Sheldon, Francesca e Rugo lungo la via Francigena © Archivio Francesca BoccaNei giorni tra il 21 agosto e il 10 settembre 2024, chi abita tra la Lomellina, in Lombardia, e le Alpi della Valle d'Aosta, avrebbe potuto fare un incontro molto particolare: una ragazza con abiti da trekking che camminava insieme ad un cane e ad un asino. Si tratta di Francesca Bocca, giovane donna originaria di Vigevano, che dedica la sua vita alla sua passione e al suo lavoro con gli animali e la natura.
Abituata a spostarsi sulle montagne con il suo cane Rugo, un mix sharpei, quest'estate ha intrapreso il cammino anche con l'asino Sheldon, al suo primo viaggio fuori dal recinto in cui ha sempre vissuto. Francesca ci ha raccontato la sua avventura di 330 chilometri, tra qualche imprevisto e l'incredibile affetto ricevuto dagli abitanti dei luoghi che ha attraversato.
Prima di entrare nel vivo del cammino raccontaci, come nasce l'idea di prendere un asino?
Sono appassionata di animali da sempre. Ho un cane, Rugo, con cui sono molto legata e insieme viaggiamo e facciamo trekking. Mi incuriosiva l'idea di aggiungere un membro a questa famiglia. Ho conosciuto un signore che ha cinque asini e da gennaio mi ha dato la possibilità di impratichirmi con loro. Con uno in particolare, Sheldon, abbiamo legato molto e quindi mi è stato regalato.
Perché, tra tutti gli animali, hai pensato proprio ad un asino?
Intanto perché sono irresistibili: sono simpatici e molto dolci e a me piace che si crei un legame. Dobbiamo divertirci insieme e l'asino riesce a darti tanto. E poi Sheldon è estremamente furbo e si fa capire benissimo. Non ho un metodo coercitivo e lui mi segue se gli fa piacere. Ora considera me e Rugo il suo branco, quando stava con gli altri asini invece no.
Ti sei fatta supportare da qualcuno durante la preparazione al cammino?
No, ma ho letto tanto. Ci sono diversi romanzi di viaggio, i più famosi sono "Viaggio nelle Cevennes in compagnia di un asino" di Robert Louis Stevenson e “Di asini e di boschi” di Alfio Scandurra che girava per il Friuli con il suo asino Fiocco. Mi sono informata anche sui forum di appassionati con cui sono in contatto.
Ti sei ispirata a qualcuno che ha già fatto un'esperienza del genere?
In un certo senso i libri di Stevenson e di Scandurra mi hanno dato la fiducia di pensare che questa esperienza fosse fattibile. Durante il viaggio mi ha scritto un signore che ho incontrato ad Aosta e anche lui ha fatto un cammino con il suo asino in montagna. È un veterinario in pensione e siamo ancora in contatto, ci aggiorniamo su come procede.
Ha portato anche l’asino al vostro incontro?
No, purtroppo l'asino non c'è più. Ci siamo scambiati consigli e ci siamo raccontati qualche disavventura. È stato un bell'incontro tra generazioni con la stessa passione, che hanno avuto la stessa idea.
Prima visuale del Monte Bianco da Echarlod © Archivio Francesca BoccaHai qualche qualifica per lavorare con gli asini?
Al momento no, ma lavoro a contatto con tutti gli animali. Sono laureata in Scienze Naturali e lavoro come ricercatrice all'università di Pavia, mi occupo del monitoraggio del lupo dell'Appennino settentrionale. E in passato ho lavorato in centri di recupero fauna con animali di tutti i tipi, anche esotici. Per ora sto imparando a conoscere Sheldon.
Arriviamo al cammino. Siete partiti da Vigevano il 21 agosto e siete arrivati a Courmayeur il 10 settembre. Com'è nata l'idea?
Ho preso un periodo di pausa a lavoro e ho pensato di fare quest'esperienza nel tempo che avevo. Abbiamo percorso la via Francigena al contrario. Dalla Lomellina, dove abito, alle Alpi della Valle d'Aosta.
Perché al contrario?
Perché volevo che Sheldon vedesse le montagne. E infatti in Valle d'Aosta abbiamo fatto anche qualche tratto del cammino balteo, così siamo saliti un po' in quota. Il punto più alto che abbiamo raggiunto è stato un altopiano di 1900 metri. Ho evitato pietraie e altri luoghi complicati per l'asino.
I percorsi sono a misura d'uomo e d'animale?
La parte di Francigena nella zona di Palestro è stata molto difficile perché era lungo la statale e non c'erano alternative. È venuto ad aiutarci il mio ragazzo. Le tappe successive sono state migliori ma alcuni punti erano interrotti o la vegetazione li rendeva impraticabili.
Quando sei partita, avevi una meta?
Non me la sono posta perché non sapevo cosa saremmo riusciti a fare. È stato il primo viaggio per noi tre insieme, e in assoluto per Sheldon. Non volevo darci delle mete che magari non saremmo riusciti a raggiungere, o obbligarci a fare di più delle nostre forze. Sapevo che avrei ripreso a lavorare in inverno quindi per me il viaggio poteva continuare. Ci avrebbe fermato il freddo.
