Non era una celebrità internazionale
Little Karim. Non molti, al di là degli appassionati di alpinismo, conoscono il suo nome e la sua storia. A chi guarda alle grandi montagne dell’Asia pensando solo ai record e alle imprese eclatanti la vicenda del portatore baltì
Abdul Mohammed Karim (soprannominato
Little Karim per via della sua altezza che superava di poco il metro e cinquanta) forse ha poco da dire. Eppure, gli scalatori più noti, da
Chris Bonington a
Reinhold Messner, lo hanno conosciuto e ne hanno ammirato le qualità umane e il talento alpinistico.
Karim era originario di un piccolo villaggio della
Valle di Hushe, nel territorio del
Gilgit-Baltistan, la regione montuosa a settentrione del Pakistan, dove sorgono le grandi montagne del Karakorum: il K2, il Broad Peak e i Gasherbrum.
Karim e Natale Villa © Archivio Natale Villa
Fin da ragazzino al lavoro per le spedizioni
Come per tanti altri valligiani, anche per lui il lavoro di
portatore per le spedizioni alpinistiche divenne sin dalla gioventù un’importante opportunità di guadagno. Un lavoro massacrante e pericoloso, ma che consentiva (e consente ancora oggi) a molti abitanti del Baltistan, di sfamare se stessi e le famiglie.
L’esordio in “carriera” non fu semplice per Karim. Già adulto, aveva l’aspetto mingherlino di un bambino di dieci anni e, quando nel 1978 si presentò a Skardu assieme ad altri 1800 portatori baltì per essere assunto dalla
spedizione britannica diretta al K2, venne immediatamente scartato. Lui non si perse d’animo e, senza troppe spiegazioni, si infilò fra le gambe del capo spedizione
Chris Bonington, sollevandolo e portandolo in giro di corsa per il campo... Una dimostrazione di forza che gli valse l’ingaggio, ma anche un segno dell’estro e dell’intraprendenza che contribuirono poi a creare la sua leggenda.
Nei decenni successivi
Little Karim prenderà parte a innumerevoli spedizioni diventando uno dei più forti e affidabili portatori d’alta quota, in grado di destreggiarsi sui terreni più tecnici, aprendo la strada agli alpinisti verso le grandi vette, trasportando le loro attrezzature e attrezzando i campi alti.
Primo piano di Little Karim (2004) © Archivio Serafino Ripamonti
Sulle spalle il deltaplano di Boivin
Le immagini del film del 1985, che lo immortalano mentre sale verso gli 8035 metri della cima
Gasherbrum II, portandosi sulle spalle il
deltaplano con cui
Jean-Marc Boivin si lancerà direttamente dalla vetta, hanno stupito ed emozionato migliaia gli scalatori di tutto il mondo.
Little Karim è stato uno dei primi pakistani a fare dell’alpinismo una passione e non soltanto un semplice lavoro. Oltre al GII, raggiunto senza l’uso delle bombole dell’ossigeno, ha scalato più volte anche il
Broad Peak, ha preso parte a numerosi interventi di soccorso a scalatori in difficoltà e ha tentato in più occasioni il
K2, arrivando a pochi metri dalla cima.
L’onore di essere il primo pakistano a calcare gli 8611 metri della Grande Montagna spetterà nel 1981 a
Nazir Sabir, salito lungo la nuova via della cresta ovest-sudovest e celebrato in patria come eroe nazionale. In quell’occasione Nazir ringraziò Allah per aver fatto arrivare fino a lui le bombole d’ossigeno e le riserve di gas che gli consentirono di completare la scalata, ma va ricordato che in quell’occasione la provvidenza divina lo raggiunse al campo alto, a 8100 metri,
viaggiando sulle spalle del piccolo Karim.
L’alpinista italiano
Natale Villa, membro del gruppo dei Ragni della Grignetta del Cai Lecco, ha conosciuto Karim durante le sue spedizioni in Pakistan fra la fine degli anni ’90 e i primi 2000. È divenuto suo intimo amico ed è stato accanto a lui e alla famiglia anche nei lunghi mesi della malattia, cercando di contribuire alle cure attraverso il consulto della dottoressa
Maria Assunta Lenotti dell’associazione
Amici di Lorenzo Onlus, che da tempo opera per il supporto sanitario alle popolazioni del Gilgit-Baltistan.
Questo il suo ricordo dell’amico scomparso:
«Oltre che uno scalatore di talento e dalle doti fisiche eccezionali, Karim era soprattutto un uomo di straordinaria intelligenza. Una persona curiosa, aperta, piena di intraprendenza, voglia di conoscere e avvicinarsi agli altri con grande empatia. Tutto questo nonostante fosse analfabeta. Era nato in un mondo rurale nel quale la cultura è un lusso che pochi si possono permettere. Questa condizione sicuramente lo ha penalizzato e lui lo sapeva... Per questo ha fatto di tutto per garantire un’istruzione ai propri figli. Quello che più mi è rimasto impresso delle spedizioni fatte con lui era la sua energia inesauribile: ricordo i risvegli ai campi alti, quando noi faticavamo a tirarci fuori dai sacchi a pelo e lui invece era subito attivo ed entusiasta. Il compagno ideale, che tutti vorrebbero avere al proprio fianco nell’affrontare una salita difficile».