lì, presso delle malghe, ci siamo lasciati ed ho continuato il mio cammino solitario per risalire la valle che conduce al grande e scuro Lago Negro (2575 m) di origine morenica e di colore blu intenso, a dispetto del nome, spesso ghiacciato fino alla seconda metà di luglio. Con i suoi 124.000 mq è il più grande lago della Val Grosina e la sua placida e azzurra superficie piatta contrasta con i corrugati contrafforti della Cima Viola. Il lago è sovrastato a nord ovest dalla Cima di Saoseo (3264 m) o Sauseu (Scima da Saoseo in dialetto) che chiude la Valle d’Avedo, termine che deriva forse dal tedesco “see” (lago), o da “Sasseo” o da “sasso”. Seduto per una pausa lungo la riva del lago penso alla leggenda che lega le vette della Cima Viola (3374 m), che si erge a est del Passo di Dosdè, e del Corno di Dosdè (3232 m), che delimita il fianco occidentale della Val Cantone di Dosdè. 

Il Bivacco Capanna Dosdé con dietro la Cima Viola © Roberto Ciri

Il termine “Dosdé”, insieme al nome “Dusdei” (nome di famiglia e di un vicolo a Sondrio), deriva secondo la tradizione dal latino “domus dei”, ovvero “casa di Dio” e la leggenda parla proprio del dio Dosdé e dell’omonima vetta: si racconta che un giovane di stirpe divina di nome Dosdé viveva insieme ai suoi fratelli giganti sulle più alte cime della Val Grosina e un giorno, mentre guardava le calme acque del Lago Negro, vide rispecchiata in esse l'immagine di una bellissima fanciulla di cui si innamorò. Appena provò a chiamarla ella si sottrasse al suo sguardo e di lei gli rimase solo il ricordo degli occhi che splendevano di riflessi viola e dei capelli azzurri. Venuto a sapere che la giovane si chiamava Viola ed era figlia della regina che aveva la sua dimora sulla Cima Viola, andò dalla regina portando doni per chiedere la mano della figlia, ma ricevette un secco rifiuto, con la motivazione che la ragazza apparteneva solo alla montagna e che non poteva essere di nessun altro. Il giovane innamorato non si arrese e tentò di rapire Viola ma, non appena l’avvicinò, la profezia della regina della montagna si avverò e Viola sembrò svanire nel nulla, dileguandosi in mille rivoletti gorgoglianti e in cascatelle dai riflessi color viola, dando origine al torrente che da lei prese il nome. Della bella fanciulla rimasero solo i riflessi viola nella luce del tramonto, lo splendore del viso nella neve sulla vetta della Cima Viola e il sorriso cristallino nel torrente che scende nella Val Viola. Il giovane fu letteralmente impietrito per il dolore e si trasformò nella cima del Corno di Dosdè, mentre i suoi fratelli giganti vennero trasformati in grossi pini cembri. Il Lago Negro rimase l'unico testimone della triste vicenda, senza poter più ospitare nelle sue acque il volto gentile della fanciulla. Da allora, al viandante che si siede in rispettoso silenzio a riposare presso la sua riva dopo la lunga salita per raggiungerlo, le placide acque del lago ancora raccontano questa storia, ma la potrà udire solo chi è pronto ad ascoltarla.

Il Lago Negro © Roberto Ciri

Riposato riprendo il cammino solitario lungo l’ampio vallone detritico, solo pietre dinanzi e intorno a me, fino a risalire una breve rampa rocciosa e raggiungere la Capanna Dosdé, a 2824 m dove passerò la notte. Di nuovo solo, nel silenzio, mentre il Sole tramonta e le ombre delle vette si allungano. Sento in lontananza il suono di un ruscello e cerco di raggiungerlo saltando fra pietraie e massi, ma è troppo lontano e dopo un’ora che vago fra le pietre torno al bivacco con solo la borraccia riempita con un po’ di neve presa da un nevaio, quanto basta per scaldarmi una minestra e forse il the l’indomani mattina. Penso a quella splendida solitudine, come altre volte in altri luoghi nessuno sa che sono qui, solo io e le montagne. Per molti andare in montagna da soli è un rischio troppo azzardato e infatti si consiglia sempre di essere almeno due o tre persone, ma dopo trenta anni che vai per sentieri e cime da solo sai cosa può succederti e come evitarlo, quali errori non fare e che puoi e devi contare solo sulle tue forze e preparazione. Certo l’imprevisto e imponderabile può sempre accadere ed è giusto accettarlo, un concetto che è sempre più incompreso. La sicurezza assoluta non esiste, neanche nel momento in cui si scende dal letto o si varca la soglia di casa: vivere è un’attività rischiosa e ciò che si può fare è minimizzare il rischio e il pericolo (due cose ben diverse) tramite la conoscenza e la preparazione. Per questo non mi ha mai preoccupato essere da solo in un ambiente naturale, che si tratti della vetta di una montagna o di un bosco o una scogliera marina o a camminare in un campo di notte, sinceramente mi fa molta più paura camminare di notte alla stazione di Milano o Roma…Per molte persone la solitudine non è sostenibile, rimanere soli con se stessi fa paura, crea un vuoto, c’è bisogno della compagnia degli altri, tanto più nell'epoca “social” in cui ogni momento viene condiviso con gli altri, amici o sconosciuti che siano. E invece, pur rispettando le scelte di ognuno, credo che a stare da soli ci si arricchisce, si ha modo di pensare, di contare su di sé e di imparare a credere in se stessi, perché per stare da soli serve solo la fiducia in sé, fiducia che continua ad aumentare “esercitando” la solitudine. Fu il grande filosofo Schopenhauer ad invitare a considerare la solitudine non come una condizione da evitare, ma come uno spazio di libertà essenziale per lo sviluppo personale. Nel camminare da soli ci si libera dei pensieri, dei condizionamenti, delle aspettative, dei rimpianti, delle troppe cose da fare e rimane solo quello che serve per andare avanti: la forza d’animo e la determinazione, al di là della stanchezza, delle gambe che non vanno più, del peso dello zaino, della voglia di fermarsi.

Salendo verso il Passo Dosdé con la Cima Viola sullo sfondo © Roberto Ciri

Lascio andare questi pensieri, rifaccio lo zaino e riprendo il cammino attraverso la lunga pietraia che mi permette di raggiungere il lato destro orografico della Val Cantone di Dosdé fino al torrente al centro della valle, accompagnati a destra da belle viste su quel che rimane del Ghiacciaio di Cima Viola (3374 m) e a sinistra dalla grande mole del Corno di Dosdé (3232 m). Mentre scendo per balze erbose perso nel panorama delle vette circostanti e in quella splendida solitudine un pensiero mi passa per la testa e mi chiedo “Come sopravviverò a tutto questo? Come sopravviverò a me stesso?”. Penso alle centinaia di vette salite in tanti anni, alle migliaia di chilometri di sentieri percorsi e alle forze che un giorno mi lasceranno e non mi permetteranno più di vivere queste esperienze. Mi dico che la risposta sarà nel mantenermi allenato e nel limitare le aspettative escursionistiche e alpinistiche adattandomi al “nuovo vecchio” corpo che inevitabilmente mi accompagnerà. In balia a questi pensieri mi dirigo verso l’ormai ben visibile il Rifugio Federico Valgoi in Dosdé (2133 m) e lascio che il torrente si porti via pensieri, nostalgie e silenzi.

Lungo la Val Cantone di Dosdé © Roberto Ciri