E poi come si è conclusa la vostra avventura?
Tagliando il traguardo del Tor des Géants!
In che senso?
Martedì 10 settembre abbiamo terminato il cammino perché Rugo ha avuto un problema di salute e bisognava rientrare. Siamo arrivati a Courmayeur e in quei giorni c'era la gara del Tor des Géants, una gara in montagna in cui gli atleti corrono per 330 chilometri. In città c'era il traguardo montato e ho detto agli addetti alla gara che anche noi avevamo percorso 330 cchilometri, così ci hanno fatto passare! Abbiamo fatto una foto che ho caricato sul mio profilo Instagram scrivendo "Anche noi piccoletti siamo arrivati dopo 330 chilometri!".
Il primo classificato del Tor ha impiegato 69 ore e 8 minuti a completare i 330 chilometri. Voi, invece?
Noi tre settimane! In realtà sono stati 18 i giorni di cammino, se dico tre settimane sembriamo proprio lenti! (ride)
È stata una grande soddisfazione avere un vero e proprio traguardo da tagliare, noi tre con il nostro passo lento. E poi tanti lavoratori, come quelli che montavano la struttura o alcuni nei punti base vita, mi sostenevano già lungo il cammino.
Tagliando il traguardo del Tor des Géants © Archivio Francesca Bocca.jpgCome ti senti all'idea che tante persone hanno seguito questa tua avventura?
È stato incredibile il sostegno della gente, pensavo che sarebbe stata una cosa curiosa, ma non così tanto seguita. Penso che viaggiare con un animale è ormai desueto e questa cosa ha smosso i cuori della gente. Con tutto questo aiuto per noi è stata una passeggiata.
In che modo le persone ti hanno sostenuto?
Intanto mi hanno offerto cibo: i prodotti dell'orto, le uova, un sacco di cose fresche. Un giorno una signora ha provato a dare a Sheldon cetrioli, zucchine e melone, ma lui mangiava solo carote! Rugo invece ha un po' di allergie, ma ha ricevuto qualche bon bon. Ci hanno anche offerto un posto in cui dormire più sereni di notte, anche se eravamo comunque autonomi: avevo la tenda, le corde e tutto l'occorrente per assicurare Sheldon, servivano solo gli alberi. Dopo Vercelli c'è stato un tratto di campi, risaie e granturco e non è stato possibile fermarci. Ho chiesto una mano alle persone del luogo e si è sparsa la voce a macchia d'olio. Chi ci ospitava, ci suggeriva altri da cui andare nella tappa successiva. Prima di arrivare a Courmayeur, mi ha contattato su Instagram un albergo che ci ha offerto di stare lì. Siamo rimasti due notti, un po' di meritato riposo!
Hai fatto incontri interessanti?
Tantissimi! L'albergo di Courmayeur, Le Grange, è stato bello: ospita qualsiasi animale, da quelli dei clienti a quelli salvati, come se fosse un rifugio. Vorrei che casa mia fosse proprio così. Poi siamo stati ospitati dal più grande coltivatore di zucche giganti della Val d'Aosta, è stato molto buffo. Oppure da un centro cinofilo con piscina dove venivano tutti i cani a fare i tuffi. La gente ci fermava per strada, soprattutto a Courmayeur e ci ha chiesto un sacco di foto. Tra loro molti bambini che hanno adorato Sheldon. Lui non li conosceva e aveva un po' paura, poi ha imparato a farsi spupazzare.
Hai ricevuto lo stesso sostegno anche prima di partire?
Prima che partissi mia madre era molto preoccupata, invece mio padre è un grande sostenitore. Gran parte degli amici era incuriosita, un po' intimorita e mi chiedevano cosa avessi in testa perché era un progetto troppo complicato, soprattutto gestire da sola due animali.
E tu come ti sentivi?
Prima di partire ero carica e sicura. I primi giorni di cammino ho pensato "ma cosa mi è venuto in mente!" e ora sono contenta. Siamo riusciti a prendere il ritmo e a muoverci in tranquillità. Alla fine io potevo organizzarmi la sera sapendo dove saremmo arrivati il giorno dopo.
Arrivo in Valle d'Aosta, vista sul Forte di Bard © Archivio Francesca BoccaParliamo degli aspetti più pratici del cammino. Com'era la vostra giornata tipo?
Finché ha fatto caldo, ci svegliavamo per le 6 e partivamo per le 7, camminavamo con una temperatura decente fino alle 11 circa. Facevamo meno di 20 chilometri al giorno. Poi cercavamo una bella zona con un prato, un albero, un po' d'ombra e ci riposavamo. Io scrivevo il mio diario di viaggio, mi appuntavo anche i nomi delle persone che ci aiutavano. Sheldon e Rugo si rinfrescavano perché odiano il caldo. Poi ripartivamo verso sera, oppure ci fermavamo per la notte. Quando le temperature sono cambiate, ci siamo mossi più tranquillamente perché non dovevamo evitare il caldo.
Avevi una sveglia?
Dopo essere partita, mi sono accorta di non averne una. Ma già alla prima luce del sole mi svegliavo. Ero molto entusiasta e mi dicevo "Dai, vediamo oggi che facciamo!". E la sera ero sempre stanca e per le 10 mi addormentavo, anzi, svenivo dal sonno!
Tra Rugo e Sheldon c'è stata sintonia?
Diciamo che c'è stato un reciproco disinteresse. Non si fidano tantissimo però forse Rugo ha apprezzato che Sheldon gli abbia portato le pappe. Non posso dire che sono amici, però convivono serenamente.
Quando dovevi decidere che strada prendere, ti affidavi anche all'istinto dei tuoi animali?
Sì perché loro avvertono le cose prima di me. So cosa vede Rugo in base a come si comporta. Sheldon è più allarmista, ma sempre per una buona ragione.
Ci sono state delle situazioni pericolose che hai dovuto gestire?
Una volta in montagna abbiamo incontrato due cani di proprietà lasciati liberi, hanno provato ad attaccare Rugo. Li ho allontanati con urla e calci. Che poi questa è proprio l'unica situazione che mi spaventa quando faccio trekking. I cani da pastore o di casa difendono il territorio e creano problemi, quelli selvatici sono più elusivi.
Al contrario avete incontrato animali con cui fare amicizia?
Abbiamo visto moltissimi animali: mucche, alpaca, cavalli. Nell'albergo a Courmayeur c'erano porcellini, galli, galline, roditori, di tutto. Prima di partire, Sheldon aveva visto solo i suoi parenti asini, ora ha conosciuto un mondo nuovo. È molto tranquillo e curioso, accetta ben volentieri le nuove conoscenze.
Altri momenti difficili?
A volte abbiamo cambiato strada perché Sheldon non vuole fare le scalinate. Rugo invece mi segue ovunque. L'episodio più grave è stato quando Sheldon non ha voluto attraversare un torrente. A casa l'avevo allenato a fare i guadi. Ma io vivo in pianura e l'acqua lì scorre silenziosa, in montagna invece scrosciava. Il rumore e gli schizzi l'hanno spaventato. Dobbiamo allenarci un po' a familiarizzare con lo scroscio perché abbiamo allungato il percorso di ben 10 chilometri. La sera, dopo 33 chilometri di camminata, eravamo belli stanchi.
Piccolo incentivo alla camminata © Archivio Francesca BoccaQual è stato invece il momento più emozionante?
Penso quando siamo arrivati a Saint Nicolas, un paesino di 1200 metri in Valle d'Aosta. Per arrivarci abbiamo fatto un bel sentiero di montagna, anche difficile per un asino, e lui mi ha seguito tranquillamente. In paese siamo stati ripagati da una bellissima vista su tutte le montagne circostanti e lì ho capito che ce la stavamo facendo. Ed è successo due giorni prima dell'arrivo a Courmayeur!
La tua pagina Instagram si chiama "A spasso con Rugo". Perché questa scelta?
Ho trovato Rugo abbandonato in un cassonetto e da allora non l'ho più lasciato. Ho iniziato a condividere con lui il trekking e i viaggi. La pagina Instagram è nata perché voglio dimostrare che con un cane si può fare qualsiasi cosa mentre molte persone sono bloccate dalla paura, dal fatto che possa essere complicato, che non si riesce, che non si possa fare. Noi insieme abbiamo fatto viaggi di tre o quattro giorni in montagna, io e lui in tenda, siamo andati fino a Capo Nord con la macchina, siamo stati due mesi in Grecia e in Portogallo. È Rugo che mi da tanta energia, non mi fa sentire sola. Senza di lui non farei così tanto.
Ci sono differenze tra viaggiare sola con Rugo e anche con Sheldon?
Enormi. Intanto con Rugo posso andare ovunque, si fida e mi segue. Con Sheldon devo fare attenzione. Oltre a non fare le scalinate e sulle discese ripide è un po' in difficoltà, deve fermarsi per tot ore, mangiare, poi ci sono cose lo spaventano e lui si blocca, quindi devo riuscire a capirlo e a tranquillizzarlo. Sto imparando a riadattarmi in base alle sue esigenze che sono diverse. Comunque lui si fida sempre di più, ma è un lavoro ancora in corso.
Progetti futuri?
Mi piacerebbe organizzare dei percorsi a misura di cavallo o di asino, perché ho incontrato molte difficoltà quindi vorrei aprire tratte che le persone possano percorrere più facilmente.
Ultima domanda: come mai Rugo e Sheldon si chiamano così?
Rugo perché quando l'ho trovato era alto 10 centimetri e aveva un sacco di rughe. Lui è un mix sharpei, è così di razza. Sheldon, invece, perché quando l'ho conosciuto avevo appena finito di vedere Big Bang Theory, e il proprietario dei cinque asinelli non sapeva dirmi i loro nomi, quindi per comodità li ho chiamati Sheldon, Raji, Penny, Amy e Bernardette.